“La città ha bisogno di meno burocrazia e più capitali privati”
"Sembra che Virginia Raggi non riesca a uscire da una gigantesca buca". Parla Gabriele Salini
Roma. “La città sta vivendo un momento molto deprimente. Bisogna aprire all’intervento dei privati. Ma bisogna dar loro l’opportunità di agire, con meno vincoli burocratici e normative più semplici”. Gabriele Salini, 44 anni, è uno dei rampolli della famiglia Salini (Gruppo Salini-Impregilo) che in Italia e nel mondo significa infrastrutture e grandi opere. Cugino dell’amministratore delegato del gruppo, Pietro Salini, Gabriele si è ritagliato una strada diversa: prima occupandosi della gestione del patrimonio immobiliare, poi ha deciso di mettere a frutto la sua grande passione per l’arte e il design per trasformare casa sua in un design hotel, nel pieno centro di Roma.
Siamo a Piazza Pasquino, dietro Piazza Navona, sulla cui statua i romani appendevano le loro invettive anonime contro il potere, il Papa, lo stato. Di fronte è nato il G – Rough Hotel: dieci stanze per un turismo di alto livello. “Io abitavo qui, era casa mia, ma ho voluto realizzare un piccolo hotel dove l’ospite abbia la sensazione di essere andato a trovare un amico, che gli lascia pure i consigli su cosa fare in città. Nel progetto ho coinvolto amici galleristi, artisti e fotografi. Ogni stanza è dedicata a un designer, con un suo oggetto simbolo, come Giò Ponti. Alcuni artisti sono intervenuti durante i lavori di ristrutturazione, lasciando una traccia. Il resto lo fa la vista sulla Chiesa di Sant’Agnese in Agona”.
L’effetto è quello di un art & design hotel quasi intimo, una galleria d’arte diffusa, ma non leccata. Ruvido, Rough, per l’appunto. “Io non so se la classe politica capitolina venga selezionata al ribasso o se le persone appena elette siano affette dal virus dell’incompetenza, ma così non è possibile andare avanti. Anche perché il paragone con le altre città si è fatto insostenibile. Sembra che Virginia Raggi non riesca a uscire da una gigantesca buca. A Roma vorrei avere uno come Beppe Sala. Oppure un commissario che per dieci anni azzeri tutto”, sostiene Salini.
Quindi che si fa? “Occorre dare più spazio ai privati così da muovere investimenti sulla città. Esiste una legge che dà la possibilità a un privato di presentare un progetto per la riqualificazione di uno spazio pubblico, a sue spese. Io ne ho presentato uno per riqualificare Piazza Pasquino (si chiama Parco Scenico), un angolo meraviglioso sommerso dalle auto. Sono passati due anni e ora forse ci siamo. A San Lorenzo abbiamo ristrutturato un palazzo bombardato. Ma quando si entra in un ufficio pubblico ci si scontra con un muro di diffidenza, se non addirittura di fastidio”.
Secondo Salini la ricetta giusta sono i piccoli interventi di arredo urbano. “Si parla molto di periferie, ma anche il centro vive una situazione di abbandono. Dobbiamo evitare che si svuoti di abitanti e botteghe, come Venezia. Quei cestini trasparenti per i rifiuti sono terrificanti”.
Il Comune dice: sono così per il rischio terrorismo. “Ma il pericolo di attentati c’è dappertutto! A Parigi, che ha avuto i suoi morti, obbrobri così non ce ne sono. I bus turistici sono ancora troppi. E poi automobili ovunque. Che fine hanno fatto i piccoli bus elettrici? L’ultimo intervento intelligente è stata la chiusura di Via dei Fori di Ignazio Marino”. Partire dal piccolo per arrivare al grande. “Roma sta perdendo troppi treni, che non ripassano. La città deve pensare in grande, nel mondo il suo marchio, il suo nome, la sua storia hanno un grande valore, più della Ferrari: sfruttiamolo per attrarre investimenti. Ci sono tante manifestazioni interessanti, manca però un grande evento – come la design week a Milano – che per una settimana coinvolga tutta la città. Si potrebbe puntare sull’arte, in tutte le sue declinazioni: dalla street art al teatro, dalla danza alle performance. Le prime notti bianche sono state un successo”.
Non male. “Il vero pericolo è che le migliori intelligenze cittadine, i giovani romani più intraprendenti, vadano altrove. Sta già accadendo e sarebbe la fine”.
Roma Capoccia - Odo romani far festa