l'intervista

Occhio: Edi Rama non è quel che sembra, ci dice il parlamentare Shehaj

Giulia Pompili

“Quello che in occidente vedete come un primo ministro illuminato e occidentale, qui in Albania si comporta da piccolo despota balcanico”, dice al Foglio il parlamentare Agron Shehaj, uno dei volti del conservatorismo del paese. "E non ha nessun interesse a portare Tirana nell'Ue"

“Quello che in occidente vedete come un primo ministro illuminato e occidentale, qui in Albania si comporta da piccolo despota balcanico”, dice al Foglio il parlamentare Agron Shehaj, 45 anni, uno dei volti del conservatorismo del paese e membro del partito d’opposizione, il Partito democratico. Secondo Shehaj, l’accordo tra il primo ministro albanese Edi Rama e la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, per permettere all’Italia di allestire e gestire almeno due centri per migranti su territorio albanese, “è tecnicamente molto difficile. Va detto che io sono un ex immigrato in Italia: sono arrivato nel vostro paese nel 1991, e non posso che essere d’accordo con qualunque forma di collaborazione che possa aiutare l’Italia nella gestione dei migranti e a garantire i diritti a chi arriva. Su questo non c’è dubbio”. Il problema è più tecnico, e riguarda la cessione di sovranità che dovrebbe essere garantita: “La questione della giurisdizione sul territorio albanese è fondamentale, perché la Costituzione garantisce l’integrità territoriale: come si fa a rinunciare alla sovranità su una parte, seppur piccola, del proprio territorio?”.

 

Ieri l’opposizione ha presentato una interrogazione urgente al Parlamento di Tirana sull’accordo, e sottoporrà la questione alla Corte costituzionale. Per Shehaj, però, il punto è che allo stato attuale delle cose “Rama può fare quello che vuole. Qui c’è una Corte costituzionale che tecnicamente è figlia di una recente riforma della Giustizia che ha dimostrato di essere totalmente appiattita sui bisogni e le necessità del governo”. Non solo: “L’accordo è stato gestito, come molti altri dossier, in totale assenza di trasparenza. L’opinione pubblica albanese, che pure ha un sentimento di riconoscenza forte nei confronti dell’Italia, di questo accordo l’ha saputo ieri, dai giornali”. C’è una strategia precisa da parte di Rama, spiega Shehaj, che è quella di vendersi fuori dai confini nazionali come un primo ministro moderno, moderato, disponibile a collaborare ai problemi altrui: “Un po’ quello che faceva Gheddafi col petrolio, Rama lo fa con la delicata questione dei migranti”. Ma non è un caso che tutti i paesi europei che hanno tentato di collaborare con paesi terzi per la gestione dei flussi l’hanno fatto con paesi del terzo mondo, perché sarebbe molto difficile avere un accordo simile con un paese occidentale: “Rama  può andare contro l’opinione pubblica, rischiare di prendere decisioni contro la legge o la Costituzione, perché tanto ha potere completo sul paese”. Il giudizio di Shehaj viene da un membro dell’opposizione “ormai in ginocchio, a cui Rama ha fatto una guerra spietata”, certo, ma anche secondo Freedom House l’Albania è attualmente “parzialmente libera”, e i problemi riguardano soprattutto la trasparenza dei processi politici, e per l’ultimo rapporto del Dipartimento di stato c’è un grosso problema nell’indipendenza del sistema giudiziario, nella lotta alla corruzione e alla criminalità. “Non a caso”, dice Shehaj, “alle ultime elezioni locali in Albania il partito di governo ha vinto oltre il 90 per cento dei comuni: un risultato non proprio da paese democraticamente  maturo”. 

 

  Il deputato albanese Agron Shehaj 

Rama ieri ha spiegato che c’è solo “riconoscenza” nei confronti dell’Italia nell’accordo con Meloni, nessuna contropartita – qualcuno parlava di un eventuale sostegno italiano all’ingresso dell’Albania nell’Unione europea. In effetti il governo di Tirana ha presentato domanda di adesione a Bruxelles nel 2009, quando il primo ministro era Sali Berisha (oggi controverso leader del Partito democratico sotto sanzioni da parte degli Stati Uniti e accusato di corruzione). Per Shehaj “Rama non ha nessun interesse a portare l’Albania all’Ue, perché equivarrebbe a rinunciare al suo potere: al di là dei summit e dei sorrisi, l’Ue non chiede grandi cose ma precise, come stato di diritto, lotta alla corruzione, alla criminalità”,  tutte cose su cui l’Albania sta involvendo. C’è un dato da guardare, spiega Shehaj: oggi l’Albania è un paese “dove il livello di democrazia invece di progredire regredisce, la corruzione uguale, secondo i dati Eurostat quasi 50 mila persone all’anno negli ultimi 10 anni ottiene un permesso di soggiorno in Europa, e a questi si sommano chi emigra altrove, a dimostrazione del fatto che gli albanesi non sono felici di stare nel paese”. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.