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Il libro

“Chi vogliamo essere?”. Questione di libertà e identità

Michele Silenzi

La domanda radicale su cui si fonda ogni cambiamento d’epoca. Anche di questa. La supersocietà tra digitalizzazione, capitalismo e libertà

Il contemporaneo è un tempo eccezionale: la sua complessità, i rapporti transnazionali istantanei attraverso ogni tipo di piattaforma, i processi produttivi collegati su scala globale, la libertà di visioni artistiche-cinematografiche-seriali-musicali, l’unione crescente e talvolta inquietante del gusto e dei costumi nell’apparente differenziazione, l’aumento esponenziale delle possibilità di vita. Tutto generato dalla potenza dell’ingegno umano che fa a pezzi, attraverso il suo dispiegarsi, quelle strutture tradizionali che solitamente abbiamo imparato a chiamare, a partire dall’età moderna, società. Due sociologi come Mauro Magatti e Chiara Giaccardi hanno definito, con una parola che dà il titolo al loro libro, questo nuovo darsi delle relazioni tra gli uomini e le cose Supersocietà (il Mulino).

 

La supersocietà, per gli autori, è insieme una minaccia, un destino e un’opportunità. Ci siamo già dentro, è il nostro tempo fatto della sua struttura tecnico-economica, del nesso tra azione umana-produzione e biosfera, di una soggettività che viene sempre più assorbita nel processo di autoproduzione sociale che a sua volta genera. In questo contesto ciò che veniva chiamato società, ossia un tessuto ben chiaro di istituzioni, comunità e individui non rispecchia più la realtà effettuale. L’aumento delle possibilità di vita generato dal sistema liberale e capitalista attraverso il suo sistema di crescente razionalizzazione svuota e fa evaporare le precedenti strutture sociali e i suoi legami culturali, garanzie di riconoscimento e di determinazione delle soggettività. 

 

La supersocietà che emerge integra nella propria dinamica l’intera vita. La digitalizzazione ne è l’immagine più ovvia: tutto è mediato dal sistema tecnico che per sua natura tende a integrare ogni singola parte in un sistema di efficienza crescente. Ciò che è più importante è la funzionalità, e la fungibilità. Ma un sistema che tende a integrare in tal modo genera anche, in maniera inevitabile, per il suo stesso processo, nuovi conflitti e una dispersione energetica entropica o, in questo caso, in quanto atto fusionale di natura umana, “antropica”. 
Quello della supersocietà è un sistema sottoposto a continui shock perché l’integrazione totale delle forme di vita fa propagare, su tutta la banda che collega il mondo, ogni vibrazione generando instabilità continue.

 

Gli autori identificano quattro macro shock (11 settembre, Lehman Brothers, Covid, guerra in Ucraina). Ma gli shock, o meglio le crisi, divengono il tessuto stesso di cui è fatta la supersocietà. La crisi, tanto soggettiva (con la figura della vittima elevata a nuovo totem religioso) quanto sistemica, diviene concetto portante del mondo, modo continuo in cui l’intero sistema va sotto stress, e allo stesso tempo opportunità di rinnovarlo verso un equilibrio metastabile e sempre aperto.

 
Due concetti come digitalizzazione e sostenibilità contengono un’opposizione polare che ben rappresenta la lama a doppio taglio della supersocietà. L’emergenza continua ben si presta all’escalation di centralizzazione e burocratizzazione, come abbiamo visto con il Covid e in parte come stiamo vedendo con la guerra.

 

L’uomo diventa codice, funzione di sistema, l’individuo svanisce nella sequenza numerica a cui l’algoritmo della struttura tecnico-economica che è il mondo stesso tende a ridurre la rivendicazione di libertà soggettiva (a meno che non si pensi che la libertà personale possa essere confinata al puro spazio dell’intrattenimento). Ecco quindi che la stupefacente libertà che ha generato questo mondo quasi perfetto rischia di richiudere il suo stesso creatore, l’individuo, in un “intero” perfettamente funzionale da cui non c’è fuga ma solo maggiore integrazione fusionale. Secondo Magatti e Giaccardi, “il rischio è che sostenibilità e digitalizzazione congiurino ad aumentare il dosaggio del farmaco che già ci intossica (la regolazione, in un mix tra istituzionale e tecnologico), potenziando il controllo e restringendo ancora di più la ragione a mero calcolo”.

 

Ma se è vero che dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva, nella struttura tecnica che viene a sovrapporsi alla nostra esistenza sta anche il mezzo attraverso cui propagare le opportunità per gettare le basi delle relazioni sociali che potranno determinare positivamente la supersocietà. 

 
Rispetto alle soluzioni prospettate dagli autori per tessere il tessuto di nuove relazioni generatrici di senso, ciò che appare in realtà più fondativo è una riflessione sulla libertà: che senso abbia oggi, cosa significhi e a partire da cosa si determini. E’ questa della libertà una questione che coincide con quella dell’identità, ossia non tanto con la domanda “chi siamo” ma “chi vogliamo essere”, e a quali condizioni. E’ questa la domanda radicale da cui si parte nei cambiamenti di epoca come l’attuale per ri-determinarsi come soggetti potenzialmente liberi. Ogni cura, ogni riforma, ogni miglioramento non può non passare che da questa endiadi, identità libertà.

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