Il caso

Il Pd e il rebus Anci: Schlein vuole Lepore (Bologna, la minoranza spinge per Lo Russo (Torino)

Simone Canettieri

L'associazione dei comuni è pronta a svoltare se Decaro si candiderà alle Europee: al Nazareno è già iniziata la resa dei conti. E spunta Manfredi (Napoli)

Roma. Sono la vera opposizione al governo Meloni, visto che in Parlamento le minoranze annaspano. A partire da quella dem.  Sono i sindaci del Pd, quelli delle grandi città: Bari, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Milano, Torino, Brescia, Bergamo, Verona, Udine. Bisogna continuare? Il loro tempio si chiama Anci, l’associazione dei comuni, un fortino da sempre (o quasi) ad appannaggio degli amministratori di sinistra. Quelli con la fascia tricolore, ultimo avamposto della resistenza alla destra che avanza. Soprattutto nelle regioni ormai dove il Pd inizia a essere una razza protetta, tipo i panda. E allora non ci salveranno le vecchie zie di Longanesi, ma i sindaci dem sì? Non proprio, perché nel Pd sono iniziate le grandi manovre per l’Anci. Ed è Torino contro Bologna. 


E dunque Stefano Lo Russo contro Matteo Lepore. Base Riformista (Guerini & Co.) contro la nuova maggioranza del Pd che fa capo alla segretaria Elly Schlein. In mezzo ci sarebbe anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, indipendente che non dispiace al M5s in quanto ministro dell’Università del Governo Conte II. Nel Pd non si parla d’altro in questi giorni. Anche perché l’Anci da anni, anzi almeno un decennio, è da sempre visto come una sorta di dépendance del Nazareno.  Gli ultimi presidenti, in quello che storicamente è il feudo di  Enzo Bianco, vanno da Graziano Delrio ad Antonio Decaro. E tutto ruota intorno a quest’ultimo, sindaco di Bari. Se dovesse candidarsi alle Europee, scalzando il governatore pugliese Michele Emiliano, partirebbe subito la rumba. Perché Decaro decadrebbe e così inizierebbe la guerra –  ma chiamiamola discussione – interna di successione. Ovviamente nel Pd è una questione non banale, perché alla fine l’Anci rimane una finestra sulla politica nazionale non di poco conto, i riservisti, il partito dei sindaci. 

La voce dei primi cittadini è da sempre molto ascoltata a tutti i livelli, su su fino al Quirinale. Schlein (nata e cresciuta a Lugano ma bolognese di studi, di adozione ed elezione)  e il suo tortello magico, grumo di potere che si sviluppa sulla Via Emilia, punta sugli amministratori locali. E l’uomo scelto è Lepore, uno dei pochi sindaci, forse l’unico sindaco delle città metropolitane, ad appoggiare l’attuale segretaria alle primarie. Se dovesse farcela il Pd sarebbe sempre di più un partito a trazione emiliano-romagnola. Visto che anche la segreteria nazionale del partito, così come la presidenza con Stefano Bonaccini, passa dalla Via Emilia.  Altro che “mai un Papa romano e un segretario emiliano”. Discorso diverso per Base riformista, la minoranza interna che invece ha deciso di puntare più di una fiches su Lo Russo, che non da oggi può dirsi vicino all’ex ministro della Difesa e attuale presidente del Copasir Lorenzo Guerini. Poi certo c’è Manfredi, l’ex rettore della Federico II molto gradito al M5s anche se i grillini ormai non governano più nemmeno un comune di peso. Si prevede dunque un risiko fatto di incastri: molto dipende da Decaro, già candidato renziano a Bari e poi alla guida dell’Anci. Se otterrà il via libera per Strasburgo le bocce inizieranno a muoversi subito. Altrimenti – teoricamente scade nel 2026 – occorrerà aspettare un altro anno ancora quando, senza scranno in Europa a favore di Emiliano, ripiegherà sulla regione. Ma è la prima ipotesi che sta elettrizzando di più il Pd alle prese con le candidature del prossimo anno che si intersecano con circa quattromila comuni chiamati al voto. Schlein vuole mettere radici nella scatola magica dell’Anci, potere vero con organi dirigenziali ben pagati e molto influenti.    La minoranza aspetta e cerca di capire le reazioni a catena che scaturiranno dalle candidature per le Europee. Chi sta curando il dossier per Schlein mette però tutto sul piatto, convinto che nonostante il governo e nonostante le regioni l’associazione dei comuni rimarrà una cosa del Pd. A chi l’Anci? A noi!

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.