La scheda

Il Cdm approva il premierato: come funziona l'iter delle riforme costituzionali

Nicolò Zambelli

Dopo il via libera del governo, inizia l'esame parlamentare. I tempi, il passaggio referendario e i precedenti tentativi di modifiche costituzionali

Oggi il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sulle riforme costituzionali, secondo quanto concordato in un vertice di maggioranza lunedì. Dalla prossima settimana, dunque, dovrebbe iniziare l'iter parlamentare per l'approvazione del provvedimento che mira a cambiare tre articoli della Costituzione: se la riforma vedrà la luce, tra qualche anno i cittadini eleggeranno direttamente il presidente del Consiglio, ma non solo. Le bozze circolate finora prevedono anche un cambiamento della legge elettorale e una significativa riduzione dei poteri del presidente della Repubblica. Se - e quando - passerà, la riforma darà al nostro paese un nuovo sistema politico unico, non presente in altri stati.

 

 

L'iter parlamentare della riforma costituzionale

L'articolo della Costituzione che regola i passaggi per le riforme costituzionali è il 138. Dopo l'approvazione del testo, ogni legge di questo tipo deve passare per due letture da parte di entrambi i rami del Parlamento. Sia la Camera sia il Senato devono approvare la riforma con la maggioranza assoluta, cioè con almeno il 50 per cento più uno dei voti. Questo però non fa automaticamente entrare in vigore la riforma.

Per far sì che venga approvata bisogna infatti che il Parlamento – in entrambe le camere – approvi il testo con la maggioranza qualificata, cioè dei due terzi dei suoi componenti.

Se questo non accade, è possibile per almeno un quinto dei parlamentari richiedere un referendum per l'approvazione finale (chiamato referendum confermativo). Con ogni probabilità, quest'ultimo scenario sarà quello che si realizzerà con questa riforma. Il governo Meloni ha la maggioranza in Parlamento, ma non ha quella qualificata: tutte le opposizioni (tranne Italia Viva) hanno espresso contrarietà alla riforma.

I precedenti tentativi di riforma costituzionale

Qualora si tenesse, il prossimo sarebbe il quinto referendum costituzionale in Italia. Il primo, nel 2001, ha sancito le modifiche al titolo V della Costituzione. Nel 2006 il presidente Silvio Berlusconi ha presentato un referendum per l'introduzione di alcune riforme costituzionali molto simili a quanto si legge nel testo del governo Meloni. Tuttavia, non è stato accolto positivamente dai cittadini. Anche in quel caso, tra le altre misure, si introduceva il premierato. 

Nel 2016 è stato il turno del referendum presentato dal governo Renzi che mirava a superare il bicameralismo perfetto. Come per quello presentato dal Cav. dieci anni prima, anche quest'ultima riforma non ha visto la luce e il premier è stato costretto a dimettersi. L'ultimo in ordine di tempo è stato il referendum del 2020 che ha ridotto il numero dei parlamentari. Presentata la riforma costituzionale dal governo Conte I, è stata ratificato con la maggioranza qualificata dei due terzi solo alla Camera quando in carica c'era il governo Conte II. Per questo motivo, è stato necessario il referendum, nel quale ha vinto il sì.