Massimo D'Alema - foto Ansa

Ei fu il leader Maximo

Dopo le armi colombiane e i respiratori cinesi, ora D'Alema fa il lobbista per 2.500 euro al mese

Salvatore Merlo

L'ex presidente del Consiglio, ministro degli Esteri e leader della sinistra riformista italiana, oggi guadagna all'incirca come un impiegato di banca

I respiratori (senza marchio Ce) fatti acquistare per circa 3 milioni di euro alla protezione civile dai cinesi durante la pandemia, poi l’indagine per corruzione sul traffico d’armi con la Colombia (“Noi stiamo lavorando perché? Perché siamo stupidi? No, perché siamo convinti che alla fine riceveremo tutti noi 80 milioni di euro”). Ecco. Ora Massimo D’Alema fa anche il lobbista per una compagnia aerea in cambio, a quanto pare, di  2.500 euro netti al mese. Che sono all’incirca lo stipendio di un impiegato di banca. D’altra parte, stavolta, fa sapere la persona che lo ha ingaggiato, cioè l’amministratore delegato di Aeroitalia intervistato ieri dalla Verità, “qui non c’è nessuno da corrompere. D’Alema non è stato chiamato per quello”. Appunto. Non ne dubitavamo. Se infatti scriviamo oggi questo articolo è soltanto per notare con rammarico che D’Alema ha inspiegabilmente fatto di se stesso un personaggio cui sono vietati i pregi della non più giovane età. Ovvero quelli morali: la ponderazione, la scelta, la misura, il limite. Ma anche quelli fisici: il riposo, la calma, la cautela... il ballo del liscio.

Bill Clinton si è ritirato conservando il suo buon nome, Gerhard Schröder lo ha sporcato facendo il lobbista in grande e senza ritegno (arricchito dai rubli di Putin), mentre D’Alema che ai tempi di Clinton e Schröder fu presidente del Consiglio, ministro degli esteri e leader della sinistra riformista italiana tenta di vendere aerei da guerra (ma finisce indagato), spaccia respiratori guasti (che vengono respinti) e si occupa di chissà quali altre patacche per 2.500 euro al mese. Questo ci fa riflettere. La sua fama di grandezza fino a oggi è stata soprattutto affidata a una circostanza tenuta in gran conto nei circoli della sinistra, dove, se domandate perché egli è universalmente rinomato, vi sentite sussurrare all’orecchio: “Ha fregato Prodi e Veltroni”, come se vi avvertissero con discrezione: “È Einstein”. Proprio sicuri che lo sia?

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.