I cantieri della Metro C a Porta Metronia (Foto LaPresse)

Città ferma, burocrazia in coma. Certo che calano gli investimenti

Gianluca De Rosa

Martedì grande convegno dell’Acer per un patto sociale tra politica, pubblica amministrazione, imprese e magistratura

Roma. Un patto sociale tra politica, pubblica amministrazione, imprese e magistratura per far ripartire il sistema Italia. L’obiettivo di lungo periodo è eufemisticamente ambizioso. Intanto però l’Ance di Roma, l’associazione di categoria dei costruttori, è riuscita a scalare un primo gradino: mettere intorno allo stesso tavolo illustri giuristi, magistrati, politici e imprenditori. L’evento si svolgerà alle 10 di mattina di martedì prossimo presso l’Aula dei gruppi parlamentari di Montecitorio.

 

Il parterre è di tutto rispetto. Parteciperanno: Guido Alpa, professore di diritto Civile alla Sapienza, Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale, Mario Palazzi, sostituto procuratore di Roma, l’ex ministro e rettore della Luiss Paola Severino e il presidente dell’Ance Gabriele Buia. D’altronde i temi e gli interrogativi che saranno affrontati lo meritano: burocrazia soffocante, bilanciamento delle regole per garantire la lotta alla corruzione senza generare immobilismo, ruolo della giustizia amministrativa tra legalità ed efficienza, metodi per evitare che l’intervento penale mini la fiducia dei cittadini nella realizzazione delle infrastrutture.

 

A introdurre il dibattito sarà Nicolò Rebecchini, presidente dei costruttori romani: “Ogni giorno – spiega – si parla della necessità di far ripartire il Paese partendo dagli investimenti, ogni giorno inefficienze e problemi della burocrazia sono sulle cronache di tutti i giornali, ma quando si arriva al dunque non si fa nulla”. Perché la scelta di chiamare anche i magistrati a questa tavola? “E’ ovvio che i giudici non abbiano alcun ruolo normativo, ma per questo dialogo sono soggetti fondamentali. Chi più di loro conosce questi problemi? Pensiamo che la magistratura possa svolgere un ruolo di stimolo importante”.

 

Rebecchini comunque una sua idea ce l’ha. Il problema, per lui, è l’uso demagogico che si è fatto della lotta alla corruzione. “Negli ultimi 5 anni – dice – si è cercato fortemente di combattere la corruzione attraverso norme repressive. È stata debellata? L’Italia è ripartita? La risposta è no. Intanto si sono bloccati gli investimenti”. Per il presidente dell’Acer semplificazione, chiarezza delle regole e trasparenza sono gli unici veri strumenti contro la corruzione e per lo sviluppo: “Perché lì dove c’è un blocco di procedura il più scaltro, sia esso un funzionario pubblico o un imprenditore, trova il modo di aggirare l’ostacolo”. C’è poi la burocrazia difensiva. “È l’altra faccia della medaglia – sostiene – il burocrate non si sente protetto dallo Stato nell’applicazione delle sue competenze e si difende non facendo. Se devi rischiare più del lecito perché hai paura di una regola poco chiara in fondo come ti si può biasimare? Così però si evita la corruzione, ma il Paese rimane fermo”.

  

Il presidente dell'associazione dei costruttori romani (Acer), Nicolò Rebecchini (Foto LaPresse)


 

È quello che secondo lui (e non solo) è accaduto a Roma con la scelta della sindaca Virginia Raggi di non ospitare le Olimpiadi: “Non fare per paura di fare. Adesso la città sta meglio?”, si chiede retoricamente. E il timore è che Roma sia la punta dell’iceberg e il simbolo dei problemi del paese. Non a caso il convegno è intitolato “Sfida Capitale”, una polisemia e allo stesso tempo un’allusione a Mafia Capitale, l’inchiesta che, sostiene Rebecchini: “Nasce da una situazione dalla quale bisognava uscire e che ne ha creata un’altra molto grave che è sotto gli occhi di tutti: una paralisi e un ingessamento totale delle procedure amministrative”.

 

Il problema però nasce prima: “Nella capitale – prosegue il presidente dell’Acer – da anni non si riesce a trasferire quel senso di tranquillità sulla gestione dei processi sui progetti importanti. Si ha la percezione che non si riesca a portarli mai fino in fondo. Questo ha bloccato gli investimenti, eppure oggi Roma sarebbe attrattiva perché è per così dire ‘in svendita’”. In fondo la domanda che si fa il presidente dei costruttori romani sorge spontanea: “Che differenza c’è tra Roma e Milano? Obiettivamente siamo lo stesso Stato e abbiamo le stesse regole e perché lì sono ripartiti e noi no?”. In cerca della risposta negli uffici capitolini c’è già chi scherza dopo che il Comune di Milano ha avviato l’iter amministrativo per rifare lo stadio San Siro: “Vuoi vedere che finiscono prima di quando qui si metterà la prima pietra a Tor di Valle?”. 

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