L'editoriale dell'elefantino

Dall'urgenza di impreziosire la scorrettezza, alla banalità becera in cima alle classifiche Amazon

Giuliano Ferrara

La nemesi da Ratzinger a Vannacci. Il tentativo di pensiero di una destra banalizzante si abbatte ora come una vendetta riparatrice sulle cose scorrette che dovevano riordinare il conformismo pol. corr. In che cosa abbiamo sbagliato?

Che Nemesi, da Ratzinger a Vannacci. Viene da domandarsi con triste franchezza: in che cosa abbiamo sbagliato? Le hanno chiamate “guerre culturali”. Erano un tentativo di mettere in discussione, con le sole armi dell’argomento e della conversazione impegnata, e magari con qualche predica ben fatta, in buon latino, la sfilza di ovvietà, di conformismi, di obnubilazioni dell’intelletto e della volontà che va sotto il nome di “politicamente corretto”. Cercavamo di bloccare alla fonte tutte le scemenze insicure e corrive che hanno poi portato a censurare Shakespeare. Se per salvare un sonetto o una commedia immortale bisogna allearsi con il Vaticano, pensavamo, sia fatta la volontà di Dio. Per Pascal il segreto della morale è semplice e scoperto: bisogna pensare e sforzarsi di pensare bene. Il suo progetto era di consacrare il pensiero libero e forte a Dio, a un Dio cristiano.

  

Progetto non libresco, esistenziale piuttosto. Non tanto dell’intelletto quanto della volontà, che parte dal primato dell’uomo che conosce la sua miseria, perché è una fragile canna di fiume che pensa, per arrivare a conversione, devozione, carità dunque amore. Forse intravedeva i casi nostri, facendo nelle “Pensées” l’elogio dell’honnête homme, superiore all’eloquente, al matematico, al predicatore (al generale). “Quando vedendo un uomo si pensa a un suo libro, è cattivo segno”. Ma quello era un secolo maggiore, a noi toccano decenni minori, chiacchiere e chimere senza smalto né leggenda.

 

Così è accaduto che la devozione laica a un modo di vivere che non si risolva nel divertimento più effimero, nella trasgressione ordinaria e saccente, nella noia senza confini, nella violenza contro bellezza e equilibrio mentale, nel pensiero armocromistico dell’arcobaleno, è trapassata in manuali semianalfabeti da cui si capisce, alti in classifica Amazon, come non si deve pensare, non si deve scrivere, non si deve scegliere. Il tentativo di pensiero di una destra banalizzante, che imbroda e pasticcia tutto quello che tocca, si abbatte ora come una vendetta riparatrice sulle cose scorrette che dovevano riordinare, disciplinare, impreziosire le coordinate troppo ovvie dell’esistenza sociale e individuale, sull’idea che anche il moderno abbia bisogno di contraddizione. Un brutto affare. Difficile districarsi. Perché alle irritanti facilonerie si oppongono dogmi farseschi, precetti insensati sulle “idee che non sono tutte eguali” ricavati dalla riserva di caccia delle presunte élite, che trattano la Costituzione come una sanzione da Corte marziale e cercano di metterla a guardia del loro safe space, della loro nozione misantropica e naturalistica di un senso comune che è solo ideologia.

   

Ora l’amore, la vita, il sesso, il matrimonio e tutto un mondo di volontà e carità che ruota intorno ai comportamenti umani essenziali sono in balìa di una guerra inculturale fatta di brutti titoli di giornale, di richiami elettorali parossistici e sconfortanti per primitivismo, di pregiudizi che nel passaggio perdono il senso nutriente della tradizione, di pregiudizi conservatori alla Burke, e assumono il sapore malato e asprigno del più vieto nazionalpopolare. Nemesi e ideologia senza tono e senza fascino macchiano una stagione di razionalismo cristiano, una laicità senza orgoglio luciferino, e ci mettono nelle mani di improvvisati risanatori e strambi censori. In qualcosa avremo dunque sbagliato, visto chi si presenta ora a renderne conto e ragione in una situazione così stravagante.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.