Illustrazione di Ugo Nespolo

La nuova Nba dalla A alla Z. Che lo spettacolo abbia inizio

Alessandro Mamoli

Inizia la stagione della Nba. Da Antetokounmpo a Gallinari e Belinelli, passando per LeBron e i soliti Golden State Warriors. Guida definitiva per orientarsi nel campionato più bello del mondo

Il giocatore più forte del pianeta ha cambiato maglia e Conference. L’Mvp delle finali del 2014, l’unico in grado di fermare l’egemonia LeBron/Warriors, ha trovato casa in Canada. Golden State, favorita e a caccia del terzo titolo consecutivo, ha aggiunto un pezzo da 90 (ma non era già abbastanza forte?).

 

E poi i nuovi arrivati, i vecchi che stanno per andarsene e gli italiani. Tanta roba, forse troppa. Per questo abbiamo pensato a una guida dalla A alla Z che possa aiutarvi a orientarvi in un mondo tanto affascinante quanto complicato. Il mondo Nba. Una macchina da soldi in grado di produrre 1.240 partite all’anno, playoff esclusi. Un campionato che non si ferma mai, nemmeno il giorno di Natale anzi, proprio il 25 dicembre troverete le partite più gustose.

 

Un campionato che finalmente sta per cominciare. Bentornata Nba!

 

A come Antetokounmpo. Più facile goderselo sul campo che chiamarlo per nome (si pronuncia A-de-to-kun-bo). Il dio greco di Milwaukee ha trascorso parte dell’estate lavorando con Kobe Bryant. I suoi numeri ci dicono che ogni anno è riuscito ad aggiungere qualcosa alla sua pallacanestro, se riuscirà a farlo anche alla sua sesta stagione grazie ai preziosi insegnamenti del Black Mamba, vincere l’Mvp (il premio al miglior giocatore del campionato) può non essere un’utopia. E da quest’anno in città trovate anche il Fiserv Forum, gioiello architettonico costato 534 milioni di dollari e capace di accogliere 17.500 fedeli, tutti in adorazione del dio greco Giannis Antetokounmpo.

 

B come Boston. “Qui a Boston guardiamo sempre verso l’alto”. E’ la frase di un meraviglioso spot sui Celtics creato dalla Nba. Il motivo? Perché sul soffitto del TD Garden, il campo di casa della squadra, trovano posto 18 stendardi. Boston, la squadra più vincente della Nba che finalmente ritrova Gordon Hayward e Kyrie Irving (le due superstar ko per infortunio nella passata stagione), è in missione per aggiungerne un altro. Il quintetto a disposizione di coach Brad Stevens, se ne facciamo una questione di talento, a Est non è secondo a nessuno. Ma l’anno scorso fu proprio l’assenza dei due fuoriclasse che portò la squadra a costruirsi per necessità un’anima guerriera. Se riusciranno a mantenere queste caratteristiche, un euro sui Celtics in finale Nba a Est potete rischiarlo.

 

C come Cousins. 27 gennaio 2018, il centro dei Pelicans, DeMarcus Cousins, dopo aver effettuato un salto, appoggia il piede sinistro a terra, poi prova a correre ma frana al suolo. Si rialza, ma non sta in piedi. La diagnosi è devastante: rottura del tendine d’Achille. Un recente studio medico ha esaminato 18 giocatori vittime di questo infortunio in un arco di 23 anni, 7 di loro non sono mai tornati a giocare. Quelli che ce l’hanno fatta hanno saltato in media 56 partite (su 82) e hanno visto il proprio rendimento calare nelle due stagioni successive. Numeri spaventosi. Non per i Golden State Warriors che una chance a DeMarcus Cousins hanno voluta darla. Alle soglie del 2019 la medicina e le tecniche riabilitative stanno facendo miracoli, ma per rimettere in piedi un ragazzo di 130 chili e 216 centimetri potrebbero non bastare. Se funziona, anche quest’anno si gioca per il secondo posto.

 

D come Doncic. Si chiama Luka, non sappiamo se nella nuova casa di Dallas viva al secondo piano e per presentarlo non abbiamo bisogno della celebre canzone di Suzanne Vega. Se masticate pallacanestro saprete che Luka Doncic, ragazzo sloveno di soli 19 anni, sulla cartina geografica del basket che conta, già c’è. Fresco vincitore dell’Eurolega (la Champions League del basket), campione d’Europa con la Slovenia nel 2017, è alla sua prima stagione in Nba. Tutte le volte che vi capiterà di incrociare una partita dei Mavericks fermatevi a osservarlo. Ha la straordinaria capacità di farvi vedere qualcosa che non avevate mai visto prima.

