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Cronache di una maturità "a scatti"

Olga Brandonisio

Le mascherine, il gel igienizzante, la distanza di sicurezza, l'emozione degli studenti. Il racconto di una professoressa alle prese con l'esame ai tempi del Covid-19

“Professoressa non la sentiamo.”
“Riuscite a sentirmi adesso?”
“Sì, ma la sentiamo a scatti.”

 

È così che si è svolta la maturità, a scatti.

 

15 giugno, ore 8 davanti all'enorme edificio scolastico. L’entrata non è più l’entrata, anche l’uscita ha perso il suo ruolo. Frecce gialle e nere, incollate al suolo, indicano il sentiero alternativo da seguire: mi raccomando, tenere la distanza di almeno un metro dai colleghi concitati dalla nuovissima mascherata. Giunti al traguardo, il personale scolastico è pronto per puntare dritto alla fronte la pistola cattura temperatura. Cambio di mascherina, una spruzzata di gel disinfettante e, accertata la piena salute di tutti, si entra.

 

 

Non tutti sanno che, qualche giorno prima del grande evento, i commissari d’esame – quest’anno tutti interni per via del Covid-19 – sono tenuti a presenziare alla riunione plenaria, o insediamento. Un momento che riporta alla mente gesta eroiche e leggendarie ma, ahimè, si tratta solo di una mera esibizione (chi è il più bravo, il più competente e, perché no, il più bello), oltre che un'occasione per organizzare il lavoro. Insomma, è il momento delle presentazioni ufficiali con chi è esterno al corpo docente. Tuttavia, lunedì scorso le cose sono andate diversamente poiché, secondo decisioni ministeriali, l’unico commissario esterno quest'anno era il presidente di commissione, che nel mio personalissimo caso non si è presentato. Presto anche altri indirizzi si sono ritrovati nella stessa situazione della mia sottocommissione, questo il termine ufficiale. Gli interrogativi hanno iniziato a modellarsi sulle sopracciglia di tutti. Risultato: si ritorna il giorno dopo, hanno trovato il sostituto presidente. Rendiamo grazie al grande Usr (l'Ufficio scolastico regionale).

 

Giorno della maturità, ore 8. L’aula è pronta per accogliere tutti in sicurezza. Sette banchi singoli muniti, ognuno, di un rasserenante scudo in plexiglas, disposti secondo le indicazioni della ministra Azzolina – il candidato è a tre metri e ottanta centimetri dalla commissione che, fotografata dall’alto, apparirebbe come una ragnatela lasciata a metà da un ragno infiacchito – e tutti doverosamente mascherati.

 

 

Il banchetto isolato del giovane candidato è riconoscibile da una colonna di libri di testo, appartenenti ai docenti e lasciati lì per poter essere sfogliati e consultati, nel momento di un’analisi letteraria, dalle mani dello studente chiuse nei guanti in lattice, evitando così eventuali contatti.

 

Finalmente, l’esame di maturità ha inizio. L’agitazione adolescenziale trabocca dalla esile mascherina chirurgica, che a ogni frase significativa scivola giù per il naso creando quasi un tic nervoso nelle dita del candidato che, con perseverante cura, la rimette al suo posto. Il docente, limitato dalla lastra parasputi – quest’ultima senza sputi poiché limitata a sua volta dalla mascherina – non riesce a farsi sentire chiaramente dall’interessato, obbligato a sporgersi buffamente dall’inappropriato banchetto claustrofobico.

 

Sulle cattedre non più penne e fogli, ma dispenser colmi di preparati fatti in casa a base di alcol disinfettante e pronti all’uso. Lo studente intanto cerca senza successo la pagina della Pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio. “Prof non trovo la pagina”, “presidente posso avvicinarmi al candidato?”, “sì, ma rispettiamo la distanza minima!”.

 

Tre metri e ottanta d’imbarazzo e disagio, attraverso cui si vede tutto di noi e di loro: le insicurezze estetiche, quelle psicologiche, quelle normali di un adolescente in uno dei giorni memorabili della sua vita. Nessuno parla volentieri di Covid-19, o non hanno un’idea ben definita, del resto come biasimarli.

 

Non siamo belli da osservare, tanto meno lo studente così conciato. Qualcuno continua a dire “si poteva evitare”, altri sostengono il contrario. Eppure, l’emozione di un giovane studente è tale anche senza sorrisi, strette di mano, pacche sulla spalla e baci sulle guance. Il giorno dell’esame di maturità è il loro giorno, anche a scatti.

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