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L'editoriale del direttore

La luna di miele di Meloni con il paese regge, quella con la constituency meno

Claudio Cerasa

Le proteste degli agricoltori manifestano una verità: la presenza di una categoria non ostile alla destra che sceglie di trasformare la destra in un nemico da combattere. E con loro anche costruttori, tassisti, balneari. Conseguenze oltre Sanremo

L’arrivo minaccioso del popolo dei trattori sul palco del Festival di Sanremo, o nelle vie che costeggiano Palazzo Chigi, costringe gli osservatori meno smaliziati a ragionare attorno a una domanda che promette di non essere musica per le orecchie di Giorgia Meloni: ma oltre ai trattori c’è qualcosa di più? La domanda ha poco a che fare con Sanremo, ci scusiamo se affrontiamo solo di sguincio il tema, ma ha molto a che fare con il destino del governo italiano.

E la questione è semplice: oltre ai trattori che protestano, c’è qualcosa di più? Un anno e mezzo dopo la nascita del governo Meloni, ragionare su quelli che sono gli avversari della presidente del Consiglio, nel paese, è naturale e doveroso e se si sceglie di affrontare il tema si possono individuare due macro categorie di indignazione. La prima indignazione è quella pavloviana, quella meno interessante, quella di chi per contratto ha scelto di fare della Meloni il suo nemico pubblico di riferimento (il Pd, il M5s e le loro costole mediatiche). La seconda indignazione, quella meno pavloviana, meno scontata e dunque più interessante, è quella che cova sotto la cenere della “constituency” della destra. Le proteste degli agricoltori sono interessanti non solo per le contraddizioni che sollevano dinanzi al governo ma anche per una verità che manifestano: la presenza, cioè, di una categoria non ostile alla destra che sceglie di trasformare la destra in un nemico da combattere.

Ci sono gli agricoltori, sui cui trattori non a caso sono saliti tutti i leader della destra, che ora non sanno più come scendere. Ma dietro di loro, in tangenziale, ci sono anche altre categorie vicine alla destra e oggi molto critiche con la destra. Ci sono i balneari, per esempio, terrorizzati all’idea che il governo di destra possa recepire, come sarà costretto forse prima poi a fare, le direttive europee sulla liberalizzazione delle spiagge. Ci sono i tassisti, poi, con cui da mesi il governo ha ingaggiato un duello verbale. Ci sono i benzinai, che ancora non si sono ripresi dalla scoppola ricevuta un anno fa quando il governo ha scelto di non intervenire sulle accise, contribuendo a far risalire dunque il prezzo della benzina. E accanto a loro ci sono altre categorie. I costruttori, per esempio, che hanno manifestato la propria contrarietà per le nuove norme sul Superbonus. Le grandi imprese, ancora, che con Confindustria, il 27 gennaio, hanno mostrato tutta la loro contrarietà verso la legge 206 sul Made in Italy voluta dal ministro Urso. La polizia penitenziaria, ovviamente, che da mesi mostra segnali di insofferenza al governo (a fine gennaio Aldo Di Giacomo, leader del sindacato della Polizia penitenziaria, ha detto che questa politica “accresce i sentimenti di delusione per le aspettative innescate con il nuovo governo”). E poi, ma l’elenco potrebbe essere ancora più lungo, anche i medici che con varie associazioni di categoria (Cimo, Anaao, Fassid, Aaaroi-Emac, Fvm) hanno già scioperato a dicembre e promettono di farlo anche nelle prossime settimane.

Al momento i delusi, per quanto siano delusi dal governo, pur protestando contro la destra non trovano uno sbocco realistico a sinistra perché sanno che la solidarietà della sinistra è, per loro, strumentale e inaffidabile. Ma un dato interessante c’è. La luna di miele di Meloni con l’Italia non è ancora finita, ma quella con i suoi elettori tradizionali forse sì. Chissà se le opposizioni si occuperanno dei delusi o continueranno solo a cercare di conquistare l’elettore percepito, che spesso coincide con una categoria non di rado esistente solo nella testa dei segretari del Pd: l’astensionista di sinistra. Oltre ai trattori c’è di più. Chissà se il metodo del governo, di fronte ai propri elettori arrabbiati, continuerà a essere quello visto in questi giorni (mi fate “bu”, e io apro il portafoglio, così ha fatto ieri il premier, annunciando le nuove norme sull’Irpef per gli agricoltori: oggi loro, domani chi?). E chissà soprattutto se qualcuno, con creatività, all’opposizione riuscirà ad approfittarne. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.