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dietrofront

Sul Pnrr torna a decidere Meloni. Lunedì il decreto va in Aula

Giorgio Santilli

Un emendamento votato in commissione Bilancio alla Camera riporta le competenze sul Next Generation Eu dal ministro Fitto a Palazzo Chigi. Un segnale al governo

Deve essere sembrato davvero troppo, al limite del delirio di onnipotenza, agli amici (di governo e di partito) e ai nemici quel comma dell’articolo 2 del decreto legge Pnrr che attribuiva al ministro dell’Europa, del Sud e del Pnrr, Raffaele Fitto, il potere di proporre al Consiglio dei ministri il commissariamento, tramite l’esercizio di poteri sostitutivi, delle amministrazioni in ritardo con i progetti Pnrr. Indicazione tecnica dagli uffici di Palazzo Chigi e indicazione politica di Fitto al Cdm per attivare, appunto, i poteri sostitutivi, diceva il decreto legge 19. Fatto sta che all’unanimità la commissione Bilancio della Camera,  votando un emendamento proposto nello stesso testo da molti gruppi parlamentari, ha mandato un segnale al ministro di rientrare nei recinti istituzionali. La valutazione istruttoria sull’esercizio dei poteri sostitutivi è tornata così alla cabina di regia del Pnrr e la decisione politica delicatissima di andare avanti, sfiduciando amministrazioni di ogni ordine e grado, è tornata al titolare per eccellenza dei poteri sostitutivi, il presidente del Consiglio.

Sarà Giorgia Meloni ad assumere la decisione formale e starà a lei decidere quanto spago dare al ministro Fitto in questo atteggiamento che sta a metà strada fra accentramento, atteggiamento punitivo e voglia di rivoltare continuamente il Pnrr e il suo fratello minore, il Piano nazionale complementare, vittima sacrificale del decreto con i suoi 30,6 miliardi. Sarà Meloni a decidere se strappare o meno con ministri, governatori, sindaci, società pubbliche quando sarà evidente che saranno in ritardo rispetto ai programmi Pnrr. Ieri il decreto legge ha fatto un passo avanti con l’approvazione in commissione. Lunedì in Aula. La maggioranza è riuscita a evitare, almeno in apparenza, che un provvedimento portatore di tante tensioni deflagrasse. Lunedì nell’Aula di Montecitorio comincerà la parte più politica, con i big dei partiti a dire la loro, ma per ora non sono esplose questioni delicatissime come  lo smantellamento del Pnc (che significa andare a dire a Matteo Salvini che gli saranno sottratti un bel gruzzolo di milioni e forse miliardi cancellando le opere in ritardo con gli appalti di sua competenza), il definanziamento degli ospedali su cui la tensione fra Fitto e i Governatori era alle stelle (Fedriga, non De Luca), la patente a crediti che rende nervose le imprese di costruzioni su cui grava l’attuazione del Pnrr.

 

Lunedì secondo round, ma è un successo per il governo e la maggioranza aver posto le basi in commissione per rinviare gli scontri peggiori a dopo le elezioni. Volentieri la maggioranza in commissione Bilancio ha assecondato l’emendamento, in origine Pd, di rinviare la resa dei conti sul Pnc da aprile ai 2-3 mesi successivi. Si sposta avanti di almeno un mese l’avvio di questo processone che porterà le amministrazioni a documentare lo stato dell’arte, giustificarsi rispetto alle tirate d’orecchie di Fitto e Giorgetti, presentarsi alla commissione d’esame che dirà se cancellare o meno un’opera, essere esposte a una condanna pubblica con la segnalazione sul sito Pnrr. Nello stesso emendamento anche l’obbligo per Fitto di ascoltare le amministrazioni responsabili prima di decidere, per evitare il pasticcio già visto con il Pnrr di cancellare progetti in stato avanzato di attuazione.

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