il leghista arginato

Meloni mette in riga Salvini sul caso dossieraggio: no alla commissione d'inchiesta

Ermes Antonucci

Sugli accessi abusivi alle banche dati continuerà a lavorare la commissione Antimafia, che intanto ha in mente di audire il ministro Crosetto, l'editore Carlo De Benedetti e il giornalista Fittipaldi

Per il momento la cintura di “contenimento” posta dal governo attorno a Matteo Salvini sta funzionando. Il leader della Lega ha deciso di incentrare tutta la sua campagna elettorale permanente sullo scandalo “dossieraggio”, dal quale – dice – è emerso che “la Lega fosse il partito più spiato”. Per questo aveva cominciato a chiedere in maniera tambureggiante l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta ad hoc. Il vittimismo come strategia  per risollevare il partito. Meloni ha detto “no”: si prosegue con la commissione Antimafia, che si è già attivata sulla vicenda. Salvini si è adeguato (per ora). Ma quanto durerà? 

 

La svolta è giunta lunedì sera, dopo che la premier ha ribadito la sua totale contrarietà alla proposta, avanzata dal Guardasigilli Carlo Nordio (all’insaputa di Palazzo Chigi) e subito condivisa da Salvini, di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sugli accessi abusivi alle banche dati. I lavori della commissione si sovrapporrebbero a quelli della commissione Antimafia (presieduta da Chiara Colosimo, fedelissima di Meloni), che già si è attivata sullo scandalo della Direzione nazionale antimafia, ascoltando in audizione il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e il procuratore di Perugia Raffaele Cantone. I tempi necessari per l’istituzione di una nuova commissione, inoltre, sarebbero rilevanti. 

 

Dalla presa di posizione della premier è scaturita una nota congiunta dei capigruppo di Camera e Senato di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega in cui si indica la commissione Antimafia come la strada maestra da seguire sul piano politico attorno alla grave vicenda del dossieraggio, mentre si rimanda a un momento successivo l’eventuale istituzione di una commissione d’inchiesta. Concetto ribadito ieri proprio da Meloni: “Oggi sta lavorando la commissione Antimafia, che ha poteri di inchiesta. Bisogna vedere dove riesce ad arrivare la commissione Antimafia, poi valutare se c’è bisogno di qualcos’altro”. Salvini, che da giorni ha incentrato la sua comunicazione sullo scandalo (“Vogliamo sapere chi erano i mandanti”), cercando di risollevare disperatamente il partito dopo il deludente risultato in Abruzzo, si è adeguato, almeno per il momento. 

 

“Salvini sa meglio di me che la commissione Antimafia si è già attivata sul caso, ha audito Cantone e Melillo e questo lavoro sta continuando. C’è anche un’attinenza di carattere tecnico e giuridico, perché lo scandalo è scoppiato alla procura nazionale antimafia”, dichiara al Foglio Riccardo De Corato, capogruppo di FdI in commissione Antimafia. “Ricordo peraltro – aggiunge De Corato – che in commissione è stato Cantalamessa (capogruppo della Lega, ndr) a chiedere conto a Cantone del filone sui fondi alla Lega, quindi la vicenda è venuta fuori grazie alla commissione Antimafia”. 

 

“Fin da subito avevo dichiarato che non era il caso di procedere con l’istituzione di una commissione d’inchiesta, perché sta già lavorando la commissione Antimafia, che tra l’altro si è mossa anche in maniera spedita”, dice al Foglio Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia in commissione Antimafia, sottolineando il paradosso salviniano: “Attendere l’istituzione di una commissione d’inchiesta significherebbe, questo sì, insabbiare la vicenda, perché se ne riparlerebbe chissà quando”. “Capisco e sono d’accordo con l’obiettivo di Salvini, cioè sul fare piena luce sulla vicenda, ma ritengo che la strada migliore sia far proseguire i lavori della commissione Antimafia”, conclude Pittalis.

 

Proprio la commissione presieduta da Chiara Colosimo, dopo aver ascoltato Melillo e Cantone, ha deciso di calendarizzare le prossime audizioni: si tratta del comandante della Guardia di Finanza Andrea De Gennaro, il direttore della Direzione investigativa antimafia Michele Carbone e il direttore dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, Enzo Serata. La commissione ha deciso inoltre di ascoltare anche la procura di Roma (che per prima indagò sul caso), il ministro della Difesa Guido Crosetto (che con la sua denuncia diede avvio all’indagine), il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il capo del Dap Giovanni Russo (che all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di procuratore aggiunto alla Dna e di responsabile dell’ufficio in cui operava il finanziere Pasquale Striano), la società Sogei (che gestisce i sistemi informatici delle banche dati), l’Ordine dei giornalisti, la Federazione nazionale stampa italiana, l’Autorità garante per la protezione dei dati personali, l’editore del Domani, Carlo De Benedetti, e il direttore responsabile del quotidiano Emiliano Fittipaldi.

 

L’audizione di quest’ultimi, tuttavia, non è ancora stata calendarizzata. L’idea della commissione sarebbe quella di ascoltare personalità non indagate dalla procura di Perugia, così da non sovrapporsi al lavoro condotto dai pm. 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]