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Così Francesco (sulla Russia) e Amato (su Ustica) si spingono  in zona Cossiga. C'è del metodo

Salvatore Merlo

Bergoglio elogia il grande e sanguinario Impero russo, mentre l'ex presidente della Consulta riscrive in chiave quasi criminale la storia della Nato. “Non ti stupire se d’ora in poi mi vedrai fare il matto”, faceva dire Shakespeare al principe di Danimarca

Un Papa vero e un Papa laico col berretto a sonagli della follia. Ha sempre bisogno di un teatro la pazzia, e spesso  –  la messa in scena –  coincide con la verità. Ed ecco che oggi, due figure certo assai distanti, eppure diversamente preminenti, Francesco  e Giuliano Amato,  un Papa vero e un Papa laico, appunto, entrano in zona Amleto o forse in zona Francesco Cossiga, fate voi. “Non ti stupire se d’ora in poi mi vedrai fare il matto”, fa dire Shakespeare al principe di Danimarca in quel dialogo nel quale finalmente si capisce che egli indossa la maschera  dello straparlante a briglia sciolta perché soltanto essa, la follia che era di Erasmo ma anche di Berlusconi, gli consente di dire tutto quello che pensa. Soltanto quella maschera  permette infatti ad Amleto (anzi a tutti gli Amleto) di  superare  gli ostacoli che nascondono la verità.

Sicché Papa  Francesco  elogia il grande e sanguinario  Impero russo di Pietro e Caterina, fondato sulla repressione e la conquista, e così facendo incorre  nella censura degli oppressi ma lascia forse intendere di star parlando in realtà di Putin,  mentre Amato  riscrive in chiave quasi criminale la storia della Nato accusando americani e francesi della strage di Ustica, e mentre incorre nella censura degli storici lascia però pensare che sta parlando della Francia e dell’America di oggi.  E’ vero o falso il fantasma che Amleto dice di vedere? Claudio ha veramente ucciso il fratello? La regina madre ha partecipato o no all’assassinio? E’ vero insomma, fuor di metafora, che il Papa elogia gli Zar sanguinari  perché Putin non gli è poi così antipatico? E Amato ritrova improvvisamente la memoria sui fatti di Ustica perché sta regolando dei conti addirittura con il Quirinale e chissà con chi altro?

Amleto, ha spiegato la critica letteraria, gioca con tutte queste ipotesi, se ne serve per condurre il suo piano, e alla fine è soltanto  il vecchio Polonio ad accorgersene: “C’è del metodo”. Benché il dubbio resti, in realtà  fino alla fine: ma non è che questo Amleto è  un po’ matto sul serio? Non è che straparla e basta? Chissà. Quelle del Papa sono parole sfuggite ad alta quota, ai diecimila metri del volo pontificio? E quelle di Amato  un inciampo, malgrado ieri le abbia ribadite per filo e per segno in una conferenza stampa?    Entrambi dicono che un po’  su alcuni dettagli si sono confusi, ma anche no, e alla fine entrambi, se non Amleto, forse ricordano il presidente Cossiga nel periodo di quelle che la stampa chiamava “esternazioni”, insomma quelle raffiche di accuse, rivelazioni e allusioni che lui invece definiva “picconate”, e che alla fine erano  il sistema col quale il presidente della Repubblica, lui che si paragonava all’Enrico IV di Pirandello, insomma a un altro mirabile mattocchio del teatro, diceva la verità: “Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto!”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.