 

 

E come Embiid. Dopo un inizio di carriera caratterizzato dagli infortuni (i primi due anni li ha vissuti da spettatore) Joel Embiid, centro di Philadelphia, è pronto alla prima vera stagione da protagonista. Destinato inizialmente al calcio nel ruolo di portiere ma (fortunatamente) inciampato per caso nel basket, nonostante le sue dimensioni, ha un’agilità è fuori dal comune. Altre caratteristiche? Un debole per i social che utilizza senza freni e senza pensar troppo alle conseguenze, come quella volta che invitò Rihanna a uscire con lui via Twitter e non ricevette risposta. Al suo fianco ci sarà Ben Simmons, duecentocinque centimetri di altezza, professione playmaker. Due così nella stessa squadra non li ha nessuno. La città dell’amore fraterno riparte da loro, nel tentativo di raggiungere una finale Nba che manca ormai dai tempi di Allen Iverson.

 


Joel Embiid (foto LaPresse)


  

F come Finals. Un evento unico nel mondo dello sport americano. Il livello più alto che la pallacanestro possa regalare. Un evento trasmesso in 200 paesi. Le due migliori squadre della Nba. Per due settimane il centro del mondo cestistico, punto. Se volete cerchiare sul calendario la data di inizio, 30 maggio 2019. Chi vince è campione Nba.

 

G come Golden State. La squadra da battere. Sì, anche se l’esperimento Cousins dovesse fallire. Due soli dubbi: effetto pancia piena (tre titoli in quattro anni, di cui due consecutivi) e una delicata situazione contrattuale di alcuni giocatori chiave, Durant e Klay Thompson, entrambi in scadenza a fine anno. Molti sostengono che potrebbe essere l’ultima corsa. Ma finché gareggiano con questo motore, difficile superarli.

 

 

H come Houston. Mai nessuna squadra era arrivata così vicina a eliminare i campioni in carica. L’obiettivo è riprovarci, inserendo il diciannovesimo realizzatore di ogni epoca della Nba. Se e come Carmelo Anthony potrà aiutare i Rockets ad andare in orbita, stiamo per scoprirlo. Fondamentale, per coach Mike D’Antoni, gestire bene Chris Paul tenendolo lontano dagli infortuni, per evitare di sentirsi dire nel momento più importante della stagione: “Houston, abbiamo un problema”.

 

I come Italiani. Lasciate alle spalle le spinose questioni estive legate alla Nazionale, Gallinari e Belinelli sono pronti a recitare un ruolo da protagonisti nelle loro squadre. L’entusiasmante stato di forma mostrato durante le “amichevoli” di inizio stagione, lascia pensare che il Gallo possa ambire a essere uno dei migliori, non solo nei Clippers, ma nell’intera Lega. Marco è tornato invece a San Antonio in uno spogliatoio che sugli armadietti non avrà più i nomi di Ginobili e Parker. Conquistare minuti in campo non sarà certo un problema per il Beli, che alla dodicesima stagione Nba ritrova quella maglia che gli ha regalato i momenti più belli della carriera, difficilmente raggiungibili oggi.

 


Danilo Gallinari (foto LaPresse)


 

K come Kawhi. La storia più misteriosa del 2018. Cosa sia successo tra Kawhi Leonard e gli Spurs negli ultimi 12 mesi, probabilmente non lo scopriremo mai. Nel frattempo il taciturno Mvp delle finali del 2014 è stato spedito a Toronto in uno scambio che ha portato DeMar DeRozan in Texas. Se Leonard pensa di costruirsi un futuro in Canada, allora i Raptors possono essere la vera alternativa a Boston nella Eastern Conference. Altrimenti aspettiamoci un anno di transizione, per lui e per Toronto.

 

L come LeBron. Una vera sfida per uno che di sfide si ciba. Accolto con entusiasmo moderato da una realtà abituata a vedere in campo i migliori interpreti di questo gioco, LeBron vuole dimostrare di meritare un posto su quel murales, polemicamente cancellato più volte dai tifosi durante l’estate, che lo vedeva ritratto assieme ai grandi Lakers della storia. Come a dire: “Ok sei forte, ma per raggiungere il livello degli altri giocatori del murales, devi farci vincere”. La squadra è giovane e talentuosa ma non può ragionevolmente essere considerata la migliore a Ovest. In attesa dei rinforzi previsti per l’estate 2019, Hollywood potrà comunque godersi il miglior attore protagonista dell’intera Nba.

 

 

 

M come Milioni. Quelli che produce la Lega sportiva più ricca del mondo. Una macchina da guerra. Sponsorizzazioni, contratti tv (nell’ordine dei miliardi di dollari) bombardamento social, nessuna Lega al mondo ha la forza della Nba. Ogni anno le 30 squadre mettono in palio 450 “posti di lavoro” con relativi contratti milionari. Se ce la fai, entri nell’élite del basket mondiale, ricevendo in cambio privilegi, ricchezza e notorietà. Per buttare la palla in un canestro, non malissimo.

