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l'intervista

Kelany (FdI): "La Bossi-Fini non è un totem. Rivederla si può"

Luca Roberto

"La legge ha più di vent'anni, una revisione va bene. Ma ogni intervento sarà ben ponderato", dice la deputata di Fratelli d'Italia rispondendo a Tajani. Mentre sul Memorandum con la Libia accusa Schlein: "Gli accordi vanno bene solo quando li fa il Pd?"

"La Bossi - Fini non è un totem, è una legge che ha ormai vent’anni, dunque una revisione non è fuori dalle ipotesi". La deputata di Fratelli d'Italia Sara Kelany risponde così alle parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che oggi al Foglio aveva paventato proprio la modifica della legge mutuata dalla Turco-Napolitano con cui nel 2002 è stato istituito in Italia il reato di immigrazione clandestina. "La domanda è un’altra: perché in questi vent’anni le numerose maggioranze di sinistra non l’hanno modificata se la ritengono tanto inadeguata? Ecco io penso che così inadeguata non sia stata", aggiunge l'esponente meloniana, responsabile per il partito della premier del dossier diritti e molto attiva sul tema immigrazione. A ogni modo Kelany subito specifica come ogni modifica a una legge che rimane uno "strumento utilissimo", non sarà affatto affrettata, bensì "ben ponderata".

 

All'indomani della missione a Tunisi, come giudica il memorandum d'intesa sottoscritto dall'Ue e dal presidente tunisino Saied? "È un grande successo portato avanti dal nostro presidente del Consiglio. Dal suo insediamento a oggi Meloni ha fatto passi da gigante in Europa: dapprima ha fatto mettere al centro dell’agenda europea la tematica migratoria, poi ha intrapreso una serie di relazioni bilaterali con i suoi omologhi dei paesi del Mediterraneo, fino ad arrivare a intercedere con la Tunisia affinché si concludesse questo fondamentale accordo con l’Ue. Oggi non siamo più soli nell’affrontare questo tema e la dimensione esterna è diventato tema comune".

E però la segretaria del Pd Elly Schlein si è già detta contraria perché con questo accordo si “esternalizza la gestione delle frontiera”. Come risponde? "La Schlein dovrebbe dirci se oggi si riscopre anti europeista. Le ricordiamo che l’accordo non riguarda solo l’Italia, ma è un impegno a cui si è avvinta l’Europa. La protezione delle frontiere esterne deve necessariamente passare per accordi con i paesi di provenienza", dice Kelany. "Sempre per rinfrescarle la memoria, poi, questo tentativo era stato fatto anche dal ministro Lamorgese nel 2020, quando impegnó 11 milioni di euro con la Tunisia proprio per fermare l’immigrazione clandestina assieme a Di Maio. Tuttavia, quel governo non riuscì a sottoscrivere un accordo strutturale. Stesso discorso vale per Minniti, che stipulò il noto memorandum Italia-Libia. Noi oggi coinvolgiamo l’Europa, loro non riuscirono. Cos’è, se il Pd tratta con Libia e Tunisia va bene e se lo fa un governo di destra no?".

A proposito di stretta attualità, in queste settimane abbiamo assistito a un forte incremento del numero di sbarchi. Le amministrazioni locali non rischiano di essere lasciate sole a gestire flussi così impegnativi? "Innanzitutto è da chiarire che il numero di sbarchi elevato è determinato da una serie di concause eccezionali e indipendenti dall’Italia: guerra in Ucraina, instabilità della Tunisia e nel Sahel. Ciò detto il governo ha già fatto molto, ad esempio con il decreto ong ha alleggerito i porti più congestionati, spalmando su più approdi gli arrivi. Inoltre la dichiarazione dello stato di emergenza con la nomina del commissario sta consentendo di affrontare le criticità in maniera più tempestiva. Ricordo poi l’aver destinato fondi per i trasferimenti da Lampedusa, l’affidamento dell’hotspot a Croce rossa e l’installazione di una postazione 118 sull’isola: sono anni che la chiedono, la sinistra non era riuscita a fare neanche questo. Questo governo ha fatto sul tema in pochi mesi quanto nessuno mai negli ultimi 10 anni".

Eppure in Veneto il governatore Luca Zaia, che è un vostro alleato, ha proposto un accordo con le prefetture per l'accoglienza diffusa. È d'accordo con quel modello? "Occorre attivare tutti i sistemi e i mezzi necessari per affrontare l’emergenza e i cittadini non devono subire le disfunzioni di un’immigrazione incontrollata, così come le condizioni per l’accoglienza devono essere adeguate. Ogni soluzione deve essere concertata con il governo, con il massimo coinvolgimento degli enti locali", dice ancora Kelany.

Restando al nord, nella maggioranza siete così sicuri che i numeri del decreto flussi siano sufficienti per la richieste delle imprese soprattutto del settore manifatturiero? "Abbiamo aumentato di molto i flussi, all’inizio dell’anno abbiamo previsto l’ingresso per oltre 80.000 persone, con l’ultimo decreto flussi per oltre 450.000. Ricordo che con la sinistra questi numeri erano rimasti sostanzialmente al palo, non avevano fatto nulla per sbloccarli. Questo perché il governo fissa un principio basilare 'in Italia si entra solo legalmente'. Ciò detto, la concertazione con le categorie produttive è un altro caposaldo dei nuovi decreti flussi, che ricordo essere stati modificati nel senso di prevedere una decretazione triennale e non più una mera 'programmazione' che veniva costantemente smentita, come prima. Ebbene se servirà maggiore manodopera questo emergerà dalle indicazioni delle categorie e si sopperirà".