(Ansa)

Perché più di una dose di vaccino su tre non è stata somministrata

Ruggiero Montenegro

La settimana scorsa una dose su quattro era disponibile ma non utilizzata, una tendenza che si è aggravata ulteriormente negli ultimi giorni: dai ritardi del piano vaccinale alle lentezze degli enti regolatori

Il piano vaccinale continua ad arrancare: in Italia più di una dose di vaccino ogni tre è ferma nei freezer, bloccata, in attesa di essere somministrata. Più precisamente, il dato è di questa mattina, risulta somministrato solo il 70,1 per cento della disponibilità, ovvero 4.5875.65 dosi corrispondenti a 1.454.503 persone che hanno ricevuto entrambe le vaccinazioni previste. La Valle d'Aosta è a oggi la regione più virtuosa (88,3 per cento) mentre la Calabria (55,6) risulta il fanalino di coda di questa particolare classifica.

 

 

   

Un numero preoccupante, figlio di una tendenza che negli ultimi giorni si sta facendo sempre più significativa. Solo la settimana scorsa, infatti, il numero di dosi disponibili ma non utilizzate si aggirava intorno al 25 per cento, una su quattro, come avevano ricostruito su queste pagine Luciano Capone e Giovanni Rodriquez, spiegando cosa non sta funzionando nella campagna di vaccinazione. 

 

 

Insomma, cosa sta succedendo in Italia? A cosa si deve la discrepanza tra vaccini consegnati e vaccini somministrati? Per rispondere, un'utile chiave di lettura arriva dalle infografiche di Ispi e dalle parole di Matteo Villa, ricercatore dell'Istituto per gli studi di politica internazionale. 

 

 

"È impressionante", dice Villa. "La forbice tra vaccini consegnati e vaccini somministrati si sta allargando a vista d'occhio", e le ragioni di questa dinamica sono sostanzialmente due. Innanzitutto nelle ultime settimane sono aumentate le consegnate, e questo si unisce al fatto che molte regioni stiano conservando le dosi per il richiamo. Ma come scrive Matteo Villa, questo "spiega ma non giustifica" le lentezze del nostro sistema sanitario.

  

  

La seconda motivazione si deve al fatto che ogni vaccino ha specificità proprie e per esempio "quello prodotto da Pfizer/BioNTech lo somministriamo tutto molto rapidamente, non appena arrivano le consegne".  Le differenze nell'utilizzo dei vaccini in base alla tipologia o alla casa produttrice sono evidenti nei dati Ispi

 

  

La forbice si fa più ampia prendendo in esame il vaccino Moderna, le cui consegne sono andate a rilento nei primi mesi dell'anno per poi accelerare più di recente, con il "sospetto che, potendo scegliere, chi somministra dà precedenza a Pfizer".

 

  

La tendenza è ancora più severa nel caso dei vaccini Astrazeneca, accompagnati da una diffusa diffidenza sulla loro efficacia rispetto agli altri due già citati, dovuta per lo più alle lentezze nel processo di autorizzazione e alle incertezze legislative riguardo l'età dei beneficiari: dapprima riservato ai più giovani, il suo utilizzo è stato esteso con la circolare 22 febbraio 2021, che autorizzava la possibilità di “offrire il vaccino fino ai 65 anni compresi i soggetti con condizioni che possono aumentare il rischio di sviluppare forme severe di Covid-19” ma "ad eccezione dei soggetti estremamente vulnerabili”.

 

 

Siamo di fronte, insomma, a una situazione intricata, quel che è certo però è che occore un cambio di passo, e in tempi brevi. Anche in questo senso deve essere inteso l'avvicendamento a capo della struttura commissariale dedicata a Covid-19, tra Domenico ArcuriFrancesco Paolo Figliuolo, a cui toccherà il compito fondamentale di incrementare e velocizzare la campagna di vaccinazione, a partire da quelle due milioni di dosi che sono già disponibili ma restano inutilizzate.

 

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