Il caso

Rampelli sfratta Napoleone e lo sostituisce con un quadro dei "Bagni di Lucca": "Adieu"

Simone Canettieri

Il vicepresidente della Camera di FdI, come annunciato, ha tolto la tela che raffigurava l'imperatore francese e l'ha sostituita con un'opera dell'italiano Segantini

Le jeux sont faits: Napoleone adieu. Alla fine Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e big di Fratelli d'Italia, è riuscito nel suo intento: ha sfrattato il dipinto dell'imperatore francese di Andrea Appiani dalle pareti dell'anticamera del suo ufficio a Montecitorio. Al posto "del depredatore d'Italia" ecco un'opera tutta italiana e dunque patriota di Giovanni Segantini: "I bagni di Lucca". Giustizia è fatta? Il sovranismo italiano è salvo e ora ridateci la Gioconda? La marcia su Parigi e il Louvre possono attendere, ma intanto Rampelli ha dato, dice, un segnale. 

 

O comunque si è tolto un sassolino dalla scarpa perché lo stratega di Ajaccio gli è sempre stato sul gozzo, magari fin dai tempi di Colle Oppio, chissà.

   

   

Quando confessò l'intenzione di togliere il quadro di Napoleone, di proprietà della pinacoteca di Brera dal 1927 in deposito temporaneo alla Camera,  la quinta carica dello stato rivendicò la scelta così: "Non mi disturba il fatto che il dipinto sia esposto a Montecitorio. L'arte non ha confini né appartenenze starebbe benissimo in una galleria insieme a tanti altri quadri. Ma mi infastidisce il fatto che sia qui, appeso nella mia anticamera nel piano più importante di un palazzo che rappresenta il tempio della sovranità nazionale. Ecco, Napoleone ha cercato di annetterla al suo impero. Viva l'arte, ma il suo ritratto non sta nel posto giusto".

 

   

Insomma il revanscismo - ops: pardon - la voglia di giustizia di Fratelli d'Italia contro i cugini d'oltralpe continua.  E non passa solo dalle tensioni fra Meloni e Macron o dai sospetti della premier, rivelati a un finto leader africano durante lo scherzo telefonico dei comici russi, sugli interessi francesi in Niger. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.