Ansa

Ambizione contro ambizione

Elly e Salis, dissimulazione onesta. La sindaca prepara un database elettorale, la segretaria teme

Salvatore Merlo

Due figure dello stesso campo, due destini che s’incrociano, e un solo spazio disponibile per la leadership. Salis costruisce la sua mappa, Schlein la sua morale. Entrambe dissimulano, con grazia e convinzione. E alla fine, come sempre nella sinistra italiana, l’unità è salva, in apparenza

Non è certo un Eva contro Eva quello che divide Elly Schlein e Silvia Salis, ella, cioè Elly l’ha negato ma la smentita – povera lei – è risultata una conferma. Perché la competizione, come l’attrazione, non esiste mai finché qualcuno non la nega. E nella negazione, eccola che prende forma: due figure dello stesso campo, due destini che s’incrociano, e un solo spazio disponibile per la leadership del centrosinistra. Ambizione contro ambizione. Salis, ex campionessa di lancio del martello e oggi sindaca di Genova, ha lanciato una raccolta firme online intitolata “Promuoveremo educazione, affettività e rispetto”, per introdurre l’educazione sentimentale contro la violenza di genere nelle scuole italiane. Una buona battaglia civile. Ma anche, dicono i suoi, un modo per “tenere insieme i contatti”. Non solo firme: dati. Un indirizzario elettorale, un piccolo catasto del consenso. Ieri sera, in mezza giornata, avevano già firmato 4.619 persone. Qualcuno nel suo entourage – e tra questi il marito Fausto Brizzi, instancabile regista anche delle sue brame – lo spiega così agli amici: “A Silvia devono chiedere di fare la candidata premier, com’è avvenuto per la candidatura a sindaca di Genova. No primarie”. Lo pensa pure Dario Franceschini, dicono.

 

E’ l’idea del predestinato, quella di Silvia Salis. O meglio, della predestinata: e si comincia con una raccolta dati. Un modello che viene da lontano. Nel 2012, Obama vinse la rielezione a presidente degli Stati Uniti costruendo la più grande banca dati elettorale della storia. Nomi, gusti, quartieri, abitudini, fino al colore del divano. Ogni elettore era un profilo. Al quale mandare un messaggio diretto, e personale. In piccolo, Salis sogna la stessa cosa: la mappa dei suoi potenziali elettori. Una rete che oggi raccoglie firme (e indirizzi mail) per l’educazione sentimentale, e domani – chissà – firme per la leadership. Sulla sua strada, però, c’è Elly Schlein. E la competizione, pur accuratamente negata, comincia a lasciare tracce. Ieri mattina Jasmine Cristallo – militante calabrese, attivista amicissima di Schlein, e spesso usata come cassa di risonanza del suo messaggio – ha criticato Salis su Instagram dicendo all’incirca che “il suo è un femminismo vecchio”. E’ in questi piccoli segnali, in questi dettagli apparentemente laterali, che la politica lascia le sue impronte digitali. Sicché Schlein, per disinnescare la tensione, ha risposto così a Emiliano Fittipaldi: “Questo è un gioco molto diffuso nelle società patriarcali: mettere donne contro altre donne nonostante abbiano dimostrato di saper lavorare di squadra”. Una frase perfetta per il tempo presente. Solenne, inafferrabile, sociologica.

 

Dove un tempo i leader coprivano la rivalità con la battuta, oggi la si copre con una parola magica. Patriarcato. Già nel 1641 Torquato Accetto spiegava, nel suo “Trattato della dissimulazione onesta”, che è lecito rovesciare in pubblico i propri pensieri per convenienza. E la politica italiana ne ha sempre fatto arte. I più grandi rivali negavano, dissimulavano appunto. “Romano è il nostro leader e vinceremo insieme”, diceva Massimo D’Alema. “Quando mi dicono che D’Alema mi sostiene, tocco ferro”, rispondeva Romano Prodi. “Piena sintonia tra me e Renzi”, annunciava Enrico Letta poco prima di essere accoltellato da Matteo Renzi per il trono di Palazzo Chigi. Oggi invece non si tocca ferro: si tocca il patriarcato. Il risultato è una nuova forma di ipocrisia, aggiornata e ben pettinata. Dove una volta si metteva la tovaglia sulla lama, oggi la si copre con la categoria sociologica. La versione gender dello “stai sereno”. Ma la sostanza non cambia.

 

Salis continua a raccogliere firme e dati, mentre anche Dario Franceschini pensa che non sarebbe male tirarla fuori all’ultimo minuto, prima delle elezioni, e candidarla “senza primarie”. Schlein invece continua a raccogliere simboli, concetti e sospetti. La prima costruisce la sua mappa, la seconda la sua morale. Entrambe dissimulano, con grazia e convinzione. E alla fine, come sempre nella sinistra italiana, l’unità è salva, in apparenza. Ciascuna contro l’altra, ma insieme contro chi glielo fa notare. Il patriarcato ringrazia.

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.