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L'intervento

La sostenibilità non è un pranzo di gala. Appunti per un ambientalismo pragmatico

Marianna Madia e Angelo Rughetti

Se le transizioni gemelle (verde e digitale) diverranno i pilastri su cui impostare le politiche economiche e sociali occorrerà fare in modo che esse siano anche in grado di generare effetti positivi e benessere sulle nuove generazioni e sui territori, evitando quegli eccessi ideologici sotto la bandiera “verde” che hanno condotto anche a scelte errate

La sostenibilità rischia di essere una parola vuota. La chiave è creare benessere per le nuove generazioni. In questi anni, abbiamo assistito a una doppia distorsione. Da un lato inerzia e sottovalutazione della rilevanza del tema della sostenibilità; dall’altra alcuni eccessi ideologici e retorici sotto la bandiera “verde” che hanno condotto anche a scelte errate di corto respiro. Nella parola sostenibilità c’è il concetto giusto di equilibrio che sinora sembra mancare nella discussione non solo italiana.

Già perché questo tema attiene certo a scelte dei singoli Paesi, ma non può che tenere conto di uno scenario globale in cui i Paesi, con i loro sistemi produttivi, si misurano in competitività e dunque nella capacità di produrre benessere comune. E dunque è proprio al benessere che bisogna guardare per progettare scelte strutturali che disegnino una sostenibilità “sostenibile” che non finisca per ampliare invece che ridurre le diseguaglianze sociali. Anche per questo del manifesto di Amendola e Orlando abbiamo apprezzato l’impostazione pragmatica che rompe lo schema delle correnti di pensiero dell’ambientalismo storico, in favore di soluzioni che mettano insieme la necessità di cambiare sistema con la quella di governare il cambiamento. Vanno però aggiunti due fattori: il debito intergenerazionale e le diseguaglianze.

 

Il debito intergenerazionale ha assunto una rilevanza a causa dell'accresciuta percezione che sia sempre più difficile controbilanciare le azioni di oggi con politiche e restrizioni future. Il debito ecologico è un debito storico che si sta ancora accumulando tra regioni storicamente ricche e quelle povere. In Italia, le regioni settentrionali sono indebitate con quelle meridionali a causa del crescente numero di emissioni di CO2 e dell'uso intensivo delle risorse naturali risalenti all’inizio della rivoluzione industriale. Le regioni meridionali hanno sviluppato un credito che in gran parte non potrà mai essere restituito. Se si applica questo stesso concetto alle generazioni, nasce il concetto di giustizia e debito intergenerazionale.

 

Anche se negli ultimi anni sono stati fatti molti sforzi per approfondire il rapporto tra le azioni presenti e le loro future conseguenze, non esiste ancora un indicatore composito sulla disuguaglianza ambientale. Un indicatore permetterebbe di intraprendere azioni specifiche ad hoc nei settori in cui sono più necessarie e consentirebbe di dare alla sostenibilità un contenuto e una dinamicità che va oltre i target di miglioramento degli impatti. Mettendo al centro della transizione verde un obiettivo sociale si darebbe un senso alle politiche e agli obiettivi di sostenibilità (SdG’s. e ESG). Si eviterebbe in questo modo la “targhettizzazione”: il solo raggiungimento di obiettivi numerici senza tenere in considerazione la composizione di questi numeri sul lato sociale, generazionale, territoriale, etc. Le disuguaglianze ambientali sono direttamente correlate a quelle sociali e gli individui che soffrono di un potere d'acquisto diminuito o che vivono in aree che non hanno accesso a determinate modalità di trasporto, sono gli stessi che soffrono (o in alcuni casi causano) un inquinamento più elevato, sia nel presente che in futuro.

 

Molte categorie sociali non potranno partecipare alla transizione verde alle stesse condizioni di altre perché dotate di minori mezzi economici e perché situati in aree geografiche del mondo in cui ad esempio il parco automezzi ha un’età media molto alta e un ricambio più lento. Allora uno degli obiettivi prioritari di una proposta politica liberale e di sinistra è quello di tenere in considerazione quei gruppi sociali che soffrono di una mancanza di accesso alle opportunità della transizione ecologica per fare in modo che fra qualche anno non ci ritroveremo con parti del Paese in cui la qualità dell’aria, del suolo, le biodiversità siano peggiorate a fronte invece di altre regioni in cui le condizioni ambientali sono fortemente migliorate. In conclusione, se le transizioni gemelle (verde e digitale) diverranno i due pilastri sui quali impostare le politiche economiche e sociali occorrerà fare in modo che esse siano in grado di generare effetti positivi e benessere (quanto meno non negativi) sulle nuove generazioni e sui territori. Sarebbe un modo per fare delle politiche concrete per i giovani e per ridurre le diseguaglianze. Le generazioni presenti hanno la responsabilità di agire più di quelle passate ma anche il beneficio di determinare significativamente le condizioni di quelle future.

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