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Reportage dalla Borgata Ottavia, casa di Virginia Raggi

Gianluca De Rosa

Al bar, dove la sindaca fa colazione, sono divisi nel giudizio. Ma il quartiere ha la sua buona dose di orrori

Roma. Ai tempi di Alemanno sindaco a Roma nord circolava una leggenda. Si diceva che alla Balduina, quartiere del sor Gianni, le strade venissero riasfaltate con una solerzia mai vista. Maledicenze o meno, di Ottavia, la borgata di Virginia Raggi, oggi non si potrebbe dire la stessa cosa. Anzi. Il borghetto sulla via Trionfale, stretto tra via Casal del Marmo e il bordo più nord occidentale del Gra, è una metafora quasi perfetta dei problemi della Capitale. Strade a groviera, marciapiedi disegnati dalle crepe, erbacce, e monezza. Ovviamente. Non è il degrado delle vere periferie, ma quello più leggero, soffuso eppure diffuso che sporca tutta la città, quasi senza eccezioni e che, in alcune zone del quartiere, si rivela nella bruttura di un parco ridotto a discarica o nella tristezza desolante di una strada non percorribile.

 

Scendendo dalla stazione del trenino FL3 e percorrendo via Casal del Marmo si raggiunge subito la scuola materna che fu frequentata dal figlio della sindaca. Accanto c’è un bar. Qui, spesso, la Raggi si ferma prima di andare in Campidoglio. “Viene a fare colazione e pagare le bollette, è passata anche questa mattina”, racconta la titolare Tiziana Wyss, quarantanove anni. Quando le chiediamo che cosa pensa della sindaca. ridacchia, con una limatura di sorriso. “Io non l’ho votata – dice – però devo dire che quando è qui, la sindaca è sempre disponibile con tutti. Anche con la gente che le chiede le cose in modo poco educato. E’ una persona normale”.

 

“Di certo è più normale degli altri”, aggiunge Maurizio Nazzetti, cinquantacinque anni, cliente del bar. “Mica è Alemagno”. E’ soddisfatto? “Abbastanza perché ha fatto tanto, nun se dice, ma è così. Poi c’è la monnezza, ma è corpa der popolo. Lei li zozzoni li multa”. Intanto fuori dal bar sulle sedie colorate una combriccola di signori anziani e sorridenti vuole dire la sua. C’è Enrico “er cartografo” (di lavoro faceva rilievi arerofotogrammetrici), settantanove anni, fisico atletico, che fa da capo del gruppo: “Questo è ‘Carlo er Capoccione’, settantacinque anni, lui Ottorino ‘er Tuttofare’, settanta anni, e lui è il ‘Maestro’, ‘Mariuccio er Giovinetto’, novant’anni. “Io l’ho votata”, ammettono tutti. Tranne Ottorino: “Io non non mi fido. E’ del quartiere, ma si è sempre vista poco, mica come Alfredo Campagna (presidente M5s del Municipio XIV, ndr) che è nato e cresciuto qui. Lui l’ho votato che sì”.

 

Accanto al bar c’è un giardino, il giardino Paradiso, che pare l’inferno. Una ringhiera bianca completamente divelta, un tappeto di rifiuti, bidoni stracolmi e un’altalena distrutta. “Ogni volta che viene – spiega “Enrico er Cartografo” – le chiediamo se fa qualcosa. C’è un problema con un vecchio esproprio, ma fatto sta che è ’na schifezza”. Però avete la raccolta porta a porta dei rifiuti, pare funzioni. “Funziona? – ci guarda sgranando gli occhi “er Capoccione” – fateve un po’ un giro su via Tarsia va…”.

 

E allora svoltiamo su via Tarsia. La raccolta differenziata porta a porta, introdotta qui da Marino, evita i cassonetti stracolmi, ma crea un devastante effetto di sporcizia diffusa, a causa del mancato spazzamento, ancor più necessario quando in giro non ci sono cestini. E così marciapiedi e strade sono un continuo di cartacce, pezzi di plastica e aghi di pino. Su via Lucchina, la più bella del quartiere, con ville piene di pini e nani da giardino, c’è addirittura un gatto morto, coperto per rispetto da qualcuno con uno strofinaccio.

 

Su Via Esperia Sperani, nella parte più popolare del quartiere, dove le villette diventano condomini identici e affiancati l’uno all’altro, c’è un parco giochi, dove, nel 2013, l’allora consigliera comunale Virginia Raggi denunciava ci fossero vetri sugli scivoli in un parco tutto sommato ben curato. L’estate scorsa un militante del Pd tornò lì per mostrare gli effetti di due anni di cura Raggi: una giungla.

 

Sotto un gazebo, un gruppo di mamme tutte in canotteria e panta-collant neri. “Io l’ho votata – dice una – ma qui mo è pure peggio. Quella s’è rifatta caruccia tutta la zona sua e qui ha lasciato lo schifo”. Però ora in questo parco c’è l’erba tagliata, proviamo a replicare “E’ ci credo l’ha tagliata mio marito!”.

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