(foto Ansa)

Il caso

"Il Mes non va ratificato". Borghi (Lega) scoperchia un problema per Meloni

Luca Roberto

"Della ratifica se ne occuperà il Parlamento. Spiegherò perché la riforma è pericolosa", dice il senatore leghista. Ma le divisioni nella maggioranza potrebbero essere un guaio per il governo

Da una parte dice "benissimo Meloni nella sua dichiarazione esplicita contro il Mes", e uno potrebbe pensare che sia finita lì. Ma il passaggio che ci si deve appuntare del commento di Claudio Borghi sulle parole della premier a proposito della riforma del Meccanismo europeo di stabilità viene dopo. Perché secondo il senatore della Lega è "giusto anche dire che della ratifica se ne occuperà il Parlamento". Proprio la sede dove, avverte già Borghi, "spiegherò nel modo più chiaro possibile che la pericolosa riforma firmata in modo assurdo da Conte e Gualtieri non va ratificata". E quindi, chi si aspettava che la questione potesse essere accantonata, c'ha capito poco.

 

Ieri Meloni, ospite a Porta a Porta, ha annunciato un'altra piccola retromarcia del governo da lei presieduto. Fino a qualche tempo fa la posizione della leader di Fratelli d'Italia era d'opposizione totale al Mes. Adesso invece si mostra molto meno ferrea: "Il tema della riforma del Mes secondo me non è il grande tema. Se rimaniamo gli unici che non la approvano blocchiamo anche gli altri. Ne discuterà eventualmente il Parlamento", ha detto. Aprendo indirettamente alla ratifica, ma chiarendo che comunque l'Italia non accederà a quei fondi ("posso firmarlo col sangue"), che il nuovo governo come i precedenti giudicano poco utili e con delle condizioni di prestito non così vantaggiose.

Ma è evidente che una volta buttata la palla in Parlamento, come intende fare l'esecutivo per tenersi al riparo da tensioni sin dentro ai prossimi Consigli dei ministri, si può prevedere che le uscite dei free rider, parlanti a titolo personale o per manifestare la tendenza di una parte della maggioranza, possano diventare più frequenti. I vari Borghi, Bagnai, Morelli e compagnia cantante sono da sempre contrari alla ratifica del Fondo salva stati. Ma anche dai vertici della Lega, per bocca del segretario Matteo Salvini, non sono piovute lodi. Tutt'altro. Lo stesso vicepremier e ministro delle Infrastrutture è da quasi un anno che sostiene: la ratifica non è una priorità. E a ogni modo anch'egli rimanda alla discussione parlamentare, dove sa che risiede, da parte dei suoi, una certa opposizione allo strumento di Bruxelles. Questo mentre invece Forza Italia, come ha ribadito anche la capogruppo Licia Ronzulli intervistata dal Foglio. sarebbe pronta alla ratifica, "ma con dei correttivi". Si capisce perché il passaggio e la discussione alle camere sarebbe tutt'altro che una formalità.

Ulteriore elemento di complicazione: lo scorso 14 dicembre, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti aveva elencato in Parlamento le ragioni per cui il Mes "è diventata un'istituzione impopolare". Il che era sembrato almeno un po' bislacco, visto che solo qualche settimana prima aveva demandato il tutto all'approvazione da parte della Corte di Karlsruhe, cosa poi avvenuta. E che la ratifica, in realtà, passa da una decisione del governo, da un passaggio in Cdm. Forse non c'è un'immagine migliore di quella ambigua offerta dallo stesso ministro dell'Economia per capire quali praterie di dissenso potrebbero aprirsi una volta avviata la discussione nell'Aula. 

Il rischio per Meloni, che quasi si auspicava andando da Vespa di poter trascurare l'argomento per qualche periodo, è che le immagini di Borghi & Co. che brindano alla bocciatura del fondo salva stati nel mezzo di una diretta su Facebook (come sono già stati soliti fare), possano trasformarsi in una diretta dal Parlamento. Vista a quel punto con grande appresione da Bruxelles.

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