Cuneo-Pro Piacenza 20-0. La speranza è che tra gli emiliani ci sia almeno un Mazzola

La squadra è scesa in campo con sei ragazzini e un massaggiatore ma è stata comunque esclusa dal campionato. Se le regole fossero state applicate la partita non si sarebbe neppure dovuta disputare

Giovanni Battistuzzi

In serie A si erano fermati a sedici gol: Acqui – Genoa 0-16, era il 4 ottobre 1914; e poi Inter – Vicenza 16-0 il 10 gennaio 1915. Era oltre un secolo fa, era un calcio ancor privo della massima categoria a girone unico. In serie B hanno raggiunto i dodici: Brescia – Anconitana 12-0, 24 giugno 1951. Ieri in serie C hanno raggiunto i 20. E le reti potevano pure essere di più. Cuneo - Pro Piacenza è finita 20-0, ma non c'è stato nessun grande risultato sportivo, nessuna superiorità netta. Perché allo stadio Fratelli Paschiero, davanti alla compagine piemontese, sono scesi in campo tra i piacentini solo sette giocatori, sei tra i diciassette e i diciannove anni (più Isufi che si è aggregato a partita iniziata) e un massaggiatore di trentanove.  

 

Una situazione assurda quella della Pro Piacenza, resa ancor più ridicola da un sistema, quello calcistico italiano, che continua a cercare di tenere in vita un mondo che per anni ha vissuto sopra le proprie possibilità e che ora non ha più le risorse neppure per tirare a campare.

 

Dal 1986 a oggi sono falliti oltre centocinquanta club, centotredici sono stati quelli non ammessi ai vari campionati. In serie C poi i debiti dei club sono pari al 90 per cento circa del fatturato e il rapporto tra costo del personale tesserato e fatturato netto si aggira intorno all’80 per cento. Un situazione insostenibile che, nonostante gli sforzi Francesco Ghirelli, ora presidente della Lega calcio serie A, e del suo successore Francesco Ghirelli, non è stata però ancora arginata.

 

E così si è arrivati a quel 20-0 che ha fatto indignare il mondo del pallone, ha messo alla berlina un intero campionato, ha fatto tuittare il presidente dell'Associazione italiana calciatori, Damiano Tommasi: 

  

 

Una scelta quella del Pro Piacenza certamente irrispettosa per tifosi, giocatori, istituzioni calcistiche, ma determinata dalla necessità di scendere in campo per non essere esclusa dal campionato, dopo che la squadra si era già ritirata da altre tre partite. Ma la decisione del giudice sportivo di fare fuori la squadra emiliana dalla Lega Pro è arrivata ugualmente, lunedì pomeriggio. Le regole della Lega e della Figc potrebbero essere anche giuste se non venissero meno le basi per la partecipazione al campionato: la Pro Piacenza non avrebbe dovuto giocare neppure una gara, in quanto priva di coperture finanziarie e, dunque, dei requisiti per iscriversi. Non è la sola: anche Cuneo e Lucchese hanno beneficiato di continue proroghe per partecipare alla serie C.

  

La crisi infinita del Pro Piacenza

La società emiliana vive da anni una situazione finanziaria problematica e l'acquisizione della proprietà nel luglio del 2018 da parte della Seleco S.p.a – che la rilevò da Alberto Burzoni – è riuscita soltanto parzialmente (e per una fase limitata di tempo) a sistemare le cose, nonostante i buono propositi dell'inizio: "Costruiremo una grande squadra, non ci risparmieremo". Da allora a oggi la dirigenza ha pagato in ritardo gli stipendi e ha saldato solo nel gennaio 2019 gli arretrati del canone d'affitto dello stadio Garilli, tanto che nell'udienza prefallimentare dello scorso 11 gennaio il giudice aveva concesso un ulteriore rinvio all'istanza di fallimento in quanto il presidente Maurizio Pannella aveva dimostrato di di aver pagato diversi creditori (circa 20 mila euro) e quindi di avere la disponibilità per sanare la situazione debitoria. Se la proprietà ha pagato però i giocatori non ci sono: l'organico a disposizione di mister Gregory Campi è di cinque giocatori professionisti, tutti non convocati dal 23 dicembre 2018 perché in sciopero contro i mancati pagamenti, oltre ai ragazzi della primavera.

 

Già lo scorso 21 gennaio Pro Piacenza-Alessandria era stata sospesa a pochi minuti dal calcio d’inizio su ordine della Figc perché il Pro Piacenza, da tempo in profonda crisi societaria, stava per mandare in campo una squadra di ragazzini di età compresa fra i quindi e i vent’anni – alcuni provenienti dalle giovanili, altri tesserati per l’occasione – perché i veri giocatori e lo staff tecnico erano in sciopero per il mancato pagamento degli stipendi. Quella contro l’Alessandria sarebbe stata la quarta partita di campionato annullata per lo sciopero a oltranza dei calciatori del Pro Piacenza, cosa che avrebbe comportato l’esclusione della squadra dal campionato.

 

Quando in Juventus-Inter 9-1 debuttò Sandro Mazzola

Non è la prima volta che una società schiera la primavera contro una squadra di pari categoria. E' però la prima volta che a scendere in campo non è un undici intero. Il caso storicamente più eclatante andò in scena in una giornata di giugno del 1961 quando l'allora presidente dell'Inter Angelo Moratti decise di non schierare i titolari e mandare sul terreno di gioco la squadra De Martino, come all’epoca si chiamava la Primavera: età limite dei giocatori, 19 anni. Era la ripetizione della partita di campionato contro la Juventus, quella che non ci doveva essere, ma che venne disputata a causa della decisione della Caf. La Commissione d'Appello Federale infatti aveva la decisione della Lega che aveva assegnato a tavolino il 2-0 all’Inter dopo che il 16 aprile 1961 la Juventus pur di far entrare tutti i tifosi li aveva fatti accomodare a bordo campo, cosa vietata dal regolamento.

 

Finì 9-1 quella partita. Sei gol li realizzò Omar Sivori, lo stesso bottino che ha messo a segno l'ala destra del Cuneo Hicham Kanis ieri. Quel giorno debuttò in serie A un giovane del 1942, uno dal cognome celebre, ma dal talento ancora tutto da dimostrare: Sandro Mazzola. Il figlio del grande Valentino segnò su rigore il gol della bandiera e iniziò quel giorno quel suo viaggio in maglia nerazzurra durato 570 partite (418 in campionato), 162 gol (116 in serie A).

  

 

La speranza è che tra i Sarr, i Di Bella, i Valente, i Migliozzi, i Cirigliano e i Del Giudice di ieri ci sia qualcuno capace di seguire l'esempio del capitano dell'Inter. Sarebbe l'unica nota lieta di un teatrino pessimo e assurdo.

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