Il caso

La schedina del TotoConte: con il Pd se guidiamo noi e senza Calenda e Renzi

Simone Canettieri

Per il capo del M5s dopo l'Abruzzo non è la somma degli alleati che fa il totale alle urne, al contrario di quanto dice Schlein. Ma tra i grillini tornano le diverse sensibilità. E c'è chi chiede la deroga al tetto dei due mandati

Per Schlein è una questione di aritmetica (d’altronde il fratello Benjamin è un docente di matematica): “Tutti uniti si vince”, continua a ripetere la segretaria del Pd. Per Giuseppe Conte no, non è così. L’ex premier da bravo figlio del sud di quasi sessant’anni ha in mente Totò e lo parafrasa così: la somma non fa il totale. Ecco perché   nel M5s, dopo il “modesto” Abruzzo, la voglia di dire mai più con Calenda e  Renzi si fa sempre più forte. In queste ore si decide la  Basilicata e il capo del M5s preferisce il basso profilo per centrare il risultato. Che, come in Sardegna, potrebbe passare da un candidato con striature grilline (si fanno i nomi, ma chissà, del trasversale Giacomo Lasorella e di Viviana Cervellino).

 

Conte preferisce non esporsi perché sono giorni decisivi: per le elezioni in Lucania, va bene, ma anche per la giunta sarda dove pare che il Pd stia battendo cassa alla governatrice Todde chiedendo la presidenza del consiglio regionale e quattro assessori (tra cui la vicepresidenza dell’ente).  E però le distanze fra l’ex premier e la segretaria dem restano sulla formula. Non a caso per gli entomologi della comunicazione politica lui parla di “campo giusto” (senza gli ex terzopolisti) e lei rilancia sempre il “campo largo” (formula XXL della gioiosa macchina da guerra, tutti dentro e tutti arruolati, contro il melonismo imperante).
 
Nella batteria di dichiarazioni che piovono dalle parti del M5s si capisce che alla fine, nonostante la linea contiana impastata di astuto posizionamento e situazionismo, inizia a esserci, gratta gratta, un po’ di confusione sotto il cielo pentastellato, così in apparenza piatto e imperturbabile. 
Addirittura la tornata elettorale di domenica scorsa sembra rimettere in discussione l’ultimo totem rimasto in piedi della creatura di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio: il vincolo dei due mandati. 

 

Gianluca Castaldi,  ex sottosegretario arrivato a fine corsa nella precedente legislatura nonché coordinatore dimissionario in Abruzzo, dice testuale che “per le  elezioni locali questa formula non paga e va rivista”. E qui per esempio si arriva a Roberto Fico, l’ex presidente della Camera e prima ancora della Vigilanza Rai, tornato sulla scena dopo un lungo letargo: Fico sogna la regione Campania se non gli fosse negata dalle attuali regole interne. In questo dedalo di sfumature – che per ora esistono solo sui giornali visto che Conte è il dominus assoluto del suo partito – iniziano anche a farsi largo diverse sensibilità di posizionamento. Fico e Todde sono i primi strenui difensori dell’alleanza organica con il Pd, rammaricati ed esterrefatti anche dal no di Calenda in Sardegna. La vecchia ala sinistra del M5s, quella che era in guerra con l’allora capo politico Luigi Di Maio, è tornata abbastanza viva: è un fenomeno molto campano. Si porta dietro, per esempio, la deputata fichiana Gilda Sportiello e il di lei compagno, Riccardo Ricciardi, vicepresidente. Poi ci sono i contiani quelli che in  tutte le salse continuano a dire che  anche prendere un autobus con Calenda è stato un errore (in Abruzzo, secondo i flussi elettorali, il M5s ha regalato, rispetto alle politiche del 2022, il dieci per cento dei voti al governatore Marsilio). E qui bisogna bussare alla porta di Michele Gubitosa, uno dei vicepresidenti del partito e noto per i modi affettatissimi: “Proprio perché il M5S con gli alleati non ha accordi strutturali in tutta Italia, ogni volta che abbiamo elezioni come in Basilicata bisogna prima mettersi d’accordo sui temi e poi sui candidati”.

Su questa linea anche Vittoria Baldino, deputata e volto tv : “Il tentativo dell’unità è necessario ma non sufficiente: non è vero, poi, che tanto più il campo è largo tanto più si avvicina alla vittoria”. E siamo sempre alla somma che non fa il totale dei voti. Chiudono questa carrellata i nostalgici isolazionisti, quelli che si può andare con il Pd ma solo per sbaglio e dopo una serata da brilli in discoteca. Tipo il probiviro Danilo Toninelli, ma anche Virginia Raggi (l’ex sindaca,   nel comitato dei garanti del M5s, è l’unica dei big a conservare un rapporto speciale con il castiga-dem Alessandro Di Battista). A loro si aggiunge, con toni più concilianti, anche Chiara Appendino che per  le regionali del Piemonte, la regione che la vide sindaca di Torino, continua a sbarrare la strada a una candidata del Pd. In questa confusione interna Conte ci sguazza. Le regionali gli interessano il giusto, così come le europee (dove punta a non farsi distaccare troppo dal Pd). Convinto com’è di essere – quando sarà il momento – il candidato premier del campo giusto o largo, come dir si voglia. E’ la schedina del TotoConte: 1X2. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.