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Lombardi boccia la Capitale: “Torino è un sogno rispetto a Roma”

Valerio Valentini

Parla la leader del M5s in regione: “Tiberis? Una tristezza”. E poi su Salvini dice: “Finora solo chiacchiere”

Roma. La preferenza la esprime quasi d’istinto, in un moto di spontanea desolazione. “Torino è una città da sogno, rispetto a Roma”. Roberta Lombardi lo dice per ribattere a una nostra obiezione, pure quella sconsolata. “Governiamo il paese da tre mesi, dateci tempo”, dice lei. “Abbiamo ricevuto – aggiunge – un’eredità pesante da chi ci ha preceduto”. Non ci dica così, la si prega. Non ci dica che per cinque anni dovremo sentirci ripetere quel ritornello sui governi precedenti e i loro disastri tanto cari a Virginia Raggi e Chiara Appendino. Arriva qui, la messa in guardia della Lombardi sull’inopportunità del paragone: “Torino è un sogno, al confronto con Roma. Qui davvero sono stati fatti disastri, da chi ci ha preceduto”. Torino non ha Tiberis. “Cioè?”. La spiaggia sul Tevere: non ci è andata? “No, le spiagge sul fiume mi fanno tristezza”.

 

Meglio i posti esotici, tipo il Guatemala di Alessandro Di Battista? “Dovevo andarci anch’io, da quelle parti, qualche anno fa. Avevo programmato le immersioni nel Great Blue Hall, in Belize. Avevo pure comprato il biglietto aereo con mesi d’anticipo. Poi scoprii di essere incinta, e non se ne fece niente”. Per il resto, alla capogruppo del M5s in Lazio le comparsate televisive del Dibba dal Centro America suscitano solo pensieri positivi. “Ale è rimasto quello che era: un attivista con gli occhi aperti sul mondo. Del resto, noi della vecchia guardia – dice la capogruppo del M5s in regione Lazio – abbiamo sempre coltivato uno spirito critico, seguendo l’insegnamento di Beppe e Gianroberto”. Come a dire, dunque, che invece le nuove leve tendono un po’ troppo all’obbedienza passiva? “Come a dire – corregge lei – che gli obblighi di governo costringono spesso ad accettare dei compromessi”.

 

La Tap che si farà, la Tav che alla fine pure, l’Ilva che doveva essere chiusa, e invece no. “Siamo al governo da tre mesi, dateci tempo”. Gli attivisti di Taranto e di Melendugno, non ve ne danno: e anzi vi gridano che siete dei traditori. “Hanno ragione, li capisco. Ma quando si guida un paese, non è facile fare tutto quello che si vorrebbe, e farlo subito”.

 

Ma voi su questo cambiamento vi state giocando tutto: non sarà che è anche per questo che la Lega vi sta mettendo in difficoltà? “Se guardo alla percezione generale alimentata da giornali e tv, sì. Se guardo ai fatti, mi pare che dai ministeri guidati dalla lega non è ancora uscito alcun provvedimento degno di nota. Salvini ha scelto di giocare su un campo più semplice: a lui basta tenere cento migranti bloccati su una nave per dare l’idea che la musica è cambiata. Ma al di là della propaganda, aspetto di vedere la Lega davvero al lavoro. Ricordo i deputati del Carroccio alla Camera, nella scorsa legislatura: erano pochi, ma erano uomini del fare. Non vorrei dover constatare che il leghismo è diventato chiacchiere e distintivo”.

 

E Di Maio? “Si è preso un compito difficilissimo ma sta facendo bene”. A Palazzo Chigi ha chiamato, come collaboratori, Max Bugani, Valentina Corrado e Ignazio Corrao: tutta gente che ricopre già altre cariche elettive. “Io resto convinta che sia meglio fare una cosa per volta. Ma è normale che quando si governa si preferisca circondarsi di persone di massima fiducia”. Lo dicevano anche gli altri: quelli della vecchia politica. “Noi siamo diversi”. Voi, ad esempio, siete per la democrazia diretta. Ma Rousseau langue. “Rousseau ha enormi margini di miglioramento. Ma è un esperimento unico al mondo”. Dovevate farne la vostra agorà: i progetti di legge presentati lì dai parlamentari sono pochissimi. “Quando eravamo all’opposizione, potevamo andare su Rousseau a piantare le nostre bandiere. Ora, stando al governo, la realtà cambia. Ai genovesi, dopo il crollo del ponte Morandi, non potevamo mica chiedere di aspettare il voto su Rousseau, prima di fare un decreto”. E proporre la nazionalizzazione delle Autostrade. “Non credo sia necessario nazionalizzare tutto: credo che ci siano soluzioni di compromesso, con una compartecipazione tra pubblico e privato, che possano andare bene. L’importante è che gli oneri e i profitti siano equamente ripartiti”.

 

In regione si vota il bilancio, in questi giorni. “Sarà il banco di prova per Nicola Zingaretti. Se accoglierà alcune nostre proposte, prima fra tutte quella del taglio dei vitalizi agli ex consiglieri, allora si dimostrerà una persona seria. Altrimenti, sarà evidente che cercava solo i nostri voti, e non la nostra collaborazione. E a quel punto trarremo le nostre conclusioni”. E sui rifiuti? Roma annaspa in una emergenza cronica. “C’è un avvilente rimpallo di responsabilità tra Regione e Comune, me ne rendo conto. Ma, resto convinta, è Zingaretti a non voler procedere col nuovo piano”. Lui dice che è la Raggi, come sindaco della Città metropolitana, che non indica soluzioni valide per smaltire l’immondizia romana. “E il Tar però dice che lui ha torto. In ogni caso, nel frattempo è partita una cabina di regia sotto la guida del ministero dell’Ambiente e a novembre si attendono le decisioni finali”. Attendiamo fiduciosi. Nel frattempo, che fare col tmb di via Salaria? “La situazione è drammatica. Ma Giovanni Caudo, che ora da presidente del Terzo municipio pontifica, dovrebbe ricordarsi dei guai causati dalla giunta Marino, di cui lui era assessore”. Non mi ha risposto. “Guardi, sento molti invocare una chiusura immediata dell’impianto è impraticabile, e anche Christian Raimo, che da responsabile della Cultura nel municipio ora fa propaganda, lo sa. Bisogna trovare soluzioni alternative: e sono sicura che al Comune ci stanno lavorando”.