Il caso

Meloni vuole il sì alla Manovra per i primi di dicembre: addio al cinepattone del Parlamento

Simone Canettieri

La premier ai capigruppo: "Serve un segnale istituzionale".  Lunedì il Cdm. L'esame partirà dal Senato. Corsa per trovare i fondi per la sanità. I mugugni di Schillaci e Crosetto

Ministro, paghiamo in contanti o con il bancomat?”. Dopo le lasagne e le polpette al sugo, e soprattutto dopo aver ascoltato le indicazioni di Giancarlo Giorgetti sulla manovra, i capigruppo della maggioranza convocati nell’appartamento di Giorgia Meloni hanno cercato di sdrammatizzare. “Non hanno bisogno del vino, tanto sono più seri di noi”, ha aggiunto la padrona di casa in compagnia dei suoi vicepremier, guardando appunto i presidenti dei quattro gruppi parlamentari di centrodestra. Da questo appuntamento, al netto di una coperta cortissima, è emersa un’indicazione interessante: Meloni vuole che tutto sia approvato prima dell’8 dicembre, festa dell’Immacolata.

  
Rischia così di scomparire il più classico dei cinepanettoni della politica italiana: Natale con la manovra. Le maratone notturne dei parlamentari, i trolley accatastati fuori dall’Aula alla vigilia, le chiamate disperate dei peones a casa (“tesoro non abbiamo finito ancora di votare, lasciami la cena in caldo”), la fiducia attesa come l’arrivo del Bambinello. Insomma un racconto del Palazzo – onorevoli e panettone – che potrebbe andare a farsi friggere. Prima dei carciofi, s’intende. Meloni lo ha chiamato “segnale istituzionale”. Vuole che tutto si chiuda tra la fine di novembre e i primi, appunto, di dicembre.

L'esame partirà dal Senato. Il pacchetto comprenderà un disegno di legge, un decreto legge, un decreto legislativo e undici collegati alla manovra che lunedì sarà varata dal Consiglio dei ministri, e senza il favore delle tenebre (appuntamento alle 9.30). Per fare presto, visto che si tratta di un’operazione abbastanza slim – 22 massimo 23 miliardi con coperture risicate – l’ordine di scuderia è stato quello di evitare emendamenti stile assalto alla diligenza. Altra pratica bipartisan di tutte le manovre, piccole mance da elargire nei territori. Tommaso Foti, che è il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, parlando ai suoi deputati ha fatto capire l’antifona all’esterno: “Questa volta niente bandierine, sarà inutile presentare emendamenti che tanto non avranno la copertura del ministero dell’Economia”. Giancarlo Giorgetti infatti è stato molto netto con la maggioranza: “Io posso arrivare fino a un certo punto, poi finirà subito lo spazio delle discussioni e sarà tempo perso”. Per Meloni, vista stranamente di buon umore, nel prevertice con i vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani, e con Maurizio Lupi ha citato molte volte la parola “serietà”. Lasciando intendere a tutti che questa sarà una manovra difficile da scalare per la propaganda elettorale dei singoli partiti, attesi dal test delle Europee il prossimo giugno. “Non bisogna scherzare con i numeri”, ha ripetuto la premier che ormai si sente circondata da due fronti: la guerra in Ucraina e quella in medio oriente. “Quando governa la destra accade sempre la fine del mondo”, è stata la battuta generale dei presenti. In queste 48 ore la Ragioneria dello stato cercherà di far quadrare i conti, a partire da quelli sulla sanità. Si parla di uno stanziamento che oscilla fra i 3 e i 5 miliardi: il ministro Orazio Schillaci ne chiede 4. Anche sulla Difesa potrebbe abbattersi la mannaia delle forbici del Mef, tanto che Guido Crosetto sembra vedere già la malaparata: “Prenderò atto di quello che avrà potuto fare Giorgetti, lui conosce i nostri bisogni”. Mugugni e speranze. D’altronde il titolare dell’Economia anche l’altra sera ha specificato che ci saranno tagli lineari per i ministeri che durante l’estate non hanno fatto i compiti a casa della spending review: si prevede una sforbiciata da due miliardi di euro. Coperta cortissima, metà della quale impegnata per confermare il taglio del cuneo fiscale, con piccoli spazi all’innalzamento delle pensioni minime anche per gli over 65 e per l’aumento dei contratti pubblici per chi lavora nel comparto della sanità e della sicurezza pubblica. La manovra sarà dunque leggera e rapida da approvare, nelle convinzioni e nelle costrizioni di Meloni. Che scongiura tutti i giorni una crisi energetica “altrimenti non basterà una finanziaria”. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.