SAVERIO MA GIUSTO

Per il 2024, facciamo i realisti

Saverio Raimondo

Non siamo fatti per i buoni propositi. Perché allora non programmare già quelli cattivi?

Siamo giunti alla fine anche di questo 2023: è tempo di bilanci. Ma anche, anzi soprattutto, di rilanci: il 2024 sta per cominciare, e non possiamo farci cogliere impreparati. Anche perché sarà un anno bisestile, quindi saranno trecentosessantasei giorni, uno in più rispetto al calendario tradizionale; e, vi avviso, il 29 febbraio sarà un giorno feriale, lavorativo: con la sveglia, le email, i messaggi nelle chat, gli orari disumani, l’agenda piena, tutti che ci parlano e noi che dobbiamo rispondere, la voglia di morire. Quindi dobbiamo darci sin da subito “la spinta” per affrontare al meglio i prossimi dodici mesi.

Ma se dobbiamo fare tesoro dell’esperienza fin qui maturata, sappiamo che fare dei buoni propositi a inizio anno – e poi soprattutto rispettarli – è un’attività illusoria e votata allo scacco: alzi la mano chi, oggi, può dire di aver tenuto fede ai buoni propositi fatti quando ancora doveva inaugurare la Moleskine 2023. Chi di voi ha davvero fatto la dieta? Chi di voi si è davvero iscritto in palestra, e ha continuato ad andarci per il resto dell’anno? Chi di voi ha davvero smesso con il gin tonic? Noi esseri umani non siamo fatti per i buoni propositi. Buon proposito per il 2024: smetterla con i buoni propositi. Piuttosto, passiamo ai cattivi propositi. Perché non programmarli? Tanto già lo sappiamo che anche durante il prossimo anno ci comporteremo male, sbaglieremo, saremo nel torto: siamo umani, è inevitabile. Tanto vale deciderlo sin da subito (almeno non saremo scorretti a casaccio) e iniziamo l’anno con le peggiori intenzioni: siamo talmente incoerenti con noi stessi che finiremo con il comportarci meglio che in passato, quando facevamo i fioretti a Capodanno. Primo cattivo proposito per l’anno nuovo: urtare la sensibilità di qualcuno. Non violare, né calpestare: semplicemente urtare. Tanto già sappiamo che durante l’anno succederà: diremo qualcosa di inappropriato, o di sconveniente, o di infelice, o anche semplicemente diremo qualcosa punto, e il semplice fatto che apriamo bocca potrebbe dare fastidio a qualcun altro.

Se tanto mi dà tanto, allora tanto vale non urtare la sensibilità altrui per sbaglio, per fraintendimento, per goffaggine o per ignoranza, ma per deliberato spirito critico, per sana esplorazione del limite, per esercizio comune di vita sociale: dove le sensibilità devono sì essere rispettate ma anche elasticizzate – e perché no, vaccinate. Altro cattivo proposito per il 2024: coltivare il distacco. L’empatia è necessaria, come l’acqua: è vitale e idrata, senza di lei tutto si secca e muore. Ma come l’acqua, che se ne versi troppa trabocca dal bicchiere e se tu continui a versarla finisce sul pavimento, rovina il parquet, allaga casa e tu anneghi, così l’empatia. Mettersi nei panni degli altri è importante; ma è altrettanto importante ricordarsi che sono soltanto panni. Panni non tuoi, e con i quali sfilare (per esempio sui social) non è un atto di sensibilizzazione o di attivismo ma di civetteria narcisistica. Durante l’anno non riusciremmo a comprendere tutti né a sentire cosa prova ciascuno; tanto vale decidere sin da subito con chi e su cosa essere più distaccati, per poter dedicare davvero energie e tempo di qualità a qualcuno, a qualcosa. Terzo, un “cattivo proposito omnibus”: mangiare di più, bere di più, iniziare a fumare, andare a letto tardi. Vivere, insomma. Tanto anche questo ci capiterà di farlo comunque, prima o poi; tanto vale programmarlo, e gustarselo.

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