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L'editoriale dell'Elefantino

Buttafuoco direttore. A Venezia un esteta che ha felicemente ecceduto nella scorrettezza

Giuliano Ferrara

La nuova direzione della Biennale è la scommessa di un’inclusione, non una vendetta. La proposta di un governo talvolta sorprendente

Pietrangelo Buttafuoco voleva dal potere la conduzione del segnale orario, come scriveva qui, sua vecchia casa. Gli hanno proposto di dirigere la Biennale di Venezia. Questo bel paese, o nazione, o patria, o gente di laguna, sa essere imprevedibile. E generoso. Il centro internazionale delle nostre culture se la vedrà per una volta con uno del “cattiverio”, altra ironica autodefinizione del nuovo veneziano. Che è un uomo di lettere di solida cultura umanistica e filosofica, scrittore lirico e politico dalla voce forte e riconosciuta, uno che la pensa cento volte diversamente da come la pensiamo in tanti, quasi tutti, uno che ha felicemente e beffardamente ecceduto nella scorrettezza e nella gioventù per lealtà verso le origini, cioè il mito del fascismo familiare e la scaturigine indoeuropea dell’anima occidentale, senza derogare in alcun caso alla legge della pluralità delle opinioni, delle tradizioni, dei sentimenti civili. Con lui ci si trova bene. Quando propone un musical su Berlusconi, scandaloso e musicale come si deve per la futura funzione. Quando scherza e riflette, due modi di essere consentaneo a sé stesso, di farsi heideggerianamente pastore del ridere. 

Buttafuoco ha una vita personale priva di servo encomio, cui è sconosciuto l’oltraggio, non parliamo di quello codardo. Da ragazzo, oltraggiato e escluso, si rifugiava letterariamente nella Fogna, modulava le parole secondo il timbro stesso de “La voce della fogna”. La Sicilia del suo primo notevolissimo romanzo è un’isola invasa da chi la libera nella guerra mondiale. L’America il mito pieno di incubi di un europeo integrale e integralista. Le donne di un ambiente affluente e convenzionalmente perbene furono da lui ritratte con il tocco settecentesco, a questo punto possiamo dire goldoniano, del cercatore di “madamine”. Il folle mondo del berlusconismo rutilante è stato da lui, che ha un carattere estroversamente romantico da pater familias, beatificato in un pamphlet di salutare irriverenza innamorata. Può non piacere, se ci si fissi sull’ortodossia delle convinzioni personali e sulla scala dei valori prevalenti, ma è uomo di mondo, sa muoversi, evolvere, esercita perfino la discrezione come beffa, e il mondo ristretto dell’editoria ha imparato a stimarlo come scrittore. 

Buttafuoco ha esperienza di giri manageriali, l’intelligenza lo precede in tutto e il suo è un attivismo mite, sornione, che gli permette di essere credibile come amministratore delle arti magne di un’istituzione antica e accettata. C’è da credere che riuscirà nell’impegno che un governo talvolta sorprendente gli propone in un ambiente da sempre felpato, in cui grandi e inauditi fatti, come la Biennale del dissenso di Carlo Ripa di Meana, tanti anni fa, esplosero come installazioni di sapienza militante, lungimirante e provocatoria. Buttafuoco è un esteta professionale, le arti, performative e no, sono il suo brodo di coltura, un riferimento al quale la sua sensibilità può dare almeno quanto ne riceverà. È la scommessa di un’inclusione, a rischio zero sotto il profilo della capacità di ascolto e di ordinata sovrintendenza al patrimonio consolidato delle idee più diverse e libere, non la vendetta su una egemonia culturale di sinistra.

Auguri.  

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.