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La scienza verifica ipotesi falsificabili, non sperimenta superstizioni

Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini

Caso “biodinamica”: le pressioni politiche e le responsabilità dell’università, il malinteso pluralismo scientifico e la libertà di ricerca minacciata. Così nascono i nuovi casi Stamina.

Il Dipartimento di agraria dell’Università degli studi di Napoli Federico II ha partecipato a un convegno di tre giorni, organizzato dall’Associazione per l’agricoltura biodinamica dal titolo "Rinascita del Sud: le nuove frontiere dell’agroecologia". L’agroecologia altro non sarebbe, per gli organizzatori, che l’applicazione degli "strumenti dell’agricoltura biodinamica” che dai “primi anni Venti del Novecento” avrebbero risposto "ai problemi ambientali e sociali, che colpiscono la ruralità e il Pianeta”. Un bell’inganno, per cominciare. L’"agroecologia" nulla c’entra con gli argomenti trattati. Basta consultare Wikipedia per sapere che è un approccio ecologico dell’agricoltura che usa gli “strumenti” della scienza per studiare fatti, e non per predicare metodi di coltivazione. L’agroecologia non ha quindi nulla a che fare con le credenze magico-superstiziose – oggetto del "convegno" di cui sopra – ispirate dalle idee esoteriche di un fantasioso spiritualista e occultista, cioè il fondatore dell’antroposofia e della biodinamica Rudolf Steiner. I deliri intellettuali misticheggianti e “allucinatori” contenuti nei suoi testi raccontano di principi evolutivi fondati sulla storia di un’essenza umana spirituale e promuovono corni di vacca e vesciche di cervo come fertilizzanti, e non si capisce davvero come possano essere presi sul serio in qualche ambiente accademico pubblico.

 

 

Un direttore di dipartimento, un professore di Chimica, ricercatori, noti esponenti politici, leader di movimenti politico-economici, giornalisti, insieme a imprenditori agricoli privati hanno discusso per tre giorni di aneddoti e illusioni, di ideologie e – a nostro avviso – di come far leva sulle istituzioni per ottenere benefici e denaro pubblico per coloro che praticano un’agricoltura fondata sulla superstizione.

 
Un sistema politico-economico liberale difende la libertà di opinione e quella d’impresa. E nessuno chiede a chicchessia di rinunciare a credere all’anima delle piante, alle aure, alla legge di simpatia, alle dinamizzazioni, agli oroscopi, agli effetti fertilizzanti del cornoletame, etc. Ognuno, cioè, privatamente, è libero di credere quello che vuole, e di intraprendere (con il proprio denaro) l’attività economica che preferisce, a condizione di non far danni. Chi crede all’agricoltura biodinamica ha diritto di farlo e se da questo sistema di pensiero (che è un brand certificato a cui pagare “royalties”) discendono pratiche non rischiose per la salute, si possono usare per fare prodotti, immaginando che il consumatore sia messo in grado di capire di cosa si tratta. Quel che è singolare è che studiosi pagati con i soldi dei cittadini e abituati a sottoporre i loro prodotti a valutazioni Anvur o a riviste peer review, avallino e promettano aiuto o collaborazione a credenze senza basi razionali. Di alcun genere.

 
E’ eticamente inaccettabile che l’università o il governo destinino finanziamenti o offrano spazi pubblici a questo genere di attività. L’etica dell’accademia e lo stato di diritto implicano che i finanziamenti pubblici, che sono tasse dei cittadini, siano distribuiti con l’obiettivo di ricavarne, attraverso la selezione competitiva dei migliori competenti e progetti, i maggiori vantaggi per l’economia, la salute, l’ambiente e i cittadini. Si sente parlare di introdurre queste credenze peudoscientifiche nelle università per motivi di pluralismo. Pensiamo si stia scherzando. I fautori della biodinamica investano i loro soldi per farsi università private, cioè luoghi dove raccontano il loro verbo. Nelle università pubbliche, quelle pagate dallo stato, si devono insegnare le idee e i metodi che sono stati controllati e validati. Anche se all’astrologia “credono” milioni di persone, a nessuno oggi verrebbe in mente di insegnarla per pluralismo nei corsi di Fisica. L’agricoltura biodinamica si fonda su idee balzane che non possono essere amiche dell’uomo né sono risposte alle crisi della ruralità e del pianeta. Le risposte utili sono arrivate nel corso degli anni Sessanta, con la rivoluzione verde, e con gli Ogm con i quali da oltre 20 anni produciamo i nostri alimenti; e stanno arrivando ancora più decise grazie a ulteriori strategie scientifiche per creare piante migliorate. Il fatto che il governo abbia deciso di inserire l’agricoltura biodinamica in un piano nazionale della ricerca significa solo che il principio della libertà di ricerca e insegnamento è minacciato, e che si sta cercando di imporre lo studio di temi o procedure che sono estranei alla scienza e alla sensatezza. E’ una grave deriva, perché ogni volta che la politica manipola o condiziona i fatti o li nasconde, ne seguono tragedie e regressioni sociali e culturali. I nazisti imposero le credenze biologiche razziste che portarono all’assassinio di milioni di persone e i comunisti bandirono la genetica mendeliana e morganiana per affermare le illusioni lysenkoiste, che causarono carestie e la morte di milioni di contadini russi.

