(foto Ansa)

l'intervista

Il coordinatore nazionale per la lotta all'antisemitismo: “Rettori e sindacati la smettano di stare zitti”

Luca Roberto

Il j'accuse di Giuseppe Pecoraro contro le ambiguità sulla guerra in Medio oriente: "Tra Hamas e Israele bisogna scegliere da che parte stare. Gli atenei rischiano di restare ostaggi dei cattivi maestri. E' una vergogna che nel paese che ha sconfitto le Br si faccia il tifo per il terrorismo"

Nei miei vent’anni da prefetto non mi era mai successo che qualche ebreo mi chiedesse: ho bisogno della scorta? Corro rischi ad andare all’università? Posso mettere la kippah? Adesso succede ed è grave. Università, sindacati e  società sportive non si voltino dall’altro lato”, dice Giuseppe Pecoraro. Nominato lo scorso  gennaio dal governo Coordinatore nazionale per la lotta all’antisemitismo, giusto martedì Pecoraro, in audizione al Senato, ha ragguagliato sulla crescita dei casi dopo il 7 ottobre: sono almeno 98 quelli ufficiali. “E la maggior parte li abbiamo registrati nelle università di Milano e di Padova”, dice  al Foglio. “Mi giunge addirittura notizia che in alcuni atenei non si riescano a organizzare eventi pro Israele per paura delle ritorsioni. Tutto questo ci deve spaventare. Ma allora cosa fanno i rettori? Si girano dall’altra parte? Perché non prendono una posizione forte?”.

 

L’indomani della manifestazione contro l’antisemitismo organizzata a Roma, a cui Pecoraro ha preso parte utilizzando parole ferme di condanna, il prefetto ci tiene a rimarcare l’importanza di alzare la voce su un fenomeno così grave. “Ho detto che è ingiusto che non ci siano state associazioni, corpi intermedi, capaci di prendere l’iniziativa e organizzare una manifestazione in solidarietà del popolo ebraico. L’unico esempio lodevole siete stati voi del Foglio. Per il resto, dovevamo proprio aspettare le comunità ebraiche? In Francia la più grande manifestazione contro l’antisemitismo l’hanno organizzata di concerto i presidenti delle due Camere”.

 

Fatto sta che nella disamina del coordinatore nazionale per la lotta all’antisemitismo, i grandi attori che sono mancati in queste settimane nel condannare gli attacchi di Hamas sono principalmente tre: le università, i sindacati e le società sportive. “Trovo incredibile che si facciano minuti di silenzio allo stadio anche per personalità ignote ai più. E invece non si sia trovato il modo di osservare un minuto di raccoglimento dopo gli stupri e le barbarie del terrorismo sulla popolazione israeliana”. Allo stesso modo, aggiunge Pecoraro, “i sindacati sono sempre i primi a scendere in piazza rivendicando il loro legittimo diritto allo sciopero. Negli ultimi mesi ne hanno organizzati quasi uno alla settimana. Ma a Landini, Sbarra e Bombardieri abbiamo sentito dire qualcosa a proposito degli scempi di Hamas? Niente. E’ una cosa che mi lascia sconcertato. Dobbiamo capire che la mancata distinzione tra gli ebrei italiani e quello che succede in Israele è un dramma che ci deve interrogare tutti. La responsabilità di quel che accade alla popolazione civile palestinese è di Hamas”.

Sempre in audizione al Senato, Pecoraro ha chiesto anche risposte concrete, per far fronte a quella che considera una vera e propria emergenza: “Ho sempre preferito, lungo tutta la mia carriera, la prevenzione alla repressione. Fare una lavoro culturale, educativo e di mediazione”, spiega. “Ma adesso c’è bisogno di mettere mano all’articolo 603 del codice penale. Per arrivare a un inasprimento per quel che riguarda l’odio antisemita. Troppo spesso le denunce che raccogliamo non arrivano nemmeno al rinvio a giudizio, a causa del contenuto di un reato che in questo momento resta troppo ambiguo. Va rivisto perché almeno il nostro lavoro possa andare di pari passo con quello dell’autorità giudiziaria, in modo che questa possa intervenire tempestivamente”.

 

Tornando all’accademia, secondo il coordinatore nazionale il problema si annida nella cosiddetta “maggioranza silenziosa”. Perché “non è un caso che prima con l’Ucraina, adesso con Israele, questa maggioranza silenziosa non abbia fatto nulla. Allora mi chiedo: ma queste persone dove stanno? Sono indifferenti? Hanno paura? O semplicemente non amano più la democrazia?”. Nel caso specifico delle università, ribellarsi al rumore di chi, per esempio, chiede il boicottaggio delle università israeliane, dovrebbe voler dire rispondere colpo su colpo: “Non ci possiamo girare dall’altra parte. O arrenderci all’equidistanza delle bandiere della pace, per non indispettire nessuno. E’ arrivato il momento di scegliere. Altrimenti le università diventano ostaggio dei figli dei cattivi maestri, personaggi di estrema sinistra in voga cinquant’anni fa, sconfitti dalla storia e che però usano l’ultra pacifismo, l’antiamericanismo come escamotage per cercare di restare protagonisti”, dice Pecoraro. “Non possiamo permetterglielo, perché è vero che viviamo in una democrazia, abbiamo sconfitto il terrorismo. Ma questi valori non sono assodati per sempre. Che ne sappiamo se domani sarà così? Ci vuole molto più coraggio. Una specie di marcia dei 40 mila per far capire da che parte stiamo: dalla parte delle democrazie e del mondo libero. Perché è una vergogna che in un paese che si è lasciato le Br alle spalle prevalgano slogan di odio come quelli che abbiamo ascoltato in queste settimane”.

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