Giuseppe Ungaretti tra Mario Schifano e Corrado Cagli (LaPresse) 

preghiera

Lo spinello di Ungaretti

Camillo Langone

Persino il poeta, all'età di ottantun anni, fumò marijuana. Cosa dedurne? Tra le altre cose, che la guerra statale contro la cannabis ha un rapporto costi/benefici assurdo: il suo slogan potrebbe essere "Ossessione e Sproporzione"

“A New York con una bellissima ragazza ebrea, un altro giovane ed un’altra bellissima ebrea, nell’appartamento della prima ho fumato marijuana. Non mi ha fatto niente, proprio assolutamente, e non capisco perché la fumino. Ma la ragazza era voluttuosa”. È Giuseppe Ungaretti in una lettera del 1969 che scopro in un piccolo libro presumo introvabile, “Giuseppe Ungaretti. Gorizia e il Carso” (a cura di Gianfranco Trombetta).

  

Cosa ne deduco? Innanzitutto che è possibile conoscere e sperimentare fino all’ultimo (all’epoca il poeta aveva ottantun anni, morirà l’anno dopo). E poi che la guerra statale contro la cannabis, che da un mucchio di anni porta un mucchio di gente in galera e sottrae un mucchio di soldi al contribuente, ha un rapporto costi/benefici assurdo: il suo slogan potrebbe essere “Ossessione e Sproporzione”. (La presente guerra statale contro il virus potrebbe avere lo stesso motto: il Covid è più letale delle canne, chiaro, ma nulla, mai, giustifica la hybris).

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).