Nuovo anno, stesse grane

Rinviata al 2024 la ratifica del Mes. La Lega avverte: “Noi rimaniamo contrari”

Gianluca De Rosa

Meloni vuole usare la ratifica come strumento negoziale con l'Unione europea sul Patto di stabilità. Ma il Carroccio si mette ancora di traverso 

Altro che Conte, sul Mes il principale problema di Giorgia Meloni si chiama Matteo Salvini. Quando alle 14.15 i lavori di Montecitorio s’interrompono il fatto è ormai acclarato: anche questa non è stata  la settimana in cui almeno un pezzo del Parlamento vota la ratifica del trattato  su cui manca solo la firma italiana. Mentre la premier è a Bruxelles per discutere con gli altri leader europei anche del nuovo Patto di stabilità, alla Camera i lavori terminano in anticipo per consentire ai deputati di FdI di partecipare ad Atreju. E il Mes? “A questo punto non se ne parla prima del 2024”, dice il capogruppo della Lega Riccardo Molinari. E poi? “Noi siamo contrari non lo abbiamo votato ai tempi di Monti e oggi è  pure peggio”. 


Nuovo anno stessa grana. Altro che fuochi d’artificio. Lo spettro del meccanismo europeo incombe sempre più ingombrante sugli equilibri di maggioranza. Più che un utile strumento negoziale per trattare il Patto di stabilità con l’Europa (come sognava Giorgia Meloni), la ratifica assomiglia sempre di più a un’arma impropria nelle mani dell’imprevedibile vicepremier leghista Matteo Salvini in vista delle europee di giugno. Meloni è avvertita. 


Si spiega anche così l’impressionante melina messa in atto dalla maggioranza negli ultimi due giorni pur di non arrivare alla discussione del trattato. Uscendo dall’Aula ieri l’ex presidente della Camera Laura Boldrini quasi imprecava: “L’auto ostruzionismo veramente non si era mai visto!”. “Per due giorni la maggioranza è intervenuta anche su ordini del giorno e sul ‘complesso degli emendamenti’, tipiche tattiche dilatatorie usate normalmente dalle opposizioni”, dice il deputato di Italia viva Luigi Marattin. “Sono arrivati persino a iscrivere dieci parlamentari in dichiarazione di voto”, accusa il dem Piero De Luca che definisce “ridicole” le difese del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani che ieri sosteneva che il Mes era sì tra i punti “che si potevano astrattamente affrontare”, ma “era soltanto un’ipotesi astratta, tutti sapevano che non sarebbe stato affrontato”. “La verità – dice De Luca – è che sono spaccati, la Lega non voterà mai la ratifica”. 


La conferenza dei capigruppo ha comunque inserito il Mes anche all’ordine dei lavori della prossima settimana, ma in coda alla discussione, dopo altri tre disegni di legge. Insomma, non se ne parlerà. La settimana successiva a Montecitorio arriverà la legge di Bilancio, rinviando de facto, nonostante le promesse del presidente della Camera Lorenzo Fontana alle opposizioni, tutto all’anno nuovo. Ma nel 2024 si potrà ancora fuggire? Se Meloni otterrà in Europa un accordo sul Patto di stabilità – a cui la premier ha, seppur timidamente, collegato l’ipotesi  ratifica del Mes –, cosa farà la Lega? “Noi siamo contrari, ma deciderà il Parlamento com’è giusto che sia”, rimarcava minaccioso ieri il sottosegretario allo Sviluppo economico Massimo Bitonci. “Rimaniamo contrari”, ribadiva Stefano Candiani. Mentre il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo interpellato dal Foglio spiegava: “Quando  arriverà il momento vediamo cosa dirà Salvini, ma la nostra posizione comunque è chiara: siamo contrari”. Meloni, già insidiata sull’argomento Mes da giorni da Giuseppe Conte – che ieri si è detto disponibile a cambiare l’agenda pur di sfidare la premier in un dibattito ad Atreju  – potrebbe trovarsi con un problema ben più grande dentro la sua maggioranza. Con una speranza: l’inserimento di clausole di salvaguardia per l’attivazione, evocate ieri da Molinari come possibile compromesso. Ma non c’è solo Molinari.

 

Dentro il   Carroccio c’è un zoccolo duro per il quale il Mes è un cavallo di battaglia irrinunciabile, con o senza clausole. Il duo kamikaze composto dal senatore Claudio Borghi e dal deputato (e responsabile Economia della Lega) Alberto Bagnai è pronto a farsi esplodere piuttosto che votare la ratifica. Per dare l’idea, ieri Borghi ha presentato una querela alla procura di Roma contro l’ex ministro dell’Economia (oggi sindaco di Roma), Roberto Gualtieri per infedeltà in affari dello stato per aver avviato nel novembre del 2020 il procedimento di ratifica senza, a dire del leghista, avere un mandato parlamentare. Mentre Bagnai, intervistato da una trasmissione televisiva, è arrivato a dire che con il nuovo Mes “i contribuenti italiani pagheranno di tasca loro i salvataggi delle banche del nord d’Italia” e che dunque l’Italia “ha tutto il diritto di mettere il suo veto” d’altronde “quando nel 2005 la Francia affossò la cosiddetta Costituzione europea, non ci furono tanti psicodrammi. Il volere del popolo francese fu rispettato, si rispetti anche quello del popolo italiano”. Nuovo anno, stesso Mes. 

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