L'intervista

"Rai 3 era una tv per ztl. Giletti super. Sogno un programma con Michele Serra". Parla Angelo Mellone

Carmelo Caruso

"La mia televisione con le zucchine fa ascolti, è di tutti. Tele Meloni non esiste. Adesso è una Rai campo largo. Ho scelto la destra perchè mi piaceva stare dove si era meno". A tu per tu con Mellone, direttore Rai del day time e dirigente preferito da Meloni

In Rai, di Angelo, c’è stato Guglielmi, lo scrittore, il direttore “rosso” di Rai 3, e ora c’è lui, Mellone, il dandy, il direttore del day time, il drammaturgo, il cantante, il pensatore caro a Giorgia Meloni. Mellone, che farà? Sterminerà, come l’angelo, quel poco che resta (ancora) della sinistra, o annuncerà il nuovo verbo della destra? “E se fossi  un arcangelo? Il mio secondo nome è Felice, come mio nonno, e in elfico, Mellon, è “colui che apre le porte”. Dicono invece che sia stato scelto per cambiare la narrazione Rai, grazie a tutte le sue trasmissioni sui borghi, con pecore e montoni. Vuole una Rai modello Strapaese? “Strapaese era un movimento eccelso con Longanesi, Maccari e Malaparte”. Dunque è vero che la Rai di Meloni è  Tele Tolkien? Dove sono gli elfi? “Ne ho solo uno tatuato sul braccio. Questa Rai non è Tele Tolkien. In televisione io teorizzo il campo largo. Sono per il mischione. Rai 3, Tele Kabul,  era un tv per ztl”.


Mellone, il romanziere, l’intellettuale. Scrive, canta. Mellone, il tempo per la Rai dove lo trova. Lo trova? “Lavoro sei giorni su sette, mi alzo prima delle sei di mattina e dormo poco”. Siamo al quarto piano di Viale Mazzini, dentro il palazzone a vetri, e veniamo invitati a entrare nella sua stanza. Ci troviamo di fronte un cartonato a grandezza naturale di Mimmo Modugno, con il basco della Folgore, e sul tavolo il libro dello psicanalista James Hillman, Il codice dell’anima. Sulle mensole, tra gli altri, i testi  di Mellone, il suo Fino alla Fine. Romanzo di una catastrofe edito da Mondadori. Anche la sua vita è stata una catastrofe? “Sono rimasto orfano a tredici anni. Sono mezzo tarantino, mezzo genovese e figlio di siderurgici. Mio padre è stato matricola numero 16 dell’Italsider. E’ morto di tumore. Mi porto dietro Taranto, città di migranti, il suo sapore. Quando sento parlare di italiani razzisti sorrido. Siamo la nazione che ha come paese Africo”. E allora, perché, a destra, straparlate di identità e sovranità? “Di identità ne scrive, da anni, Ernesto Galli della Loggia e di sovranità, Carlo Galli, politologo di sinistra. City Life, gli aeroporti, tutti uguali, sono esempi di omologazione. Li puoi trovare dappertutto. Si può avere un’identità nella complessità. Si può essere tanti, senza essere omologati”.

 

