Il sindaco di Torino, Chiara Appendino (foto LaPresse)

La sfrontatezza olimpica della Appendino

Redazione

La sindaca critica il Coni, ma è stata lei a indebolire la candidatura di Torino

Anche la delusione, ora, dunque. Chiara Appendino, è indubbio, non difetta di sfrontatezza. E così, nell’apprendere la decisione del Coni sulla candidatura olimpica condivisa tra Piemonte, Lombardia, Veneto e Alto-Adige, fa subito sapere ai giornali di essere “perplessa” di fronte a “un masterplan le cui logiche sono in parte incomprensibili”. Difetta però di memoria, evidentemente, la sindaca di Torino, o quantomeno di senso del pudore (politico), quando afferma di restare “convinta che la candidatura compatta” della nostra città “fosse la scelta migliore”. Dimentica infatti che, ammesso che quella fosse davvero la soluzione ideale, lei e il suo M5s sabaudo hanno fatto di tutto per renderla impraticabile. Per mesi, a partire dallo scorso autunno, Torino ha assistito, allucinata, a una polemica grottesca, tutta interna alla maggioranza grillina in Sala Rossa: e non sono bastate né le telefonate e le lettere di Beppe Grillo, né i goffi tentativi della Appendino di dirottare la battaglia politica dal consiglio comunale a quello della Città metropolitana. La sindaca ha dapprima ignorato la sua stessa minoranza a cinque stelle, risolutamente contraria ai Giochi del 2026; poi ha cercato di aggirare consiglio e giunta, rivolgendosi direttamente ai vertici nazionali e inimicandosi così tutto il suo gruppo; infine ha accusato le opposizioni di non avere appoggiato una mozione di sostegno alla candidatura ambigua e contraddittoria. E così, mentre da un lato si pretendeva che il Coni scegliesse Torino in virtù dell’eredità del 2006, dall’altro il M5s torinese, e la sua stessa sindaca, denunciavano i presunti disastri creati da quell’edizione dei Giochi. Eppure, ora, di fronte alla decisione del Coni di non sostenere in pieno il progetto di Torino 2026, la Appendino è perplessa. Bontà sua.