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Fregati dal Fair play: Milan fuori un anno dall'Europa

Giovanni Battistuzzi

L'Adjucatory Chamber della Uefa ha bocciato i rossoneri per le violazioni nel bilancio nel triennio 2014-17. La proprietà rossonera ha fatto ricorso al Tas di Losanna, mentre sembra sfumato l'ingresso di un nuovo socio

Nyon e Losanna si affacciano sullo stesso lago, il Lac Léman, distano una quarantina di chilometri, non si amano da sempre, possono raccontare due storie diverse. Se per i secondi i primi sono mezzi ginevrini, quindi snob, per i primi i secondi sono piantagrane, quindi inaffidabili. Nel caso del Milan però più che i luoghi comuni sui loro abitanti conteranno le carte. Quelle che i primi, l'Adjucatory Chamber della Uefa, ha giudicato inadeguate: violazione del fair play finanziario del club rossonero per il triennio 2014-17 e quindi addio alle coppe europee conquistate sul campo nonostante un campionato così così. Quelle che il Tribunale Arbitrale dello Sport valuterà non appena saranno consegnate. Limite temporale massimo: 10 giorni.

 

Aspettando Losanna, vale Nyon. "La camera giudicante dell’Organo di Controllo Finanziario per Club (CFCB), presieduta da José Narciso da Cunha Rodrigues, ha preso una decisione sul caso AC Milan a seguito del rinvio del responsabile della camera di investigazione CFCB per la violazione delle norme del fair play finanziario, in particolare per la violazione della regola del pareggio di bilancio (break-even rule). Il club non potrà partecipare alla prossima competizione UEFA per club a cui si qualificherà nelle prossime due (2) stagioni". Insomma una stagione senza coppe dato che il Milan si era qualificato alla prossima edizione dell'Europa League.

 

Il piano di rientro di Li Yonghong delle violazioni fatte nell'ultimo triennio, quindi anche relative alla precedente gestione da parte di Silvio Berlusconi, non ha convinto i giudici. I regolamenti Uefa concedono alle squadre perdite in bilancio per 30 milioni di euro. Quelle del Milan superano complessivamente i 100. Ma non è tutto. A pesare ci sono le incertezze sulla figura del proprietario cinese, la lentezza nel reperimento da parte della dirigenza dei fondi utili a saldare il prestito avuto dal fondo attivista Elliott che, se non onorato, otterrebbe la proprietà della squadra, e la mancanza di un piano di aumento degli introiti nel lungo periodo. Tutto ciò ha convinto i giudici a punire il Milan con l'esclusione dalle Coppe. Era già successo ai turchi del Galatasaray, ai greci del Panathinaikos, agli ucraini del FC Dnipro, agli azeri dell'İnter Baki e ai rumeni del Târgu Mureş. Ma c'è poco da stare allegri. Anche perché in tutti questi casi il Tas di Losanna non ha ribaltato la sentenza.

 

Per sperare il Milan deve dare una svolta a una situazione patrimoniale quantomeno instabile. E per farlo servono soldi, molti e subito. La trattativa tra Li e l'italo-americano Rocco Commisso sembra saltata. Il dialogo tra il presidente rossonero e chi vorrebbe diventarlo è stato interrotto da Li. L'accordo sembrava esserci, ma l'imprenditore cinese non voleva lasciare la presidenza. Qualcosa di inaccettabile per chi doveva versare ciò che Elliott avanza da Li e in più rimpinguare le casse societarie (con un aumento di capitale e un paio di nuovi sponsor) per mercato e gestione. Oltre 150 milioni di euro che potevano essere un buon argomento per dare al Tas nuove carte da valutare per cambiare la sentenza, che probabilmente non avrebbe evitato una multa, ma almeno non avrebbe precluso l'accesso all'Europa League.

 

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