Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Cattivi scienziati

Due senza tre? Le lamentele per il richiamo vaccinale

Enrico Bucci

Per ogni soluzione cercare un problema e non viceversa. Senza vaccini, questioni come queste sarebbero assenti, mentre malattia e morte sarebbero il nostro principale pensiero

Io comprendo che l’illusione che la scienza e la tecnologia ci possano salvare presentandoci ogni volta una soluzione sia una fra le più pericolose di tutte, che ha già fatto danni a sufficienza e che probabilmente continuerà a farne.

 

Però, qui mi sembra che di fronte a vaccini, farmaci più o meno efficaci, ricerca e sforzi globali, la visione che sta prevalendo sia quella opposta, cercando a tutti i costi di individuare difetti e falle; e se non se ne vedono a sufficienza, si ingigantiscono quelli che ci sono o li si creano da zero.

  

È quello che, per esempio, sta accadendo per quel che riguarda la terza dose di vaccino. I dati dicono che è necessaria. Gli ultimi, su 8.858 individui osservati in Inghilterra, ci dicono per esempio che la protezione dall’infezione conferita dai vaccini è strettamente legata alla presenza di anticorpi contro la proteina Spike; al di sotto di 500 U/mL di anticorpi anti Spike nel sangue, il rischio di infezione è significativamente più elevato. Nel caso del vaccino di AstraZeneca, in media si scende sotto questo livello dopo poco più di tre mesi dalla seconda dose; per il vaccino di Pfizer, dopo circa otto mesi e mezzo.

 

Guardando a precedenti studi, questi dati confermano osservazioni già disponibili anche per il vaccino di Moderna (leggermente migliore di quello di Pfizer) e di Johnson & Johnson (con risultati simili a quello di AstraZeneca); dunque non dovrebbero esservi molti dubbi circa il fatto che, per ostacolare la circolazione virale – un obiettivo importante per diminuire sia le reinfezioni sia l’insorgere di mutanti – è necessario rivaccinare, come si è cominciato a fare in Italia.

  

A questo punto, uno dovrebbe essere grato per il fatto che i nostri sistemi sanitari ci forniscono gratuitamente le dosi supplementari necessarie, e che tali dosi siano disponibili grazie al sistema produttivo mondiale, e andarsi a vaccinare quando possibile e necessario.

  

Invece, sono già iniziate le lamentele circa il fatto che due dosi non siano state necessarie, o circa il numero di dosi che bisognerà iniettarsi magari anche in futuro periodicamente, perché i vaccini “non funzionano”. Certo, si tratta di problemi aggiuntivi per il nostro Sistema sanitario nazionale, che dovrà mantenere in piedi la macchina per la campagna vaccinale, per le nostre finanze di stato, dato che dovremo pagare ulteriori dosi, e per noi stessi, vista la seccatura di dover tornare periodicamente a fare la fila; ma bisognerebbe pur riflettere che, senza vaccini, problemi come questi sarebbero assenti, mentre malattia e morte sarebbero il nostro principale pensiero.

 

È come lamentarsi degli incidenti stradali, adducendone la colpa all’invenzione dell’automobile: certo, senza questa non ci sarebbero i primi, ma il punto è che non esiste atto, invenzione, regola che, anche se usati al meglio, non comportino inevitabilmente dei problemi.

 

Certo, dobbiamo occuparci anche dei problemi che l’uso dell’automobile comporta, e così dovremmo fare per i vaccini: è necessario ovviamente richiedere trasparenza ai ricercatori e all’industria farmaceutica, prezzi onesti da quest’ultima, dati chiari e aggiornati dalle agenzie regolatorie e così via.

 

Non per questo, però, ogni volta che grazie ai progressi della ricerca scientifica ci si presenta un nuovo vaccino, un potenziale farmaco, una nuova possibilità per fronteggiare la pandemia, il cambiamento climatico o qualunque altro problema di scala paragonabile, dobbiamo correre alla ricerca della gabola, dell’interesse nascosto, della fallacia non documentata, dell’errore catastrofico. Di solito, di fronte ai problemi si cercano soluzioni possibili; mi pare che da un po’ di tempo, invece, per ogni soluzione si cerchi un problema.

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