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C'è un perbenismo woke anche nell'acchiappo online. Da non crederci

Mariarosa Mancuso

I profili di maschi che si dichiarano femministi hanno il doppio di like, calcola OkCupid. Meglio non fidarsi, del resto anche i serial killer si presentano come personcine interessate all’arte e al giardinaggio

“Se un uomo si dichiara femminista, su le mutande e scappa”. Natalia Aspesi, circa 1978, in un libretto intitolato Lui! Visto da Lei. A riprova della nostra tesi secondo cui social & affini hanno dato una vernicetta di modernità a faccende una volta deprecabili – le agenzie matrimoniali, la serata con le diapositive del viaggio – la questione dei maschi femministi si ripropone sulle app di incontri. “Woke Fishing” è il titolo di un articolo uscito sul mensile francese Neon, branché quant’altri mai e forse per questo arrivato al suo ultimo numero su carta (continuerà online le sue rubriche, per esempio “L’histoire inutile”, dedicata questo numero a Jean-Luc Godard: in Mozambico aveva rifiutato la pellicola Kodak, perché il laboratorio di sviluppo usava la “shirley card” per calibrare i colori, Shirley era un’impiegata dalla pelle candida).

 

Woke Fishing – con la “effe”, non sono interessati ai conti in banca, non in prima battuta almeno. “I profili di maschi che si dichiarano femministi hanno il doppio di like”, calcola OkCupid. Meglio non fidarsi, del resto anche i serial killer si presentano come personcine interessate all’arte e al giardinaggio. Il termine circola dal 2020, mette insieme il nuovo perbenismo “woke” (molto più stringente del vecchio) con l’acchiappo. I maschi pare lo sappiano da prima del #MeToo, sul sito Art de Seduire (leggi: rimorchio), l’idea è considerata sciocca – mentre funzionano come ottimo richiamo le vaccinazioni fatte.

Arriva la “vita vissuta”, ovvero le testimonianze (ormai fanno letteratura, e a volte la sostituiscono, qui sbrigano il loro onesto e più modesto mestiere). Accanto ai consigli per non cadere nella trappola, forniti da professionisti di cui non sospettavamo l’esistenza (a dire il vero neppure la necessità). Il saggista Francis Dupuis-Déri, per esempio, che ha in bibliografia “Les Hommes proféministes, compagnon de route ou faux amis?” – compagni di strada o falsi amici? maiuscola nel testo. L’esperto certifica: “dichiararsi femminista serve ad avvicinare le ragazze”. Lo conferma una certa Sandrine, che ha messo a punto il test: “Spiego che preferisco dire ‘alleati’, non ‘femministi’”; se reagiscono male o si innervosiscono la bugia è smascherata.

L’hashtag #MMM nelle intenzioni sta per “Mixed Marvelous Mind” (sì, fa fuggire in ogni caso per il miasma New Age). E’ il “dolcemente complicate” delle app di incontri. I maschi se ne sono subito appropriati, lo mettono nel profilo e aspettano che la vittima abbocchi. Esiste anche la categoria “sono fidanzato con una femminista, quindi al di sopra di ogni sospetto” – neanche questa è una garanzia, i maschi lo usano come un paracadute nel momento del bisogno

 

Le più astute cacciatrici scorrono la biografia in cerca di segnali. “La mia ex è pazza” viene considerato un semaforo rosso, cosa che più o meno taglia fuori l’umanità tutta, chi non lo ha mai pronunciato non è mai stato fidanzato – e vale per l’intero arcobaleno dei generi e delle preferenze sessuali. Si capisce che stiamo sconfinando verso le separazioni con il sorriso e il comunicato congiunto (dopo l’inevitabile rottura dei piatti, non cascateci). Però ragazze, anche voi: perché ci credete sempre sempre sempre? Nei vecchi annunci matrimoniali chiunque era “bella presenza”, e pure benestante. Il “diciamoci tutto” viene dopo, e in certi casi è l’inizio della fine. 
“Quanti ragazzi hai avuto?”, chiede un giovanotto alla morosa, in “Clerks” di Kevin Smith. Lei conta mentalmente e dopo un po’ dice “37”. Furia, tragedia, e le beffe degli amici. Sono domande pericolose, meglio evitarle. Il maschio femminista reagisce male, se viene messo alla prova.

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