Acchiappa Giuseppi

Mozioni di sfiducia e colpi di teatro. Conte si prende la scena e Schlein lo rincorre

Gianluca De Rosa

Abbraccia Speranza davanti a tutto il gruppo del Pd e poi porta i suoi fuori dall'aula, mentre su Santanchè la segretaria è costretta controvoglia ad inseguirlo

“Mamma mia che fatica”, si deve essere detta Elly Schlein. La segretaria dem che ieri si è ritrovata un’altra volta con il palcoscenico delle opposizioni soffiato da Giuseppe Conte, incline in questi giorni ai colpi di teatro. Costretta a rincorrere a orario tg con una nota a effetto: “Delmastro e Santanchè vicende inquietanti, Meloni esca dal silenzio”. In realtà, per la giornata   aveva preparato  l’evento “Produzione intelligente”, una non proprio scoppiettante conferenza stampa con  proposte  del Pd sull’industria (unica notizia la prima uscita pubblica della responsabile Ambiente dem Annalisa Corrado: “La transizione ecologica è un modo per ridurre le diseguaglianze”). Ma in mattinata a Montecitorio il capo grillino si era conquistato la scena con lo stile del capopolo. Un lungo intervento contro la maggioranza durante il voto per l’istituzione della commissione d’inchiesta sull’emergenza Covid (approvata  da Montecitorio adesso la palla passerà al Senato). “Io vi accuso davanti al popolo italiano perché questa commissione è una farsa, uno schiaffo agli italiani e un atto di vigliaccheria politica. Avete dalla vostra solo la forza dei numeri, ma nessuna autorevolezza. Questa commissione ve la fate da soli, noi usciamo dall’Aula”, tuonava dai banchi grillini circondato dai suoi tutti in piedi intenti a spellarsi le mani. Poi, prima dell’uscita dall’Aula di tutto il gruppo per non partecipare al voto, è salito tra gli scranni del Pd, ha scansato un’imbarazzata Schlein che gli si era messa accanto e ha stretto in un abbraccio fraterno l’altro grande accusato di giornata, Roberto Speranza, il suo ex ministro che ha appena finito di attaccare la maggioranza che  vuole istituire “un tribunale politico”. Ma almeno sulla scenografica uscita dall’Aula il Pd non segue Conte. I deputati del Pd non partecipano al voto ma rimangono ognuno seduto al proprio posto.

Sono due giorni che Conte se li porta a spasso come vuole”, sghignazza un deputato di maggioranza nelle veci di divertito osservatore. Il riferimento esplicito è a quando due giorni fa al Senato, durante l’informativa della ministra del Turismo Daniela Santanchè, l’avvocato di Volturara Appula è riuscito in un secondo a far precipitare tutta la faticosa speculazione strategica di un Pd a guida confusa. Dopo la versione della ministra in Aula, i senatori del Pd si erano riuniti per scegliere come agire. Chiedere le dimissioni? Presentare addirittura una mozione di sfiducia? O andare avanti incuneandosi tra le contraddizioni e le omissioni fatte dalla ministra durante la ricostruzione dei fatti? Dopo lunghe riflessioni si era giunti alla conclusione che l’ultima soluzione fosse quella più intelligente, più efficace. Agli altri senatori Graziano Delrio aveva spiegato: “Non permettiamogli di chiuderla subito così, facciamoci portare da ogni ministro degli atti scritti, pressiamoli”. Da qui le interrogazioni  per i ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dello Sviluppo economico Adolfo Urso, e del Lavoro Marina Calderone, chiamati a chiarire alcuni dettagli della vicenda. Pungoli per  mettere, tramite Santachè, in ambasce l’intero governo. Uno stillicidio. Un accerchiamento, per fiaccare l’esecutivo e tentare lo scacco matto. Altro che mozioni di sfiducia destinate alla bocciatura. Già si gongolava. Ma tutto è precipitato in un secondo. Prima il colpo di teatro con tredici lavoratori della KiGroup, una delle aziende finite al centro delle inchieste di “Report” e Domani, ad assistere dalla tribuna alla seduta. Poi l’annuncio della mozione di sfiducia individuale alla ministra, quindi la conferenza stampa dei lavoratori con Conte. Un filotto devastante. A Delrio, quando Patuanelli annuncia la mozione di sfiducia, cambia l’espressione facciale. E adesso?

Il capogruppo Francesco Boccia, lo “stratega” parlamentare della segretaria Schlein, che è stato avvertito all’ultimo della mozione grillina sbotta: “Così si fa un favore alla maggioranza”. Ma poche ore dopo Schlein è costretta a smentirlo seguendo quella stessa linea che i suoi parlamentari considerano demenziale. Una strambata: “La sfiducia, la votiamo? Ma certo che la votiamo!”. Per tenere però come sempre tutto insieme – complessità e comunicazione, follower e compagni di partito, ambientalismo radicale e termovalorizzatori, sostegno all’Ucraina e ricerca della pace – la segretaria prova a sottolineare che il Pd chiede anche agli altri ministri di venire a riferire in Aula “a chiarire i contorni di questa vicenda”. Ma è troppo tardi, a guidare le opposizioni, almeno in Parlamento, il leader della sinistra sembra essere un altro.

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