Da ragazzo ha scelto la destra. Perché? “Perché a destra erano meno. Mi piaceva stare dove erano meno”. Suo padre? “Un conservatore”. Suo nonno? “Un repubblicano”. A casa quale quotidiano si leggeva? “Il Giornale di Montanelli e altri quattro”. Prima della Rai? “Mi sono laureato in scienze politiche, avuto come maestro Giano Accame. Sono stato ricercatore di ruolo e ho lavorato alla Luiss, chiamato dal filosofo Dario Antiseri. Ricordo ancora le sue parole: ‘Sappiamo come la pensi, ma qui, con noi, puoi pensarla come vuoi. Siamo liberali’. Ho insegnato anche Storia del giornalismo, sempre alla Luiss, chiamato da Pierluigi Celli, ex dg Rai in quota sinistra, e da Rocco Cotroneo. Arrivato il democratico Gianni Riotta sono stato messo alla porta, senza una telefonata. Ho scritto. E tanto. Italia Settimanale,  Secolo d’Italia, Messaggero, Giornale, Libero, Foglio, e pure sul Riformista di Antonio Polito”. Al Riformista in quota destra? “Alcuni mi hanno accusato di essere renziano”. Era vero? “L’unica promozione, in tredici anni di Rai, prima di questa, l’ho ottenuta durante il governo Renzi. Non l’ho cercata. Mi sento semplicemente un dirigente della Rai, uno che vuole portare in televisione il racconto, il romanzo, quel codice, uno che non si lascia irretire. Nella mia vita ho ricevuto minacce, anche pesanti”. Per cosa? “Nel 2012 ho preso le difese dell’Ilva, malgrado avessi perso mio padre che di acciaio si ammalò. A Taranto, gli ambientalisti protestarono contro il mio spettacolo teatrale AcciaioMare. Nessuno voleva farmi esibire. Alla fine venne ospitato da una sala parrocchiale”. Mente chi dice che è il dirigente Rai preferito dalla Meloni? “Conosco Giorgia da quando eravamo ragazzi. Penso che sia la migliore premier possibile. Ma non parlo con lei di politica”. Era lei il ghost writer di Gianfranco Fini? “In realtà non ho mai scritto una riga per Fini mentre sono stato il direttore editoriale della rivista Fare Futuro. L’idea era di allargare i confini”. E, però, in Rai, li avete ristretti. Via Fazio, Annunziata, Berlinguer. I calcinacci di Tele Kabul dove li tenete? “Tele Kabul non esisteva da tempo. Esisteva l’idea, da parte della sinistra, che la Rai fosse una proprietà privata”. Mellone, che indossa delle bretelle blu, e una camicia di lino, a un certo punto si alza in piedi e dice: “Questa mia stanza (con le dita ne traccia il perimetro) è mia in quanto dirigente Rai, ma solo per il momento. Non sogno una Rai di destra, ma plurale. Le confido due segreti. Ho sempre desiderato fare un programma con Michele Serra, io e  lui in auto, in giro per l’Italia”. L’altro? “Essere invitato da Fazio”. Non ce l’ha mai fatta? “Mai. Malgrado abbia scritto più di venti libri …”. E’ felice che Fazio abbia lasciato la Rai? “Non lo sono. Fazio ha scritto la storia di questa televisione. Con Lucia ho avuto il privilegio di passeggiarci, a Oxford, insieme. Fazio aveva una trattativa in corso da mesi. Annunziata, da quello che leggo, ha forse intenzione di fare altro. Berlinguer ha accettato una proposta economica importante”. Ma non li avete trattenuti. E l’inclusività? “Erano in palinsesto. Per esserci una censura, un’epurazione, ci deve essere un episodio”.

 

In Rai passa per il direttore di programmi come Linea blu, Linea verde. Esiste la  Linea Mellone? “Quei programmi fanno ascolti record e raccontano l’Italia, la piccola, quella di tutti. Dicono anche Mellone, il direttore delle melanzane e delle zucchine. E mi fanno un complimento. Parlare di spopolamento, di cibo sintetico, è di destra? Io credo di no”. Quale sarebbe la sua nuova Rai del day time? “Portiamo in video poeti come Franco Arminio su Rai 1, su Rai 3, in prima serata, ci sarà Il Provinciale, con Federico Quaranta. E ancora, Camper, Camper in viaggio. Avremo i giochi di piazza, e poi programmi di archeologia.  Inventeremo format per poi diventare aggressivi sul mercato culturale. Lo faremo prima con i contenuti e poi con i volti”. Gli ascolti? “Li stiamo già facendo”. Di Filippo Facci cosa ne pensa? “Resta per me un giornalista eccezionale che a volte va troppo sopra le righe”. Massimo Giletti? “Un fuoriclasse”. In Rai le piacerebbe? “Si, come mi piacerebbe avere  Crozza”. Mellone si crede Mario Soldati? “Un Mario Soldati, ma vestito un po’ meglio”.

 

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio