Letizia Moratti (Ansa)

L'intervista

Letizia Moratti illustra il metodo seguito per portare Expo a Milano. “Serve una cabina di regia”

Marianna Rizzini

L'ex sindaco di Milano racconta il percorso che ha portato all'assegnazione nel 2015, attraverso contatti, diplomazia, studio, proposte e viaggi in prima persona: "Circa ottanta viaggi in sessanta paesi"

Come si conquista l’Expo? Se lo chiede l’Italia e se lo chiede Roma, la città che a fine giugno ha presentato la propria candidatura ai delegati del Bie, nei giardini dell’ambasciata italiana a Parigi. C’è un precedente: Milano 2015. Come ha fatto Letizia Moratti, ex ministro ed ex sindaco del capoluogo lombardo, a fare sì che la sua città vincesse la sfida? Lo racconta lei stessa.

“Imprescindibile”, dice Moratti al Foglio, “è la preparazione di dossier che coprano i diversi ambiti di possibile interesse per i paesi del Bie, dossier che riflettano il tema generale scelto, attrattivo nel particolare momento storico e al tempo stesso caratteristico del paese che lo propone. Secondo punto: la localizzazione. Poi però l’Expo si conquista attraverso un intenso lavoro diplomatico, organizzativo, di studio”. Ai tempi dell’Expo 2015, Moratti aveva tra i “suggeritori” illustri Sir Coe, già leader del comitato organizzativo per le Olimpiadi 2012, colui che ha fatto in modo che Londra prevalesse su Parigi. Il piano di azione per Milano prevedeva numerose visite in prima persona a quanti più paesi possibili, racconta Moratti: “Io personalmente ho fatto circa ottanta viaggi in sessanta paesi, a mie spese, e a volte visitando tre paesi in un giorno. Lo scopo di questi viaggi non era quello di chiedere il voto, bensì quello di proporre progetti di collaborazione, cercando di capire quale progetto potesse suscitare l’interesse del paese di volta in volta visitato. Faccio un esempio: alle isole del Pacifico abbiamo proposto uno studio sul contrasto all’innalzamento del livello del mare, ad alcuni paesi dell’Africa un piano per l’empowerment femminile, in Niger sulla filiera del latte”.

 

Per fare questo, dice Moratti, “è indispensabile costituire una cabina di regia presso Palazzo Chigi”, cabina di regia non presente in questo momento. “Con la cabina di regia diventa molto più agile il lavoro di comprensione dell’interesse specifico dei vari paesi, all’interno di una visione comune. E la stessa cabina avrebbe il potere diretto di interloquire con i diversi ministeri, a seconda delle segnalazioni delle ambasciate, semplificando tutto il percorso”. Ai tempi di Moratti (governo Prodi II), oltre a Moratti stessa, presidente del comitato promotore, ci si riuniva a Palazzo Chigi con l’allora sottosegretario Enrico Letta, con il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, con il ministro per il Commercio internazionale e le Politiche europee Emma Bonino e con il sottosegretario con delega all’Expo Bobo Craxi. Altro punto fondamentale del metodo Moratti per Milano 2015, dice l’ex sindaco, “la determinazione nel voler combattere fino all’ultimo”, per assicurarsi che i delegati effettivamente votassero per Milano. Fino all’ultimo in senso letterale: cioè fino all’ultima mattina utile, dopo un mese trascorso a Parigi, con contatti continui con ambasciate e vertici Cio e Fifa. Per non dire delle ore della vigilia, spese in una maratona di bilaterali per “imbullonare i voti”, dice Moratti: per la precisione dieci bilaterali a testa, tenuti rispettivamente da Moratti, D’Alema, Formigoni e Bonino, coadiuvati dai vertici Eni, Enel, Confindustria e Protezione Civile.

“L’Expo si vince con il gioco di squadra”, dice Moratti, convinta che, lungo la strada delle trattative, l’Italia possa facilitare anche il futuro sviluppo di un “piano Mattei” (“la constituency africana è stata per noi fondamentale, con più di trenta voti”) e anche senza le risorse finanziarie della “concorrente” Riad, in Arabia Saudita (“l’Expo a Roma farebbe tornare l’Europa protagonista”). Magari con l’ausilio di comitati di esperti e scienziati e di testimonial di peso. “Noi avevamo come testimonial, tra gli altri, il premio Nobel per la Pace Al Gore e il presidente di Planet Finance Jacques Attali”, dice Moratti. Che tifa per Roma: “Ha tutte le carte per farcela”. Il tempo corre, e ora è anche, se non solo, questione di tempo. 

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.