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La leadership mondiale continuerà a essere europea: la dottrina Ceferin

Francesco Caremani

I conti delle squadre dei campionati europei migliorano, quelli della Champions crescono. Così l'avvocato sloveno si sta muovendo per far rimanere in Europa il centro del potere del calcio

Il 7 febbraio, a Roma, l’avvocato sloveno Aleksander Ceferin è stato confermato presidente dell’Uefa in qualità di unico candidato, potremmo dire per acclamazione. Quando nel 2016 è stato eletto a capo del governo del calcio europeo superò 42 voti a 13 lo sfidante olandese Michael van Praag, succedendo allo spagnolo Angel Maria Villar, che ricopriva quel ruolo ad interim dopo la sospensione di Michel Platini. Laureato in giurisprudenza all’università di Lubiana ha iniziato a lavorare nello studio di famiglia e il suo primo incarico da dirigente è stato nel comitato esecutivo del Klub Malega Nogometa, squadra di calcio a cinque, poi è passato all’Olimpia Lubiana. Nel 2011 diventa presidente della federazione slovena di calcio e più tardi entra nel comitato legale dell’Uefa; oggi è anche vice presidente della Fifa. La sua elezione nel 2016 non era affatto scontata, ma Ceferin ha fatto leva sulle federazioni escluse (in particolare quelle dell’ex blocco sovietico) dal calcio patinato della Champions League, rappresentandone lui stesso una, e da classico outsider ha bruciato tutti quelli che guardavano distrattamente altrove.

 


Aleksander Ceferin (foto LaPresse)


 

Sono in molti a chiedersi oggi se Aleksander Ceferin non sia il presidente dei ricchi, cioè dei club che hanno più ricavi, maggiore giro d’affari e che poi sono quelli che ogni anno, da marzo in poi, si contendono la coppa dalle grandi orecchie. La riforma che assegna quattro posti direttamente ai gironi di Champions League alle prime quattro nazioni del ranking Uefa sembra andare in questa direzione, poiché di fatto è stato un regalo ai quattro campionati più forti, e quindi più ricchi, come Bundesliga, Liga, Premier League e serie A. In questo modo le disuguaglianze finanziarie aumentano e la forbice si allarga, premiando quelle società che non ne avrebbero bisogno e facendo storcere il naso a chi si aspettava che alle parole seguissero i fatti e non il loro opposto. Accusato di essere l’esecutore dell’Eca (European Club Association) in realtà Ceferin ha cercato di sgonfiare dall’interno l’idea di una Super Lega slegata dall’Uefa, anche perché per l’organismo del calcio continentale sarebbe un danno economico difficile da calcolare. Dall’altra ha rilanciato con la terza coppa, che partirà dalla stagione 2021-22 per raccogliere tutte le squadre che non hanno più accesso alla Champions League, e con una redistribuzione dei diritti televisivi che è il vero nodo del calcio contemporaneo: l’unica riforma capace di risollevare le sorti economiche del football, più industria, meno finanza.

 

Nel 2017 Ceferin è riuscito a fare approvare una serie di riforme in seno all’Uefa, dall’introduzione dei limiti di mandato per i presidenti e i membri del Comitato Esecutivo alla condizione che i candidati allo stesso detengano una carica attiva nella rispettiva federazione nazionale. Insieme a queste ha dichiarato di volere rafforzare le misure del fair play finanziario, tanto caro a Michel Platini, e per quelli che non ci hanno mai creduto ecco un dato: negli ultimi dieci anni (2008-2017) l’ultimo è stato il primo in cui la media del risultato netto dei club europei è stato positiva per 615 milioni di euro; dopo i picchi del 2010 e del 2011 in cui ha superato il miliardo e mezzo col segno meno. Ma quella che si sta palesando come la vera ‘dottrina’ Ceferin è tesa al mantenimento e all’allargamento della leadership mondiale del calcio europeo, quale degno erede di Platini. Guardando il giro d’affari dell’Uefa si nota che le nazionali incidono solamente negli anni dell’Europeo, al quale si è aggiunta la Nations League, per il resto dipende solo dalle competizioni per club. E quali sono i primi venti club al mondo per giro d’affari? Dal Real Madrid (750,9 milioni di euro; dati 2017-18), primo, al West Ham United (197,9), ventesimo, sono tutti europei.

  

Non è un caso, quindi, che Aleksander Ceferin si sia fermamente opposto a Gianni Infantino e alla sua idea di un Mondiale per club riformato e allargato, per ben tre motivi:

1. i soldi dei diritti, televisivi e no;

2. l’occupazione del calendario internazionale;

3. il timore che una manifestazione planetaria possa oscurare la popolarità della Champions League.

 

Opposizione ribadita più volte in questi ultimi giorni e che sta creando non poche frizioni tra Ceferin e Infantino, anche in chiave Mondiale. Dopo Qatar 2022 (in inverno) e Canada, Messico e Stati Uniti del 2026, pure la Coppa del Mondo 2030 potrebbe essere organizzata lontano dall’Europa. Ma se un Mondiale, come importanza, non si batte resta pur sempre una competizione che si gioca ogni quattro anni, mentre la Champions League si ripete ogni stagione e i club giocano sempre, producendo per sé stessi e per gli organismi organizzatori ricavi in continuazione. La dottrina Ceferin si riassume così in due dogmi: leadership mondiale del calcio europeo e redistribuzione della ricchezza tra i club del vecchio continente. Sul primo opere e parole sono omogenee, sul secondo attendiamo conferme.

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