Governo

I boiardi del governo Meloni: scelti, allontanati, promossi. I casi Lollobrigida e Sangiuliano

Carmelo Caruso

Costretti ad assecondare i loro ministri, finiscono per essere messi da parte e destinati ad altro ruolo, con scatto di carriera. Sono i Balanzone della premier, gli adetti alle leggine

Giovanbattista Fazzolari, l’Hegel di Meloni,  suo  filosofo, dice sempre che “è meglio perdere che perdersi”. Quando loro perdono guadagnano infatti i  dottor Balanzone. Sono i capi del legislativo, di gabinetto. I boiardi di stato. La norma su misura per l’ex ad Rai, Fuortes, finita  alla Consulta? E’ opera di Antonio Tarasco, fino al 17 gennaio capo del legislativo del ministro Sangiuliano. La norma è stata bocciata e Tarasco allontanato. Con promozione. Da pochi giorni dirige gli archivi italiani. Al ministero dell’Agricoltura, dove si piantano ddl come le zucchine, il capo del legislativo, Di Matteo, si è inimicato la struttura per le sue leggi (sulle bistecche) sintetiche. In sintesi: una carnevalata ai ferri.


Cosa fa un ministro quando vuole fare propaganda? Chiede a uomini di stato, giuristi, scambiati come sarti, di confezionare una “normetta” italica. Un capo del legislativo può scegliere cosa essere. Può assecondare la volontà del suo ministro o andare via. Può anche legiferare, compiacerlo, per poi farsi trasferire, il più delle volte con uno scatto. Ha infatti guadagnato un credito. Al Masaf il capo del legislativo è Federico Di Matteo e deve ora fare i conti con un ministero che si è rivoltato contro a causa della norma sulla carne sintetica e non solo. Per fare in modo che anche le foglie di cetriolo somiglino ai Meloni, pochi mesi fa si è deciso di commissariare il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) attraverso un decreto a firma del ministro. Stando a quando dicono altri giureconsulti, per commissariare il Crea serviva un decreto del presidente del consiglio, su proposta del ministro vigilante, di concerto con il ministro dell’Economia. A dirla tutta servivano anche dei validi motivi, in materia di bilancio, motivi che secondo il mondo dell’agricoltura, almeno l’altro mondo, quello che non ha un filo(Col)diretti con il ministro, non c’erano. Dopo il commissario si è passati alla nomina del presidente di Crea, ma resta lo strappo.  Di Matteo è destinato dunque a fare carriera. Sempre al Masaf ha lasciato il capo di gabinetto del ministro, Giacomo Aiello. Al suo posto è arrivato Borriello e due milioni di euro in più per lo staff. La ragione dell’addio di Aiello sarebbe simile a quella che ha portato a un’altra staffetta: incomprensioni. A fine dicembre, il capo di dipartimento Stefano Scalera, già direttore generale del Mef, è stato nominato vicecapo di gabinetto di Lollobrigida. Quando il ministro lo scelse molti applaudirono la decisione. Scalera è ritenuto più vicino alla sinistra che alla destra. La Grande Illusione, come nel film di Renoir, è durata poco. Ovviamente, sulla carta, sono promozioni perché solo i deputati pistoleri, alla Pozzolo, si possono allontanare in conferenza stampa come ha fatto Meloni. Con  un boiardo anche la destra è costretta a usare i guanti. Al ministero del Lavoro, sempre alla voce incomprensioni, che significa “caro ministro, forse è il caso di non farla questa legge”, ha lasciato il capo del legislativo Giuseppe Leotta. Lo ha sostituito Giuseppe Zuccaro. Un caso a parte è il ministero di Maria Betty Casellati, ma con lei si sa che è come vivere a Panem, la città degli Hunger Games: ne rimarrà solo uno. E’ andato via  Simone Neri che era suo direttore di gabinetto per gli affari legislativi. Ora lavora al Dagl diretto Francesca Quadri che va ringraziata: ha salvato una creatura. E qui si ritorna a Sangiuliano che dei Balanzone ne fa collezione. Si era scelto come segretario generale Mario Turetta ma dopo poco si è accorto che Turetta non possedeva tutte le biografie pubblicate da lui. Sangiuliano ha risolto la questione con la riforma interna del ministero che elimina di fatto il segretario generale. Resta centrale il suo capo di gabinetto, Francesco Gilioli. E’ lui che ha consigliato come capo del legislativo Tarasco, uno che si era già distinto. Era stato Tarasco, con un bando, a consegnare la Certosa di Trisulti a Steve Bannon. Da allora Tarasco si era eclissato prima che Sangiuliano lo riscoprisse. E lo scaricasse. Per il ministro è colpa di Tarasco quel decreto che regolava le tariffe delle foto culturali a scopo scientifico. I canoni erano così alti che i docenti stavano per prendere i forconi. Un altro Balanzone, che avrebbe garantito a Sangiuliano la riuscita di un formidabile piano, è Danilo Del Gaizo, vicepresidente del cda del Teatro di Roma. Ha sottoscritto il contratto del nuovo direttore De Fusco, esautorando il presidente del teatro. Ora che il sindaco Gualtieri è pronto a impugnare l’atto, la destra di governo prende le distanze dal Del Gaizo e ne ricorda il passato. Da ex avvocato dello stato e capo di gabinetto del governatore campano Caldoro ha restituito alla regione Campania 172 mila euro. Aveva superato il tetto dei compensi. La regione si era opposta al Del Gaizo, lui fatto ricorso al Tar, poi appello al Consiglio di Stato. Un inferno. Intervenendo alla Camera, Meloni, si è lamentata che Stellantis non produca più automobili in Italia. Per fortuna grazie al governo si producono ancora decreti, che generano ricorsi, che alimentano sentenze, che producono scatti di carriera. Elkann può farsi perdonare dalla premier. Il prossimo modello lo chiami Alfa Balanzone.

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio