I punti e le criticità

Cosa c'è nell'accordo con l'Albania per la gestione dei migranti

Nove articoli, per un protocollo della durata di cinque anni, prorogabili per altri cinque. Prevista la creazione di due centri "come a Pozzallo", dice Piantedosi, per i quali l'Italia dovrà versare un anticipo. Ma la collaborazione tra Meloni e Rama non è priva di ostacoli

La premier Giorgia Meloni e il primo ministro albanese Edi Rama hanno siglato ieri un accordo di collaborazione sul contrasto all'immigrazione irregolare. Il testo, diffuso in serata da Palazzo Chigi, prevede l'apertura di due centri italiani per la gestione degli immigrati in due aree dell'Albania. Secondo Meloni questi due centri saranno sotto la giurisdizione del governo, ma - come ricorda il Post - ancora non sono stati stabiliti del tutto i relativi limiti di azione di uno o dell'altro paese. Il contratto di collaborazione sostanzialmente esternalizza la gestione dell'immigrazione italiana a un paese esterno e si ispira a quanto sperimentato nel Regno Unito dal premier Sunak.

Il protocollo è di 14 pagine e si compone di nove articoli. Avrà una durata di cinque anni e sarà prorogabile per altri cinque. Secondo il governo, dovrebbe entrare in vigore entro la primavera del 2024. Il testo finora diffuso - e trasmesso ieri all'Unione europea - chiarisce alcuni dubbi emersi in un primo momento e soprattutto tende a delineare i punti legati a fondi, spese e gestione logistica. Ma restano alcune criticità legate a vari aspetti.

   

Cosa prevede l'accordo

Secondo il testo dell'accordo, l’Albania fornirà gratuitamente all’Italia gli spazi territoriali dove saranno costruiti i due centri: uno al porto di Shengjin, a circa 70 chilometri a nord di Tirana e uno a Gjader, nell'entroterra. I costi per le strutture saranno a carico dell'Italia, che dovrà sostenere anche eventuali spese mediche, logistiche e di accoglienza. Secondo il quotidiano albanese Gogo.al, che ha diffuso il documento nei giorni scorsi, l'Italia dovrà versare un anticipo di 165 mila euro all'Albania entro 90 giorni dell'entrata in vigore del testo. Sulle responsabilità di entrambe le giurisdizioni, il protocollo prevede che l'Italia abbia il compito di gestire i migranti all'interno delle strutture, mentre l'Albania deve garantire la sicurezza nelle zone dei centri e durante i trasferimenti. All'interno dei centri saranno trattenute un massimo di 3mila persone (trasportate nei centri dalle autorità italiane) ed è previsto un flusso di 36mila migranti all'anno. Non saranno ammessi i migranti più "vulnerabili", come donne incinte o minori, che dovranno essere portare dal luogo dello sbarco a un porto sicuro italiano. 

I migranti saranno trattenuti nei centri solo per il tempo "strettamente necessario al solo fine di effettuare le procedure di frontiera e di rimpatrio" e qual'ora dovesse decadere il diritto alla permanenza, saranno trasferiti "immediatamente al di fuori del territorio albanese". Dove saranno mandati non è però specificato nell'accordo. Nella giornata di ieri ci sono state diverse polemiche da parte delle opposizioni per la questione legata ai centri. Il ministro dell'Interno Piantedosi ha risposto spiegando che "non saranno Cpr" (i centri di permanenza per i rimpatri, ndr), ma "strutture come quella di Pozzallo-Modica, dove è possibile trattenere, in base a provvedimenti adottati da un giudice, le persone per il tempo necessario a svolgere le procedure accelerate di identificazione e gestione della domanda di asilo di quanti provengono da paesi sicuri". Nei centri lavoreranno funzionari italiani che "non saranno soggetti alla legislazione albanese" mentre sono in servizio. Le autorità albanesi non potranno entrare nei centri se non in occasioni di assoluta necessità. E parallelamente, i migranti non potranno uscire dagli hotspot per tutta la durata della procedura.

  

Le criticità e i punti oscuri

Ci sono diversi problemi e punti da chiarire in questo accordo. Uno su tutti è un problema di tipo logistico: banalmente il trasferimento dai punti di sbarco del Mediterraneo centrale al porto di Shengjin, il luogo che ospiterebbe il centro più vicino, occorrerebbe di un viaggio di tre o quattro giorni (sono circa 700 chilometri). Il secondo tema è quello sollevato anche dal Pd e riguarda il diritto internazionale. L'accordo prevede una procedura di "sbarco selettivo" dei migranti: come ricorda sempre il Post, a febbraio il Tar di Catania ha annullato una decisione del governo in un contesto molto simile legato allo sbarco solo dei migranti "fragili" dalla Humanity 1 della ong SOS Humanity a novembre dello scorso anno. Infine, resta l'incognita giuridica di avere un centro sotto giurisdizione italiana all'interno di un territorio esterno e - soprattutto - che non fa parte dell'Unione Europea. 

Proprio l'Ue non si è ancora espressa sulla questione e il testo è stato trasmesso a Bruxelles solo nelle scorse ore. Inoltre, secondo indiscrezioni di Repubblica, la premier ha agito da sola: l'accordo non è stato anticipato quindi né all'Ue né alla stampa e ha lasciato all'oscuro i suoi due vice fino all'ultimo minuto. La Farnesina non ha messo mano al testo, ma con tutta probabilità ora collaborerà per la stesura finale dell'accordo. Matteo Salvini si è complimentato con la premier con una dichiarazione fredda: "Bene il governo, che ha siglato un accordo per trasferire in Albania gli immigrati clandestini che cercano di entrare nel nostro paese". C'è il rischio, quindi, che da questo accordo emerga un'ulteriore criticità, questa volta politica

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