La Scala virtuale

Teatro e musica possono vivere col lockdown. Basta pensarci in tempo. Il progetto con Google Arts & Culture

Maurizio Crippa

“E vo’ cantando pace! E vo’ cantando amor”. Così chiude il baritono in una celeberrima aria del Simon Boccanegra di Verdi, un must entusiasmante della storia della musica. Ma vedere e ascoltare novantadue tra solisti, coristi e orchestrali della Scala eseguire il concertato del Boccanegra, ognuno da casa sua, ognuno dal suo lockdown è una grande emozione, e offre una grande speranza. Non una certezza, non è il tempo delle certezze, ma una speranza, anzi un’indicazione di metodo, sì: che la cultura, l’arte, e persino quella complicatissima macchina scenica che è la musica lirica e la tecnologia digitale possono convivere, anzi aiutarsi. E funzionare. Basta prepararsi, e bene, per tempo. Il video del Boccanegra da remoto, cinque minuti perfetti e senza sbavature, è stato presentato ieri – da Vienna in una conferenza stampa online – da Dominique Meyer, dal marzo scorso direttore generale e direttore artistico del Teatro alla Scala, per presentare la messa online dei suoi tesori d’archivio (fotografie, costumi e altro) attraverso un progetto realizzato in partnership con Google Arts & Culture. Progetto perfetto, e provvidenziale, per la chiusura da pandemia, ma ovviamente partito molto tempo prima. Google Arts & Culture è uno spazio online che dal 2011 permette di “esplorare” il patrimonio d’arte e cultura di oltre duemila istituzioni culturali di ottanta paesi. Si va dalle visite virtuali di mostre a gallery visitabili con le tecnologie della realtà virtuale.

 

La Scala ha trasferito su questo sito una parte cospicua del patrimonio accumulato in 250 anni di storia: più di 240 mila foto, 1.200 immagini provenienti dal suo museo (chicca da riscoprire, quando sarà possibile) e 16 mila documenti musicali. Inoltre è stata organizzata una mostra di dodici costumi storici fotografati con Art Camera. Si tratta di una fotocamera creata dal team di Google Art & Culture con cui è possibile osservarli ad altissima definizione e con cui “si vedono i più piccoli dettagli di ogni costume”, per usare le parole di Meyer. “Un progetto unico nel suo genere”, ha spiegato Luisella Mazza, responsabile delle operazioni globali di Google Art & Culture. Grazie alle tecniche di street view ad altissima definizione, viene messa a disposizione una visita completa del teatro del Piermarini, (oltre 20 mila metri quadrati, una bella passeggiata) che consente l’accesso ai luoghi solitamente vietati al pubblico, il palcoscenico, la buca dell’orchestra e persino una inedita visione dalla buca del suggeritore. Nonché un viaggio nel Laboratorio Ansaldo dove nascono le scenografie delle opere. Anche prima che il coronavirus rendesse indispensabile tutto ciò che è virtuale, la Scala aveva scommesso su questa nuova modalità di conoscenza e fruizione, consapevole che la cultura evolve inesorabilmente, e si globalizza, se non vuole diventare archeologia.

 

Il mondo della cultura “in presenza”, dai teatri ai musei alla musica, sta sperimentando di tutto, spesso anche con buoni risultati, per superare i rischi mortali (anche economicamente) del lockdown. E, assieme alle sperimentazioni, fioriscono le domande e anche i dibattiti estetico-teorici a proposito delle nuove modalità di fruizione online. Lo spettro delle posizioni va dagli estremisti del “presenza solo presenza”, come l’attore (gran milanese) Paolo Rossi, che ha detto, non sbagliando del tutto, che “i teatri erano chiusi anche prima” e occorre tornare a un teatro fatto per e in mezzo alla gente, a chi ritiene che i nuovi mezzi creeranno la loro nuova estetica, e la percezione, come l’intendenza, seguirà. Il progetto della Scala (e anche l’intima convinzione del suo direttore artistico e di tutti gli artisti) non è certo quello di annullare la magia unica della presenza della musica – del resto la Scala ha già annunciato, appena sarà possibile, a settembre, la sua riapertura con il Requiem di Verdi diretto da Riccardo Chailly per commemorare le vittime del Covid – ma è piuttosto una terza via. Bisogna utilizzare al meglio ogni possibilità, senza aver paura del futuro.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"