L'intervista

“Terzo mandato? Uno specchio per allodole: la Lega vuole Zaia a Bruxelles”. Parla Da Re

Francesco Gottardi

“Se il partito non molla il sovranismo il governatore del Veneto non accetterà”, avverte l'europarlamentare della Lega. “Eravamo al 34 per cento: abbiamo preferito i colpi di teatro all’opposizione costruttiva. Alle urne la pagheremo cara”

Sussulti d’orgoglio. Anzi no. La Lega presenta l’emendamento al decreto Elezioni, per garantire a Zaia il terzo mandato? “Uno specchio per le allodole. E Luca non è tipo da cascarci”. La segreteria veneta fa partire la sfida a FdI, autorizzando i suoi a correre da soli alle amministrative? “L’importante sarà non sbagliare gli uomini. Cosa che invece sta succedendo per l’Europa: personaggi come Lorenzo Cesa e il generale Vannacci sono estranei alla mia militanza”. Dopo 41 anni da tesserato e gli ultimi cinque a Bruxelles, Gianantonio Da Re è un disilluso. “Forse ho idee di un partito che non c’è più”. Quello di oggi com’è? “Troppo urlatore, poco governista. Tanti calcoli, nessuna visione. Ora i vertici chiedono a Zaia di candidarsi alle europee. Ma a queste condizioni lui non accetterà”.

Detta fuori dai denti da un eurodeputato uscente, questa è una notizia. “Vi dirò di più: Zaia non farà nemmeno un’altra legislatura in regione”. Ma come, e tutto il cancan inscenato dal Carroccio? La proposta di legge redatta da Alberto Stefani alla Camera. Il doppio emendamento – a firma Paolo Tosato, Erika Stefani e Mara Bizzotto – presentato in questi giorni in Senato, soprattutto: la strategia leghista è portare all’attenzione della Commissione Affari costituzionali lo sblocco dei mandati per governatori e sindaci nei comuni con oltre 5mila abitanti. E a quel punto FdI e Forza Italia saranno costrette a gettare la maschera. “Anche se l’emendamento dovesse passare, non cambierebbe le carte in tavola”. Gianantonio detto Toni, il ‘Baffo’ della Liga in Veneto, ci mette “entrambe le mani sul fuoco. Queste manovre di corridoio sono pura tattica, melina. Tra parentesi: al di là di Zaia, sul terzo mandato io e alcuni pezzi di Lega non siamo d’accordo”. Altra sorpresa. “Due bastano e avanzano, nelle regioni e nelle grandi città: altrimenti si paralizza la macchina territoriale e amministrativa. In ogni caso, questo argomento non è la soluzione né il problema. Cioè creare un programma politico per i prossimi cinque anni”.

La grande questione identitaria. “Si dice tanto che la Lega stia entrando in competizione con FdI. Ma la Lega è già al governo: pensi a governare, come invece sta facendo Meloni in Italia e in Europa”. Da Re ripensa al 34 per cento, alle occasioni mancate. “Lo dicevo anche all’epoca: eravamo 72 nel nostro eurogruppo, qualche colpo di teatro non ci farà incidere né difendere le aspettative di chi ci ha sostenuto. Pmi, commercianti, agricoltori. Così la politica si finisce per subirla, anziché cambiarla dall’interno”. Mentre la Lega si è arroccata nell’opposizione sovranista a oltranza, “un cordone sanitario” – lo chiama Da Re – attorno all’ala responsabile del partito. “Non è questa la nostra posizione storica sul continente. E lo strapotere dei verdi ha preso piede anche perché sono mancati i nostri voti sul Green deal. Ora vallo a spiegare agli elettori. Purtroppo non tira aria di cambiamento: la convention di Firenze ne è stata la conferma”.

E le urne, il prossimo giugno, lo schiaffo definitivo: dei 29 seggi attuali il Carroccio ne conserverà meno della metà. Da Re non si preoccupa del suo. “La mia carriera a Bruxelles si è già palesata con la candidatura di Vannacci: un partito come il nostro non campa mezzo secolo con quel che ha scritto nel suo libro. Quindi torno sereno nella mia Treviso. Si chiude una porta e si apre un portone”. Vale anche per Zaia. “Il presidente ha numeri, capacità e caratteristiche riconosciute anche da chi è contro di noi: sarebbe un ottimo ministro, come per altro è già stato, e un ottimo commissario europeo per l’agricoltura. Ma il cambio della guardia bisogna volerlo. Ad oggi non vedo spiragli, ma è pur vero che la politica può avere tempi molto rapidi: ho visto Berlusconi cancellare Galan in una sera”.

La svolta che terrebbe in piedi la Lega? “Un tavolo di lavoro composto da profili competenti sul territorio”, dice Da Re. “I nostri governatori, i capigruppo di Camera, Senato e Parlamento europeo. Giorgetti. 10-12 di persone, non di più. È così che si fa politica. Questo finora ci manca, l’estrema destra non ci appartiene e se non invertiamo rotta ci bruceremo gli Zaia e i Fedriga. I sondaggi ce lo ricordano ogni giorno: siamo in grave ritardo. E una contrapposizione credibile, vicina al Ppe, non va disdegnata soltanto perché Meloni ha già intrapreso questa strada con efficacia. Abbiamo dimenticato la lezione di Bossi”. Il ‘Baffo’ sembra parlare dal passato. O dal futuro. “Soltanto adesso qualcuno nel partito inizia a darmi ragione: magra consolazione”.

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