Ansa 

Saverio ma giusto

Date un Pos a Kaili!

Saverio Raimondo

Basterebbe solo un po’ di buon senso per capire che la vita dell’evasore, di chi paga e viene pagato in nero, è un inferno: avete idea di quanto spazio ci voglia per tenere centinaia di migliaia di euro in banconote da piccolo taglio in casa? 

Una delle ragioni per cui il governo Meloni intende rivedere il bonus cultura, 18app o come diavolo volete chiamare il regalo per i diciott’anni da parte dello stato ai neo maggiorenni, è che c’è chi ha fatto il furbo. C’è chi ha truffato lo stato, e con quei cinquecento euro invece che libri, dischi, concerti o musei si è regalato tablet e pc – come se non servissero ad ascoltare musica, a vedere film, a farsi una cultura insomma; ma vabbè, non è questo il punto. Il punto è che, ammesso che vi siano state delle violazioni, delle scorrettezze, da parte di giovani italiani, questa è proprio la dimostrazione che il bonus funzionava come strumento di promozione culturale. Se la cultura infatti è “coltivarsi”, “quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società”, “il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo o di un gruppo etnico”, quei giovani trasgressori (che “fatta la legge trovato l’inganno” come nella migliore delle tradizioni) si stanno semplicemente integrando nel tessuto nazionale e nei valori promossi da questo stesso governo, che con l’innalzamento del tetto al contante e il disconoscimento del Pos promuove una cultura di piccole truffe, piccoli inganni, espedienti e furbizie – o, come direbbe Meloni prendendo in prestito le parole a Lucio Battisti, “innocenti evasioni” – fiscali.

Meloni ci tiene a dire che il bonus non sarà abolito, ma soltanto corretto. Già so come andrà a finire: resteranno 500 euro ma in contanti, come piace a Meloni. Al compimento dei 18 anni arriva un ufficiale giudiziario che ti consegna un rotolo di banconote, con tanto di occhiolino e gesto eloquente della mano, e come una nonna ti dice “così ti ci compri quello che vuoi, ma mi raccomando niente droga, solo cultura!”. Meloni pensa in piccolo: tutela i piccoli evasori, ma non gli dà gli strumenti per crescere. Il suo è solo assistenzialismo. Altrimenti sarebbe in prima fila per promuovere i pagamenti in nero ma elettronici. La vicenda Qatar gate è emblematica: a casa dell’eurodeputato Antonio Panzeri a Bruxelles sono stati sequestrati 600 mila euro in contanti, più altri 17 mila in Italia; alla vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, sono stati invece trovati 750 mila euro, sempre in contanti, di cui 600 in borse e 150 in sacchi – e in tagli da 20 e 50 euro: altro che contanti, qui siamo agli spicci. Se adottassimo il punto di vista di Meloni, non ci sarebbe nulla di sbagliato: quelli di Panzeri a Bruxelles sono solo 120 pezzi da 5 mila euro; Kaili inoltre, come denotano i sacchi pieni di soldi, faceva pure la raccolta differenziata. Ma basterebbe solo un po’ di buon senso per capire che la vita dell’evasore, di chi paga e viene pagato in nero, è un inferno: avete idea di quanto spazio ci voglia per tenere centinaia di migliaia di euro in banconote da piccolo taglio in casa? Spolverare e mettere a posto diventa un’impresa titanica, anche perché te lo devi fare da solo, non puoi chiamare un uomo/donna delle pulizie, vatti a fidare della servitù con tutto quel contante per casa – e qui si aprirebbe il capitolo paura dei ladri, da non dormirci la notte. Cosa aspetta il governo Meloni a mettere mano a una riforma tanto attesa come quella della bustarella elettronica? Digitalizzare la corruzione sarebbe un vero salto di qualità per questo paese.

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