 

N come New York. Il valore stimato della franchigia è di 3,6 miliardi di dollari, in crescita del 9 per cento rispetto allo scorso anno. Il sesto più alto tra tutti i club sportivi del mondo. Come possa riuscirci una squadra che non vince il titolo Nba dal 1973 è sostanzialmente inspiegabile se non con: “It’s New York, baby!”. Il miglior giocatore della squadra, Kristaps Porzingis, non vedrà il campo prima di Natale anche se a rischio c’è addirittura l’intera stagione. Quel titolo che manca da 45 anni non arriverà, ma tanto questi incassano lo stesso.

 

O come Oklahoma City. Dopo l’esperimento (fallito) Carmelo Anthony, ripartono da Russell Westbrook e Paul George per provarci nuovamente. Dietro a Golden State e Houston, si candidano (con Utah) al ruolo di squadra più solida della Western Conference. Il roster è di qualità, la squadra è profonda. Se convincono Westbrook a scalare una marcia, giocare a ritmi più accessibili fidandosi dei compagni, hanno le caratteristiche per stupire tutti.

 

P come Playoff. Ci arrivano le migliori 16 squadre della Nba. Otto da Est altrettante da Ovest. Anche se ultimamente si sta insistentemente parlando di un cambio del format per portare le migliori 16 a prescindere dalle conference. Data di inizio, 13 aprile 2019. Serie al meglio delle 7 partite. Il numero chiave? Sedici. Le vittorie che servono per infilarsi l’anello di campione Nba. I playoff in una parola? Esaltanti.

 

Q come Quicken. “The Q”, al secolo la Quicken Loans Arena di Cleveland. Negli ultimi 4 anni è stata la casa di LeBron James, il regno che oggi ha però perso il suo re. No, non sarà la stessa cosa, ma Cleveland è una città che già in passato si è ritrovata senza James a fine stagione (2010). E nonostante la partenza del Prescelto, il 2019 dei Cavs potrebbe essere più divertente del previsto.

 

R come Rookies. Ovvero i ragazzi al primo anno sui banchi della scuola Nba. Molti interessanti, alcuni già protagonisti. Di Luka Doncic vi abbiamo parlato altrove. Sul taccuino segnatevi i nomi di Deandre Ayton (Phoenix), Mo Bamba (Orlando), Jarren Jackson jr (Memphis) e Trae Young (Atlanta). Uno di questi è candidato a diventare speciale.

 

 

S come Stranieri. Sempre di più e sempre più importanti per rendere la Nba il campionato più globale di tutti. Più di 100 giocatori in rappresentanza di 42 paesi, tanto per comunicare bastano una palla e due canestri.

 

T come Triple. Uso o abuso? Una questione sempre aperta. Certo è che i numeri ci dicono che chi meglio (e non chi più) usa il tiro da tre punti è destinato ad avere successo nella pallacanestro moderna. Nella stagione 2018 per la prima volta si è sfondato il muro delle 25 mila triple segnate. Un numero destinato ad aumentare, che probabilmente non farà felici i puristi del gioco. Ma è stato provato che se usato con criterio, il tiro da tre punti è la chiave di parecchie vittorie.

 

U come Utah. Hanno avuto il merito di scoprire e poi lanciare il rookie Donovan Mitchell, sono la squadra più internazionale della Nba, sono guidati da un eccellente allenatore e hanno un palazzo sempre pieno. Alle spalle di Rockets e Warriors i Jazz sono pronti a fare “rumore” nella durissima Western Conference.

 

V come Vecchietti. Ovvero Dirk Nowitzki e Vince Carter che entrano a braccetto nella ventunesima stagione Nba.Il tedesco di Dallas si candida inoltre al “premio fedeltà” per averle giocate tutte con la stessa maglia. Mai nessuno come lui, no, nemmeno Kobe Bryant e la maglia gialloviola, sono stati così tanto assieme. Per entrambi più che un campionato si tratterà di un farewell tour. I tifosi delle arene Nba sono pronti ad accoglierli con rispetto stringendo molti fazzoletti tra le mani. Spesso le lacrime saranno inevitabili.

 

Z come …ZZZ… Perché l’ unica cosa che dovete essere disposti ad accettare se volete seguire questa stagione Nba è l’assenza di ore di sonno.

 


 

Alessandro Mamoli, dopo aver giocato nelle giovanili dell’Olimpia Milano con qualche apparizione in prima squadra, dal 2004 si occupa di basket per Sky Sport. Ha scritto con Marco Belinelli la biografia del campione NBA “Pokerface”

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