Foto LaPresse

Cairo, Tebas e gli altri. Chi manovra per rendere più appetibile la serie A in tv

Ugo Bertone

Alla vigilia della riunione della Lega calcio (forse) decisiva sui diritti, il puzzle si complica. Cosa c'è in ballo

Milano. Una cosa è certa. Il calcio italiano non può permettersi né Cristiano Ronaldo né Leo Messi. Ma, con genialità tutta italica, è possibile che la Lega possa acquistare, per un prezzo assai più modico, le prestazioni di Javier Tebas, l’attuale presidente della Liga spagnola: 56 anni, portoricano di nascita, uno dei registi del decollo del futbòl iberico sugli schermi del pianeta, Cina compresa. Potrebbe essere lui, il manager che ha saputo incrementare del 30 per cento gli incassi dei diritti tv delle società spagnole, l’uomo in grado di fare gol, la carta estrema da tentare dopo l’ennesima settimana di passione del calcio azzurro, segnata dalla nuova fumata nera sul fronte dell’asta dei diritti tv. Ma, anche nel caso in cui la Confindustria del pallone non decida di affidarsi al manager portoricano (56 anni, un debole per il franchismo, del tutto digiuno della lingua inglese, quasi un titolo di merito in un mondo sempre più english), sui diritti del calcio nostrano si profila un’altra ombra, ancora una volta cinese dopo il resistibile esordio dei padroni asiatici di Inter e Milan.

 

Sul tavolo della Lega calcio, infatti, dopo il fallimento dell’asta di martedì scorso, sta per arrivare l’offerta sui diritti di Mediapro, premiata ditta spagnola controllata da Jaume Roures e Tatxo Benet (buoni amici di Tebas) ma partecipata a 22,5 per cento dal colosso della pubblicità Wpp, capitanata da Martin Sorrell.

 

Il broker iberico è pronto a offrire 900 milioni alla Lega per ottenere l’incarico di intermediario finanziario nella vendita dei diritti del calcio italiano. Ma la stessa Mediapro, secondo il quotidiano economico spagnolo el Confidencial, sta per cambiare casacca: il fondo cinese Orient Hontai, battendo la concorrenza di Vivendi, sta per acquisire la maggioranza della Mediapro, affiancandosi allo stesso Roures e alla Wpp.

 

Alla vigilia della riunione della Lega (forse) decisiva sui diritti, il puzzle si complica. Con effetti immediati sulla partita della nuova presidenza, dall’esito tutt’altro che scontato. A inizio settimana il commissario Carlo Tavecchio, sembrava in pole position. A gelare le sue aspirazioni, non condivise dai club più forti, è arrivato anche l’altolà di Urbano Cairo, uno dei dominus del match, più per essere l’editore di Rcs Mediagroup che il presidente del Torino calcio. Secondo le voci di corridoio, a Cairo sembrava non dispiacere la nomina dell’ex presidente della Federazione folgorato dall’eliminazione degli Azzurri dal Mondiale. “E’ una ricostruzione priva di senso – ha spiegato però ieri l’editore al Foglio – Carlo Tavecchio, a cui riconosco comunque alcuni meriti, anche se ovviamente la macchia della non qualificazione della Nazionale resta indelebile, non l’ho mai sostenuto in passato e mi fermo qui”. Ma, scartata questa ipotesi, i potenziali candidati italiani scarseggiano. Improbabile che ce la faccia Claudio Lotito, che ha già fallito il suo blitz, altre soluzioni forti non si vedono all’orizzonte. Anche perché, vista la situazione del settore, il calcio italiano non può accontentarsi di un ripiego o di una staffetta ai piani alti. Anche per questo l’arrivo di Tebas potrebbe andare incontro ai desideri di Cairo che caldeggia la trasformazione della serie A in una specie di Lega per la gestione dei diritti tv. Intanto i tempi stringono, ma l’incertezza regna sovrana.

 

Altri competitor potrebbero rientrare in gioco, soprattutto se passasse lo schema di gioco di Mediapro, che non mira a creare una nuova tv (ipotesi caldeggiata da Infront, il partner della Lega) ma a mettere assieme un canale che potrebbe essere ceduto o appaltato a uno o più offerenti, compresi i gestori della telefonia, nonostante un’indagine del Financial Times abbia sottolineato che finora il connubio tra calcio e tlc (e in particolare quello tra Premier league e Bbc) in termini economici non abbia funzionato. Ma nel caso di un terzo tempo della partita potrebbe tornare in campo Telecom Italia, che finora si è limitata a offrire un chip (30 milioni) per il pacchetto online ma ha snobbato l’asta più importante (base 160 milioni). Un atteggiamento che si spiega forse con il grande freddo tra Vincent Bolloré e l’ad Amos Genish, pure scelto dal finanziere bretone. Ma ancor di più con il rallentamento della grande pace con Mediaset.

 

Il Biscione, dal canto suo, scottato dai risultati deludenti della Champions league su Premium, non sembra disponibile ad aumentare la sua offerta per il pacchetto sul digitale terrestre (200 milioni contro una richiesta minima di 260). Difficile che Sky, frenata anche dalle difficoltà opposte dall’Antitrust britannico all’ascesa al 100 per cento del capitale in mano a Rupert Murdoch possa rivedere al rialzo la sua offerta. Ancor più improbabile che Amazon, interessata al calcio british, decida di esordire nel football europeo nel Belpaese. E così si complica la quadratura del cerchio. Sistemato il pacchetto A (cioè l’esclusiva delle otto squadre più ambite) e quello C, relativa al web, non sono bastati nuovi colloqui per sbloccare le trattative private per i pacchetti sotto il minimo richiesto, quello sul digitale e i due in esclusiva (Sky ha offerto 80 milioni contro i 310 richiesti per 12 società tra cui la Roma). Si deciderà in extremis o, forse, ai rigori. Sul dischetto potrebbe esserci un portoricano in procinto di passare ai cinesi.

Di più su questi argomenti: