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Saverio ma giusto

Guerra e pace (fiscale). Pazzo diario dal fronte della lotta all'evasione

Saverio Raimondo

L’obiettivo del governo Meloni resta quello di denazificare le cartelle esattoriali, e in quest’ottica va vista la decisione dell’esecutivo di non mandare più armi alla Guardia di finanza. Sul tavolo delle trattative però c’è un punto fermo: Equitalia deve tornare ai confini del 2016

Sono ore decisive per la pace fiscale voluta dal governo Meloni. Anche se ufficialmente proseguono le ostilità (nelle ultime ore ci sono stati blitz, accertamenti e raccomandate sui civili, mentre migliaia di scontrini non venivano battuti), nonostante ciò sono giorni che si susseguono segnali di distensione. L’obiettivo del governo Meloni resta quello di denazificare le cartelle esattoriali; e in quest’ottica va vista la decisione dell’esecutivo di non mandare più armi alla Guardia di finanza. Ma il ritiro dei grandi evasori da Cortina è un chiaro segnale di debolezza da parte dell’economia sommersa, che apre a possibili trattative, se non a veri e propri colloqui di pace; come mediatori fra Equitalia e i contribuenti si sono già offerti il presidente turco Erdogan e il Papa.

Sono lontani i tempi in cui il governo minacciava di alzare il tetto al contante a diecimila euro, spacciandolo per “un’operazione bancaria speciale”; l’abbassamento all’innalzamento del tetto per i pagamenti in contanti a cinquemila euro è visto da molti analisti come un’apertura al dialogo da parte dell’esecutivo, e le voci sempre più insistenti di un presunto ricovero a Bali del ministro dell’Economia Giorgetti, seppur smentite dal diretto interessato in un video dove appare in bermuda e maglietta di Basquiat, non fanno che confermarlo. Del resto, le cose sul campo fiscale si mettono male: il governo non è riuscito ad espugnare la legge Fornero ed è dovuto battere in ritirata (era partito un plotone di cento uomini – la famosa “quota 100” – ne sono rimasti 41); e anche la resistenza Rai ha respinto gli attacchi al canone e mantenuto il controllo della bolletta. La guerra fiscale continua (ieri ci sono state diverse esplosioni in molti esercizi commerciali, dove sono stati colpiti i pos; e la Finanza continua a chiedere una No Flat Zone anche su piccoli e medi evasori); ma sottotraccia si fanno sempre più intensi i colloqui fra rappresentanti del fisco e liberi professionisti che non rilasciano fattura.

Ma quali potranno essere le condizioni di pace fiscale che possano mettere d’accordo entrambe le parti, resta un mistero; specie all’indomani della risoluzione Onu che ritiene che il debito pubblico debbano pagarlo gli evasori fiscali – i quali si sono dichiarati disposti a farlo purché possano pagarlo in nero; mentre il Tesoro propone una rottamazione a lungo termine senza interessi né sanzioni. Sul tavolo delle trattative però c’è un punto fermo: Equitalia deve tornare ai confini del 2016. Accettato questo, le parti potrebbero trovare un accordo su tutto – magari concedendo all’esecutivo una revisione parziale del reddito di cittadinanza. Il governo Meloni ora cerca la pace fiscale perché ha perso la guerra; decisivi sono stati il fattore tempo e il fattore denaro: entrambi scarseggiano. E la propaganda nulla ha potuto contro il caro bollette.

Su questo scenario ottimistico, però, aleggia ancora l’ombra della bomba atomica: più volte la destra populista ha minacciato il ricorso alle armi nucleari per distruggere definitivamente la civiltà e far tornare i pagamenti a uno stadio pre-fiscale. Altro che pagamenti in nero: direttamente il baratto. Ma gli esperti continuano a dirsi scettici sulla reale volontà da parte di Meloni di usare l’atomica: secondo l’intelligence, le atomiche italiane sono state vendute all’estero da Crosetto quando faceva il lobbista, e non ce n’è rimasta nemmeno una a nostra disposizione.

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