Alberto Cirio e Matteo Salvini (Foto Ansa)

il dossier in cdm

Sul blocco delle auto Euro 5 Salvini lancia la nuova battaglia contro Bruxelles

Maria Carla Sicilia

In Piemonte la regione guidata dal centrodestra ha disposto una serie di limitazioni per le auto diesel: l'alternativa è una multa milionaria per una condanna della Corte di Strasburgo. Ora il leader della Lega cerca una via d'uscita contro "l'ideologia green" dell'Unione europea

Aveva promesso di portare il tema in Consiglio dei ministri ma alla fine Matteo Salvini s’è dovuto accontentare di  un “ci aggiorniamo”. Così ieri, nel primo incontro dopo la pausa estiva, il governo non ha approvato nessun provvedimento per scongiurare il blocco delle auto diesel Euro 5  in Piemonte, come invece ci si aspettava dalle parti di Torino dopo giorni di scoppiettanti dichiarazioni del ministro. Per ora l’unica novità è che i tecnici competenti sono al lavoro per studiare se c’è un modo per rinviare almeno la data, attualmente fissata al 15 settembre. La prima riunione si terrà oggi.  Ma la battaglia di Salvini contro il provvedimento approvato dallo stesso centrodestra che guida la regione Piemonte appare confusa. 

Le misure messe a punto dal presidente Alberto Cirio  prevedono un blocco delle auto diesel Euro 5 a Torino e in altri 76 comuni. Un rientro un po’ brusco dalle ferie, che  interessa 620 mila veicoli solo nella provincia del capoluogo piemontese. Il divieto di circolazione è legato ad alcune fasce orarie e ammette delle deroghe sul modello già sperimentato a Milano, con una sorta di scatola nera che si installa sul veicolo e registra un massimo di chilometri percorribili. Un blocco simile, infatti, è già in vigore da un anno nella città amministrata da Beppe Sala. Solo che all’epoca, per il leader della Lega la misura era una “scelta insensata della sinistra”. Oggi invece  è lo stesso governo regionale del Piemonte, governato da una giunta di centrodestra, a rendersi conto che non ci sono molte altre strade percorribili per evitare una multa milionaria e ammette di avere le mani legate.     
Limitare il traffico, infatti, risponde alla condanna inflitta nel 2020 all’Italia dalla Corte di Giustizia europea, secondo cui negli anni precedenti sono stati superati in maniera sistematica e continuata i limiti di polveri sottili (Pm10) imposti dalla direttiva europea sulla qualità dell’aria. Facile allora per Salvini cambiare nemico e addossare la colpa a Bruxelles, aprendo un nuovo fronte sulle politiche ambientali in piena campagna per le elezioni europee. Ma al netto di speculazioni elettorali, la sentenza della Corte resta.  Così il presidente  Cirio e il suo assessore leghista all’Ambiente Matteo Marnati  sono corsi ai ripari, spiegando che la richiesta dei giudici è di anticipare di due anni le misure che erano già state previste per il 2025. Insieme al blocco degli Euro 5 la regione ha previsto un piano di  rottamazioni e investimenti sul trasporto pubblico, ma   servono soldi, tanti, per evitare reazioni da gilet gialli e a Torino sperano in un aiuto da Roma. 

Non sono solo la Lombardia e il Piemonte a doversi occupare della sentenza, perché l’infrazione riguarda ventotto territori sparsi tra Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia. Quello su cui è più difficile intervenire è proprio la Pianura Padana, una delle zone più inquinate d’Europa nonostante le emissioni siano paragonabili a quelle di altre aree altrettanto sviluppate. Non c’entra tanto l’industria, per cui sono già in vigore limiti di emissioni stringenti, ma le caratteristiche orografiche e meteorologiche del territorio, hanno spiegato negli anni decine di esperti. Alpi e Appennini da un lato e il mare chiuso dell’Adriatico dall’altro creano un vero e proprio “tappo” che impedisce il ricambio d’aria, intrappolando gli inquinanti e rendendone difficile e lenta la dispersione. Riscaldamento e agricoltura fanno il resto, affiancandosi ai trasporti come fonti principali di particolato. Se il governo volesse davvero contestare i limiti fissati da Bruxelles al di là della propaganda dovrebbe partire proprio da qui. Ma potrebbe comunque non bastare per scongiurare la multa e annullare la sentenza della Corte.
 

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  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.