Giovanni Floris, conduttore di "Di Martedì" (LaPresse)

cattivi scienziati

Sono tornati i falsi da talk-show. Parlano di Covid e vaccini, purché si litighi

Enrico Bucci

Ma perché bisogna dibattere nei salotti televisivi di certi argomenti invitando giornalisti, filosofi ed eurodeputati? Poca scienza, molto share

È iniziata la stagione dei talk-show. Lo scopo di questo tipo di trasmissioni è tutto contenuto nella loro stessa denominazione “discussione-spettacolo”. Per aver successo, cioè, è necessario spettacolarizzare una discussione; il che significa che una discussione pacata, tutta basata su numeri, buon senso e informazione, non serve e non funziona. Ecco quindi che si scatenano le comparsate di personaggi le cui affermazioni hanno un solo scopo: accendere il dibattito, in uno spettacolo fine a sé stesso, e più si urla, più enormità si affermano, meglio è, perché il gioco è quello dell’affermazione, della smentita e della contro-affermazione sempre più accese, creando squadre e godendo delle botte che si tirano, con intelligenza, volgarità, acutezza o sarcasmo non importa, basta che scorra il sangue e pazienza per l’effetto che fa a luci spente.

Vediamo alcuni esempi delle cose che abbiamo dovuto sentire. Su La7, l’eurodeputata leghista Francesca Donato cita le reazioni avverse ai vaccini, per giustificare la paura delle persone, invece di rassicurarle. “I rischi ci sono, 84.000 reazioni avverse”, afferma; naturalmente, omette di specificare che il rapporto Aifa cui fa riferimento definisce tali reazioni innanzitutto come sospette (cioè non ancora accertate), ma soprattutto specifica come oltre l’87 per cento di queste sia non grave (esempio: dolore al braccio) e che 84.000 reazioni avverse vanno raffrontate a oltre 43 milioni di dosi somministrate. Dunque, abbiamo meno di 4 segnalazioni di effetti moderati o gravi ogni 10.000 dosi somministrate, e bisogna ancora stabilire fra queste quali siano realmente connesse al vaccino e quali siano invece mere coincidenze temporali. Naturalmente, la rete televisiva sa benissimo chi sia la Donato e quali siano le sue precedenti affermazioni circa i vaccini (si ricordano le sue memorabili dichiarazioni a proposito dell’articolo truffa di Harald Walach sulla mortalità da vaccino, articolo subito ritrattato per frode); eppure, ella è evidentemente indispensabile alla “discussione-spettacolo”.

 

Nella stessa sede, abbiamo anche potuto ascoltare quanto segue: “Bisogna dire la verità. Oggi 71 morti, un anno fa meno di 10” . Anche se la discussione nel caso specifico verteva sulle giuste considerazioni circa il non abbandonare mascherine e distanziamento in determinate condizioni (per esempio, nelle aule scolastiche), l’affermazione in sé è priva di senso, senza far riferimento alla diversa diffusione del virus allora e oggi (per non parlare del resto). Vale invece la pena di ricordare che quei 71 morti in un giorno sono dovuti principalmente alla presenza di molti ancora non vaccinati, visto che, nonostante la maggioranza della popolazione sia ormai pienamente vaccinata, la più parte dei morti è ancora largamente rappresentata da soggetti non vaccinati e, se si guarda per fasce di età, i soggetti non vaccinati muoiono in proporzione molto di più di quelli non vaccinati.  Ancora, sulla Rai abbiamo ascoltato il professor Massimo Cacciari rispondere a Gad Lerner, che chiedeva se l’emergenza causata dal virus c’è o no, che “l’emergenza c’era, ma adesso non c’è più”. Ora, vorrei sommessamente segnalare al professore che quella corrente è ancora un’emergenza sanitaria globale, come potrà desumere per esempio dalla definizione fornita dalle Nazioni Unite o dall’Oms.

 

 

Nemmeno in Italia ne siamo fuori: sono ancora richieste misure straordinarie, visti i milioni di cittadini non vaccinati e l’alta infettività del virus. Guardando agli esempi citati, posso capire che certe frasi sfuggano nella foga della discussione; ma perché bisogna dibattere in un talk show di certi argomenti invitando giornalisti, filosofi ed eurodeputati, invece che in una sede ove sia possibile un approfondimento scientifico dei dati e una loro comunicazione ottimale? Qual è cioè il bisogno di trattare certi temi in contenitori che hanno un certo formato, il quale è pensato per produrre una “discussione-spettacolo”?

L’unica, triste risposta viene paradossalmente fornita proprio da chi di quello spettacolo vive; a celebrazione dei risultati di una delle trasmissioni citate, leggiamo infatti: “6,2 per cento di share per la puntata di ieri. Grazie ai 1.073.000 telespettatori che #dimartedi sono stati con noi!”. Moriremo litigando, e che lo show continui.
 

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