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Giambattista Vico raccontato da Marcello Veneziani sia di consolazione a noi crepuscolari

Camillo Langone

L’autore della “Scienza nuova” fonde religione e filosofia. E profezia. “La natura dei popoli prima è cruda, poi severa, quindi benigna, appresso delicata. Infine dissoluta e distruttiva”: ecco la parabola di ogni civiltà e perciò anche dell’occidente oggi al tramonto

“Ogni civiltà ha il suo tramonto, ogni epoca ha la sua barbarie”. Ora che siamo assaliti dai ricorsi storici, innanzitutto Gaza, già assediata nel Primo libro dei Maccabei, poi i tagliagole ululanti “Allah akbar”, vecchio classico mediterraneo, è il momento giusto per farsi suggestionare dalla biografia di colui che i ricorsi storici ha teorizzato: “Vico dei miracoli” di Marcello Veneziani (Rizzoli). E’ la vita un po’ romanzata e napoletanamente accentata del “più grande pensatore italiano”, Giambattista Vico appunto. Veneziani ne sottolinea l’essere controcorrente: “Vico è avverso al suo secolo e a quel processo che poi si chiamerà secolarizzazione”. L’illuminismo opporrà la ragione alla religione mentre l’autore della “Scienza nuova” fonde religione e filosofia. E profezia. “La natura dei popoli prima è cruda, poi severa, quindi benigna, appresso delicata. Infine dissoluta e distruttiva”: ecco la parabola di ogni civiltà e perciò anche dell’occidente oggi al tramonto, con i barbari alle porte e dentro le porte. La visione vichiana della storia, ciclica, sia di consolazione a noi crepuscolari: tutto sembra stia per finire ma qualcosa, in qualche modo, ricomincerà.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).