 

 

 

In risposta allo stupore di migliaia di scienziati italiani radunati nella Federazione italiana Scienza della Vita, il direttore del dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli, professor Matteo Lorito, risponde chiamandosi fuori, quando in realtà ha aperto il convegno e presentato una relazione dall’eloquente titolo: “La formazione di nuove professionalità per l’agricoltura biologica e biodinamica”. Soprattutto, egli non inorridisce per il fatto che (parole del professor Lorito) “il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, massima espressione della politica nazionale nel settore, ha lanciato un Piano nazionale per lo sviluppo del sistema biologico che introduce ‘Tematiche prioritarie di Ricerca & Innovazione in agricoltura biologica e biodinamica’ e istituisce un ‘Tavolo di confronto con MIUR per definizione di programmi di approfondimento professionale su agricoltura biologica e biodinamica e sperimentazione in due atenei’”. Invece di partecipare con senso di responsabilità civile ad aiutare quel ministero a capire in quale altro garbuglio si è infilato, dice cose non provate (come la presunta diffusione e incidenza di tali pratiche) e scientificamente insensate, come di volere fare ricerca sulla biodinamica per fare chiarezza.

 
Sembra di ascoltare coloro che durante il caso Stamina affermavano che nessuno può dire che in date condizioni, non specificate e che ogni volta cambiavano, le cellule mesenchimali (che generano ossa) non si possano anche trasformare in neuroni dopo iniezione nei pazienti. Certo, nessuno può dire che non si trasformino anche in cosce di pollo. Il metodo scientifico si fonda sul controllo di asserzioni falsificabili e quelle delle teorie biodinamiche non sono, per definizione, falsificabili (si pensi a come controllare la cattura di raggi cosmici da parte di un corno di vacca poi riempito di letame, e misurare l’effetto che lo renderebbe un fertilizzante migliore!) e chi le difende inverte l’onere della prova. Che gli operatori del biodinamico (imprese private), poi, chiedano a università e centri di ricerca di studiare scientificamente le loro pratiche, magari pagando per ottenere avalli che ne favoriscano – si immagina – la diffusione e un ritorno economico non significa che uno scienziato o un dipartimento si debbano prestare. Come lo giustificano agli studenti?

 

Quando ci si trova di fronte a idee strampalate sarebbe utile che tutti, scienziati in primis, applicassero il famoso ragionamento di Bertrand Russell, chiedendosi se queste credenze non siano analoghe all’affermare che una teiera cinese, non visibile col telescopio, stia ruotando in questo momento tra la Terra e Marte, e pretendendo che si dimostri che non è vero, ovvero che non potendolo scientificamente escludere, automaticamente significhi che la teiera esiste. Si renderebbero conto che si cerca di ottenere l’effetto paradossale di rendere meritoria di indagine, o far ritenere verosimile, una credenza assurda e non scientifica. La scienza si occupa di procedure per controllare sperimentalmente le ipotesi. L’unico modo per “discriminare e stigmatizzare con fermezza tutte quelle ipotesi, teorie e pratiche agricole prive della necessaria base scientifica” come si legge sul sito della Federico II in merito al triste “convegno”, è lasciarle fuori dalla porta.

 
Elena Cattaneo, Università di Milano Statale e senatrice a vita

  

Gilberto Corbellini, Sapienza Università di Roma