Charles Michel e Ursula von der Leyen (foto LaPresse)

La crisi può accelerare le riforme. I giusti paletti delle condizionalità

Pier Carlo Padoan

Mes, Sure, Bei, Recovery fund. L’Italia deve usare ogni strumento europeo

Nel dibattito sui meriti degli strumenti (europei) disponibili per fronteggiare la crisi (Mes, Sure, Bei, Recovery fund, oltre al mobilizzo dei fondi per la coesione e escludendo la Bce) si sentono argomenti relativi alla preferibilità di uno strumento rispetto a un altro in base a quante risorse sarebbero disponibili per l’Italia, a quali condizioni di utilizzo (condizionalità o meno) e di rimborso (durata, prestiti o contributi a fondo perduto). L’idea sottostante, anche se non sempre compresa, è che questi strumenti siano, almeno in parte, sostitutivi. In realtà sono in gran parte complementari, servono a raggiungere l’obiettivo comune – uscire dalla crisi – aggredendola da angoli diversi. Ed è bene che sia cosi perché la gravità della crisi è tale che l’Italia non può permettersi il lusso di rinunciare a nessuno di essi. Diventa cruciale allora capire in base a quali meccanismi i fondi mobilizzati da ciascuno strumento sarebbero allocati tra i diversi stati e a quale destinazione indirizzati. 

 

La Bei dovrebbe attivare garanzie per investimenti a piccole e medie imprese fino a un massimo di 200 miliardi. I criteri allocativi seguirebbero in parte criteri per paese, ma saranno cruciali i criteri legati alla qualità dei progetti presentati per il finanziamento. E’ logico attendersi che prevarranno criteri legati alla crescita sostenibile, in coerenza con il Green Deal sostenuto dalla Commissione. Il Mes dovrebbe concedere prestiti di durata decennale a un costo molto inferiore al valore di mercato fino a un massimo del 2 per cento del pil del paese richiedente (36 miliardi per l’Italia). E solo per questa ragione si tratta di un’opportunità assai interessante per un paese ad alto debito come l’Italia. I fondi, come è noto, sarebbero concessi con un’unica condizione, che siano utilizzati per migliorare con interventi diretti e indiretti la funzionalità del settore sanitario. Questo presuppone che il paese beneficiario sia anche in grado di attivare con queste risorse un programma strutturale di ampia portata di riforma della sanità, sia in termini di gestione dell’emergenza che in termini di rafforzamento strutturale della ricerca e della prevenzione. Un compito tanto impegnativo quanto necessario. Gli stanziamenti sarebbero generosi e una parte delle risorse potrebbe essere destinata agli investimenti per la sicurezza delle condizioni di lavoro all’interno delle imprese. Ma occorre un piano. Un contributo in questa direzione viene dal piano in corso di elaborazione dalla associazione Minima Moralia.

 

Il Sure, il meccanismo di sostegno al mercato del lavoro potrebbe mobilizzare, anche attraverso l’emissione di titoli da parte della Commissione europea con garanzia dei paesi membri, fino a 100 miliardi, tra i 18 e i 37 miliardi per l’Italia, a un costo molto più basso di quello di mercato. I criteri di allocazione sono ancora da definire, ma è evidente che si terrà conto dello stato di crisi dei mercati del lavoro. Sarebbero risorse aggiuntive agli ammortizzatori sociali nei bilanci nazionali. Pur essendo strumenti di emergenza sarebbero assai utili per evitare che l’impatto della crisi sul mercato del lavoro lasciasse ferite permanenti e tali da richiedere interventi di natura strutturale.

 

Infine il Recovery fund. Bisogna aspettare la proposta della Commissione per avere dati più precisi ma, al di là della dimensione dello strumento, sembra prevalere un criterio di utilizzo dei fondi (contributi a fondo perduto e prestiti a lungo termine?) di tipo redistributivo. Dai paesi più forti ai paesi più deboli e più colpiti dalla crisi. C’è da aspettarsi (e da augurarsi) che si terrà conto dei progetti concreti che i paesi saranno in grado di presentare, ma anche dei piani di riforma che i governi credibilmente potranno sostenere. Si tratta del ben noto tema degli incentivi alle riforme. Incentivi che sono deboli anche quando le riforme sono assai necessarie. E’ noto che le crisi spesso fungono da spinta a questi incentivi. E’ importante allora che si approfitti della crisi per sostenere il consenso in favore delle riforme.

 

In conclusione: investimenti delle Pmi nella crescita verde, investimenti in un piano per la sanità, risorse per il mercato del lavoro, risorse (magari a fondo perduto) per le riforme. Sono tutti obiettivi necessari per sconfiggere la crisi, che richiedono strumenti diversi. Ma soprattutto richiedono capacità di spesa e di riforme da parte dei governi. Gli obiettivi, se raggiunti, si rafforzano a vicenda. Anche gli strumenti producono effetti che portano sinergie e spillover positivi, per non parlare della interazione tra livelli nazionali ed europei delle politiche. L’azione della Bce intanto compra tempo per reagire all’emergenza. Ma la politica monetaria non può sostituire indefinitamente la politica di bilancio e le misure strutturali. Chi lo afferma sta semplicemente fuggendo dalla realtà. Ci servono tutti gli strumenti.

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